Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2789 del 02/02/2017
Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 16/11/2016, dep.02/02/2017), n. 2789
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6788-2012 proposto da:
B.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
GIULIANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANTONINO MENNE;
– ricorrente –
contro
I.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
RABIRIO 1, presso lo studio dell’avvocato GIULIO MARIA DE GREGORIO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO ALBERTO
CELEGHIN;
H.E.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
MANZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFRED
MULSER;
– controricorrenti –
nonchè contro
COMUNE SANTA CRISTINA, IN PERSONA DEL SINDACO P.T.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2/2012 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI
BOLZANO, depositata il 07/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/11/2016 dal Consigliere Dott. PICARONI ELISA;
udito l’Avvocato Menne Antonino difensore del ricorrente che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Calderara Gianluca con delega depositata in udienza
dell’Avv. Manzi Luigi difensore di H.E.F. che si
riporta alle difese in atti;
udito l’Avv. De Gregorio Giulio Maria difensore di I.A. che
si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, depositata il 7 gennaio 2012 e notificata il 16 gennaio 2012, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano n. 78 del 2010, di rigetto delle domande proposte da B.V. nei confronti di E.F.H., A.I. e del Comune di Santa Cristina.
1.1. – Nel 2006 il sig. B., proprietario dal 1985 di un appezzamento di terreno e di una villetta a due piani (p.f. n. 1392/2 in P.T. (OMISSIS) C.C. Santa Cristina e dalla p.ed. n. 871 in P.T. (OMISSIS) C.C. Santa Cristina), aveva chiesto che fosse costituita servitù di passaggio coattivo a carico dei fondi confinanti, di proprietà H. e I., e con l’utilizzo anche della strada interpoderale di proprietà del Comune di Santa Cristina.
1.2. – Il Tribunale aveva rigettato la domanda.
Dalla CTU era emerso che “il percorso tecnicamente realizzabile, secondo le richieste attoree” avrebbe insistito per intero su area sottoposta a vincoli urbanistici, e l’art. 6 del D.P.G.P. n. 269/5/81 del 10 febbraio 1992 (Piano paesaggistico dell’Alpe di Siusi) consentiva la creazione di strada forestale solo in quanto necessaria ad una razionale ed economica utilizzazione del bosco ed attività agricola alpestre. Il Tribunale riteneva nella specie insussistenti i presupposti per la costruzione della strada forestale, attesa l’assenza di vocazione agricola del fondo di proprietà B., costituito da una villetta e dal terreno pertinenziale.
2. – La Corte d’appello ha confermato la decisione rilevando che la domanda di accertamento dell’interclusione, su cui l’appellante lamentava l’omessa pronuncia, era assorbita dal riscontrato difetto degli ulteriori requisiti richiesti per la costituzione della servitù di passaggio coattivo, e che, in ogni caso e nei limiti in cui era stata riproposta – con riferimento cioè alla costituzione di servitù per in-terclusione assoluta o relativa ai sensi dell’art. 1051 c.c. – la domanda era infondata.
La particella fondiaria (OMISSIS), attualmente di proprietà B., era stata creata per distacco dalla p.f. (OMISSIS) con il contratto di compravendita del 4 dicembre 1941, che aveva previsto il diritto di accesso a carico della p.f. (OMISSIS), con autorizzazione della relativa intavolazione, poi effettuata.
L’eccezione di invalidità dell’intavolazione, formulata in appello sul rilievo che non era rispettato il disposto dell’art. 12 della legge tavolare, oltre che tardiva era infondata.
2.2. – Accertata l’esistenza della servitù di passaggio pedonale sin dal 1941, si doveva escludere l’interclusione assoluta, e neppure poteva trovare applicazione il disposto dell’art. 1051 c.c., comma 3, concernente l’interclusione relativa, in quanto la domanda non era diretta all’ampliamento del passaggio preesistente, bensì alla costituzione di servitù su un tracciato diverso.
La mancanza di una situazione di interclusione, assoluta o anche solo relativa, rendeva irrilevante il richiamo dell’appellante al conveniente uso del fondo, nozione che, peraltro, se riferita a fondi situati in zona vincolata sotto il profilo paesaggistico, come nella specie, non poteva assumere un contenuto difforme dalle previsioni della disciplina vincolistica.
2.3. – La diversa questione della insufficienza del passaggio esistente non era oggetto di esame, in quanto l’appellante non aveva riproposto la domanda di costituzione di servitù ai sensi dell’art. 1052 c.c., e comunque non ricorreva nella specie l’interesse connesso all’agricoltura o all’industria che la norma richiede ai fini della costituzione della servitù coattiva.
3. – Per la cassazione della sentenza B.V. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi.
Resistono con autonomi atti di controricorso E.F.H. e A.I.. Il Comune di Santa Cristina non ha svolto difese. Il ricorrente e la resistente sig.ra H. hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Il ricorso è infondato.
1.1. – Con il primo motivo è denunciata insufficienza di motivazione con riferimento al fatto decisivo e controverso della mancata costituzione e intavolazione di servitù di passaggio a favore di B.V., nel contratto di acquisto dei fondi in data 15 giugno 1985.
