Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3373 del 08/02/2017
Cassazione civile, sez. lav., 08/02/2017, (ud. 27/10/2016, dep.08/02/2017), n. 3373
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22568/2011 proposto da:
F.H., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato STEFANO MENICACCI,
che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
P.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2159/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 04/07/2011 R.G.N. 3611/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/10/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Francesca, che ha concluso per inammissibilità, in subordine
rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4 luglio 2011, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da F.H. nei confronti di P.C., avente ad oggetto, previo riconoscimento della natura subordinata della prestazione resa dalla prima nei confronti della seconda in qualità di badante e domestica, la condanna di quest’ultima al pagamento delle differenze retributive maturate. La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non provata la sussistenza stessa del rapporto tra le parti ed in particolare la titolarità di questo in capo alla P., essendo le prestazioni delle F. svolte in favore del fratello della prima con la stessa convivente e difettando nel ricorso introduttivo l’indicazione del soggetto che aveva provveduto all’assunzione cui doveva ritenersi riferito l’instaurato rapporto.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la F. affidando l’impugnazione ad un unico motivo. L’intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in una con il vizio di motivazione, imputa alla Corte territoriale l’aver proceduto ad un esame delle risultanze istruttorie parziale e fuorviante per aver dato ai fini della qualificazione del rapporto, rilievo prioritario al momento genetico della costituzione dello stesso e non al suo sviluppo funzionale idoneo, in relazione agli elementi confessori e testimoniali acquisiti, a ricondurre alla P. l’esercizio del potere direttivo e dunque la titolarità del rapporto.
Il motivo non merita accoglimento, risultando in questa sede ripetuto da parte della ricorrente il medesimo errore che, nel rigettare il gravame proposto avverso la decisione di rigetto della domanda in primo grado, le aveva imputato la Corte territoriale, ovvero la mancata contestazione della reale ratio decidendi della sentenza impugnata, data allora dal rilievo prioritario attribuito dal primo giudice, ai fini del riconoscimento del rivendicato rapporto di lavoro subordinato nei confronti di soggetto diverso da quello in favore del quale la stessa ricorrente dichiarava essere stata svolta la prestazione lavorativa, al momento genetico del rapporto, alla circostanza cioè che il diverso soggetto fosse l’effettivo datore di lavoro per aver questi provveduto all’assunzione del prestatore ed aver con questi instaurato il rapporto medesimo.
Anche in questa sede la ricorrente non formula alcuna specifica censura in ordine al decisivo rilievo espresso dalla Corte territoriale circa la carenza di impugnazione della predetta ratio decidendi, limitandosi, ancora una volta, ad opporre una rilettura del materiale istruttorio idonea, a suo dire, ad attestare, con attenzione al momento funzionale del rapporto, anche il suo profilo genetico ovvero la titolarità dello stesso in capo al soggetto nei cui confronti aveva azionato la domanda, così, finendo per sollecitare, inammissibilmente, un riesame nel merito della controversia.
Il ricorso va dunque rigettato senza attribuzione delle spese per non aver l’intimata svolto alcuna attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017