Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2035 del 27/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 27/01/2017, (ud. 04/10/2016, dep.27/01/2017),  n. 2035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16207-2012 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 259,

presso lo studio dell’avvocato ELENA MARIA GIUFFRE’, rappresentato e

difeso dall’avvocato SEBASTIANO MAGNANO GAUDIOSO giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALESSANDRA ONOFRI,

FRANCESCO ONOFRI giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 1291/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 25/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. SCRIMA ANTONIETTA;

udito l’Avvocato ANTONIO FONTANELLI per delega;

udito l’Avvocato GIOVANNA SANTIROCCHI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 2003 C.T., premesso di essere proprietario di un fondo agricolo sito in (OMISSIS) e confinante con il fondo venduto da S.F. ad R.A. in data 30 maggio 2000 e condotto in affitto da A. e Ra.Fe., i quali con atto del (OMISSIS) avevano rinunziato al diritto di prelazione, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Brescia, la R. per ottenere il riscatto del detto fondo, che assumeva essere stato venduto in violazione del suo diritto di prelazione.

La convenuta si costituiva eccependo l’insussistenza del diritto vantato dall’attore, essendo il fondo affittato a coltivatori diretti.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 2889/2006, ritenuto non sussistente, ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7, il diritto di prelazione in capo al coltivatore diretto proprietario di terreno confinante con quello offerto in vendita in caso di insediamento su tale fondo di un coltivatore diretto, rilevato che l’attore aveva contestato tardivamente la natura di affitto di fondo rustico del contratto stipulato con i Ra., ritenuto che era stata provata la qualità di coltivatori diretti di questi ultimi e che la rinuncia alla prelazione non comportava la rinunzia alla conduzione del fondo, rigettava la domanda con condanna dell’attore alle spese di lite.

Avverso tale decisione C.T. proponeva gravame, cui resisteva R.A..

La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata il 25 novembre 2011, rigettava l’impugnazione proposta e condannava l’appellante alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito il C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

Ha resistito con controricorso la R..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, lamentando “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, L. n. 817 del 1971, art. 7 e L. n. 590 del 1965, art. 8; in particolare in riferimento alla stabilità dell’insediamento; in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver la Corte di merito considerato che “la potenziale continuità temporale dell’insediamento dell’affittuario coltivatore diretto sul fondo venduto è il reale elemento paralizzante del diritto di prelazione del proprietario coltivatore diretto del fondo confinante, che viene sacrificato solo quando sul fondo venduto è radicata con proiezione nel futuro una autonoma impresa agricola”. Sostiene il C. che, nel caso di specie, “la rinuncia alla proroga della durata – o l’accordo per la cessazione – del contratto”, sia pure per una data posteriore a quella di trasferimento della proprietà del fondo, formalizzata dai Re. con il proprietario del fondo offerto in vendita alla clausola n. 2 del contratto prodotto, avrebbe determinato “il venir meno di un valido insediamento idoneo a paralizzare la pretesa del confinante”.

1.1. Il motivo è inammissibile, sia ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, facendo con lo stesso il ricorrente espresso riferimento alla “clausola n. 2 del contratto prodotto da controparte”, non meglio precisato, senza riportare il tenore letterale di tale clausola e senza ivi specificamente indicare quando il richiamato contratto sia stato prodotto nelle fasi di merito e dove lo stesso sia reperibile in questa sede (Cass., sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28547; Cass., sez. un., ord., 25 marzo 2010, n. 7161), e sia perchè il motivo all’esame sottende accertamenti in fatto rimessi al giudice del merito, evidenziandosi che, nella specie, la Corte di merito ha espressamente confermato “il giudizio del Tribunale sull’accertamento della circostanza dell’insediamento sul fondo oggetto della domanda di riscatto, all’epoca della compravendita, di un coltivatore diretto, in forza di un rapporto stabile e duraturo in quanto destinato a terminare cinque anni dopo”.

2. Con il secondo motivo, deducendo “omessa, insufficiente, inadeguata e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, in particolare in riferimento alla effettività dell’insediamento” (art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente lamenta che la Corte di merito, con la sentenza impugnata, abbia “fatto discendere la effettività dell’insediamento dalla formale stipula del contratto di affitto”.

2.1. Il motivo va disatteso.

Ed invero la Corte di merito ha accertato la sussistenza dell’insediamento di un coltivatore, in forza di un rapporto stabile e duraturo, fornendo al riguardo una motivazione congrua ed immune da vizi logici. Peraltro si evidenzia che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, in tema di prelazione agraria, la verifica della presenza, sul fondo oggetto del trasferimento, dell’insediamento di un coltivatore diretto che sia stabile, non precario e legittimo (ovvero assistito da un titolo giustificativo) – presenza che costituisce condizione impeditiva per la configurabilità del diritto del proprietario coltivatore diretto del fondo confinante – è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e che, come pure evidenziato dalla Corte di merito, l’onere di dimostrare l’inesistenza di tale requisito incombe su colui che agisce per far valere il diritto di prelazione e riscatto (Cass. 19/11/2007, n. 23929; Cass. 30/05/2008, n. 14475; Cass. 23/06/2015, n. 12900), onere non assolto dall’appellante.

