Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2371 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12097/2015 proposto da:

F.L., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MICHELE MARRA, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona dell’Amministratore Delegato e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE

LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7645/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata l’8/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 1° dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza dell’8 novembre 2014, confermava la decisione del primo giudice che aveva rigettato la domanda proposta da F.L. nei confronti di Poste Italiane s.p.a. ed intesa alla declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra esse parti e relativo al periodo dal 10 maggio al 30 giugno 2002, all’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con condanna della società alla riammissione in servizio della lavoratrice nonchè al pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione del rapporto all’effettivo suo ripristino oltre accessori.

Il termine era stato apposto per “esigenze tecniche organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione c/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie….”.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la F. affidato ad un unico articolato motivo.

La società resiste con controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso viene denunciato:

– l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento alla mancata disamina circa la insussistenza della prova di cui all’art. 25 del CCNL; tale censura viene proposta anche come violazione dell’art. 112 c.p.c. (“..per non aver risposto ad un capo della domanda”);

– violazione e falsa applicazione “..di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro…in combinato disposto con il D.Lgs. n. 368 del 2001 ed art. 25 CCNL di lavoro dipendenti delle Poste Direttiva europea 99/70..”.

Il motivo è inammissibile in quanto lamenta la violazione dell’art. 25 CCNL 2001 non applicabile alla fattispecie in esame (essendo detto contratto collettivo scaduto il 31 dicembre 2001) e del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis, introdotto dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, evidentemente “ratione temporis” non vigente alla data di conclusione del contratto in questione.

La Corte di Appello ha applicato al caso in esame il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2, vigente alla stipula del contratto nella interpretazione fornitane dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e non era tenuta a rispondere espressamente a motivi fondati su norme – l’art. 25 CCNL – non più in vigore.

Alla luce di quanto esposto si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza ex art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Poste Italiane s.p.a. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate in favore della società controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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