Il ricorrente evidenzia che il contratto di acquisto del 1985 accennava sommariamente accennato al passaggio attraverso quella parte della p.f. (OMISSIS) di proprietà H. “situata nel lato ovest della p.f. (OMISSIS) provenendo dai terreni circostanti”, che nei libri tavolari era citato soltanto i contratto del 1941, e che non risultava alcuna iscrizione in suo favore. Il contratto del 1985, che al punto 3) richiama il diritto di accesso negli stessi termini, è stato intavolato senza menzionare tale diritto, e all’epoca era già vigente la formulazione dell’art. 12 della legge tavolare come modificata dalla L. n. 594 del 1974, secondo cui l’intavolazione, fatta eccezione per il diritto di proprietà, richiede l’indicazione precisa del contenuto e dell’estensione dei diritti, che debbono essere iscritti con i relativi confini. La Corte d’appello non avrebbe spiegato come possa essere superata, ai fini dell’accertamento della interclusione, la mancata intavolazione del diritto di passaggio nell’anno 1985.
1.2. – La doglianza è infondata.
Ciò che rileva, ai fini dell’accertamento della costituzione della servitù di passaggio pedonale, è il rogito del 1941, non gli atti successivi di trasferimento dei fondi interessati dalla servitù, e la Corte d’appello ha correttamente rilevato che il rogito del 1941 è stato intavolato regolarmente sulla base della disciplina all’epoca vigente (R.D. 28 maggio 1929, n. 499, prima delle modifiche introdotte nel 1974), che non richiedeva la rappresentazione cartografica dei luoghi.
Con il successivo rogito del 1985, il sig. B. aveva acquistato la proprietà del fondo con la servitù di passaggio che, in quanto qualitas fundi, si era trasferita insieme alla proprietà del fondo, nè era rilevante la circostanza che il contenuto della servitù fosse soltanto sommariamente indicato nel rogito di trasferimento. In forza del cosiddetto principio di ambulatorietà delle servitù, l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive ad esso inerenti, anche se nulla venga al riguardo stabilito nell’atto di acquisto, così come l’acquirente del fondo servente – una volta che sia stato trascritto il titolo originario di costituzione della servitù – riceve l’immobile con il peso di cui è gravato, essendo necessaria la menzione della servitù soltanto in caso di mancata trascrizione del titolo (ex plurimis, Cass., sez. 2, sent. n. 20817 del 2011).
2. – Con il secondo motivo è denunciata insufficiente motivazione circa il non uso dal 1985 ad oggi da parte del sig. B., dell’accesso alla proprietà come individuato dalla Corte d’appello, sulla base dell’atto di compravendita del 1941, per materiale impossibilità, e si assume, inoltre, che il conveniente uso del fondo coinciderebbe nella specie con l’uso minimo, attesa la totale interclusione.
2.1. – La doglianza è infondata.
La Corte d’appello non ha tenuto conto di quanto dedotto dal medesimo sig. B. circa il non uso ventennale della servitù di passo, giacchè nessun effetto poteva ricollegarsi a tale circostanza. L’estinzione della servitù per prescrizione, che l’art. 1073 c.c., collega all’inerzia del titolare della servitù che si sia protratta per venti anni, forma oggetto di eccezione che può essere proposta soltanto dal titolare del fondo servente, cioè da colui a favore del quale la prescrizione matura, secondo i principi generali in materia di prescrizione (ex plurimis, Cass., sez. 1, sent. n. 12596 del 1995).
Quanto alla dedotta impraticabilità del terreno per la sua ripidità, si tratta di questione che non integra l’impossibilità di uso prevista dall’art. 1074 c.c., presupponendo quest’ultima una modificazione dello stato dei luoghi, determinante l’impossibilità di fatto di usare della servitù ed il venir meno dell’utilità della medesima, che nella specie non risulta allegata. Per contro, la Corte d’appello ha evidenziato che le baite di legno in ambiente alpino, come quella del ricorrente, di regola sono prive di accessi stradali, e che il conveniente uso del fondo, in tale contesto ambientale, è coerente con le esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio.
3. – Con il terzo motivo è denunciata insufficiente motivazione sulla mancata individuazione di un percorso alternativo a quello risultato non realizzabile per l’esistenza di divieti posti da norme imperative.
3.1. – La doglianza è infondata.
La Corte d’appello, dopo aver precisato che il sig. B., con l’atto di gravame, aveva riproposto soltanto la domanda di accertamento della interclusione del fondo ai sensi dell’art. 1051 c.c., ha escluso l’interclusione assoluta in quanto era stata costituita sin dal 1941 una servitù di passaggio pedonale, ed ha inoltre rilevato che, poichè l’appellante aveva agito per ottenere la costituzione di servitù coattiva su un nuovo tracciato, non l’ampliamento del percorso esistente, non poteva trovare applicazione l’art. 1051 c.c., comma 3. Non residuava, pertanto, alcun margine per l’individuazione di percorsi alternativi rispettosi dei vincoli paesaggistici, con la conseguenza che non sussiste il denunciato vizio di motivazione.
4. – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017