3. Con il terzo motivo si lamenta “omessa, insufficiente, inadeguata e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, in particolare in riferimento alla causa del contratto di affitto di fondo rustico ex art. 1344 c.c., 1418 c.c. e 1421 c.c.” (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il C. si duole che la Corte di merito abbia omesso di considerare l’elemento indiziario rappresentato dal fatto dell’avvenuta registrazione del contratto di affitto solo dopo la morte dell’anziano concedente e in data pressochè coeva alla vendita, il che sarebbe indice dell’esistenza di un insediamento precario e non effettivo, predisposto ed attuato al solo fine di escludere l’altrui diritto di prelazione, con conseguente nullità dei contratti, funzionalmente collegati di affitto e vendita, per illiceità della causa e/o per abuso del diritto.

3.1. Il motivo è inammissibile, sottendendo lo stesso sostanzialmente questioni di fatto del tutto nuove, inammissibili in questa sede.

4. Con il quarto motivo si deduce “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, L. n. 817 del 1971, art. 7, art. 1339 c.c., circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, in particolare in riferimento agli elementi di qualificazione del contratto” (art. 360 c.p.c., n. 3).

Sostiene il ricorrente che la sussistenza dell’insediamento di affittuari coltivatori diretti sul fondo offerto in vendita sarebbe stata “ricondotta dalla Corte d’appello ad una scrittura privata ritenuta stipulata in deroga alla L. n. 203 del 1982 a mezzo di accordo stipulato con l’assistenza dei rappresentanti della categoria… e qualificata contratto di affitto in quanto prevedeva un canone di Lire 180.000 per piò bresciano, benchè tale documento fosse privo della previsione dell’obbligo alla corresponsione e dell’indicazione del reddito dominicale del fondo e fosse privo della firma del rappresentante di categoria che avrebbe partecipato all’accordo e privo persino della menzione della sua partecipazione all’atto, oltre che afferente ad altri fondi”. Ad avviso del ricorrente, tale contratto proverebbe il “solo intervenuto consenso tra le parti sulla circostanza che una di esse avesse ricevuto il godimento di un fondo non individuato di cui l’altra avesse avuto la disponibilità, senza l’impegno della prima alla corresponsione dì alcun canone e perciò avente il contenuto di un contratto di comodato”.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Con il mezzo all’esame, non viene compiutamente colta la ratio decidendì, avendo la Corte di merito fondato il suo convincimento circa l’esistenza di un insediamento di affittuari coltivatori diretti sul fondo offerto in vendita non soltanto sulla base di “una scrittura privata ritenuta stipulata in deroga alla L. n. 203 del 1982”, come sostenuto dal ricorrente nel motivo all’esame, ma sulla base anche di altri elementi documentali offerti dall’appellata, di cui detta Corte ha dato compiutamente conto nella congrua motivazione, e in difetto di prova, il cui onere incombeva al C., che, al momento della compravendita, sul fondo non era insediato un affittuario o che tale insediamento non era destinato a durare nel tempo. La Corte di merito ha accertato pure che il contratto di affitto prevedeva un canone di Lire 180.000 per piò bresciano e aveva scadenza al 10 novembre 2005.

Inoltre, con il mezzo all’esame, si prospettano pure in parte questioni nuove, non deducendo nè dimostrando il ricorrente che esse siano state proposte nei gradi di merito (mancanza di firma del rappresentante di categoria e mancata menzione della partecipazione dello stesso alla stesura della convenzione L. n. 203 dl 1982, ex art. 45) ed in parte questioni già motivatamente esaminate dalla Corte di merito (qualificazione del rapporto tra i Re. e la parte proprietaria del fondo quale comodato e non affitto).

5. Con il quinto motivo si lamenta “omessa, insufficiente, inadeguata e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, in particolare in riferimento al pagamento del canone di affitto” (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che la scrittura privata prodotta dalla R. fosse da qualificarsi come contratto di affitto, perchè così intitolata e perchè prevedeva un canone di Lire 180.000 per piò bresciano, circostanza che, ad avviso del C., sarebbe “del tutto inventata”, non essendo stato previsto l’ammontare del canone, neppure essendo stato indicato il reddito dominicale e neppure essendo stata pattuita l’obbligatorietà della corresponsione del canone, corresponsione peraltro non provata.

5.1. Il motivo è inammissibile, riproponendo lo stesso parte delle censure già disattese e proposte con il quarto motivo e sottendendo, comunque, il mezzo all’esame questioni di fatto rimesse al giudice del merito.

6. Con il sesto motivo ci si duole di “omessa, insufficiente, inadeguata e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia, con riferimento al fatto che i conduttori non fossero dediti abitualmente alla coltivazione diretta” (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il C. sostiene l’inadeguatezza della motivazione della Corte di merito in relazione all’accertamento dell’attività di coltivazione diretta svolta su fondo di cui si discute in causa e l’insufficienza della mera produzione documentale a provare tale effettiva attività.

6.1. Il motivo è inammissibile in quanto pone sostanzialmente questioni di fatto, evidenziandosi che spetta comunque al giudice del merito la valutazione degli elementi probatori acquisiti e che, in relazione alla ritenuta sussistenza della qualità di coltivatori diretti in capo ai Ra., la Corte di merito ha indicato in modo congruo e logico le ragioni del proprio convincimento.

7. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

8. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

9. Essendo stato il ricorso notificato nel 2012, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 18/02/2014, n. 3774; Cass. 26/02 2015, n,3953; Cass. 10/07/2015, n. 14515).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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