Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3781 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.14/02/2017),  n. 3781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13867-2014 proposto da:

CONSULBROKERS SPA in persona del legale rappresentante pro tempore

dott. A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 83-A, presso lo studio dell’avvocato WLADIMIRA ZIPPARRO,

rappresentata e difesa dagli avvocati GAIA DE STEFANO, CARLO DE MAIO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE PROVINCIA BARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1453/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato LUIGI DI LEO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Azienda Sanitaria della Provincia di Bari propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a istanza della Consulbrokers s.r.l. per il pagamento di premi assicurativi scaduti il 31.12.2003 ed ammontanti ad oltre 1.810.000,00 Euro: sostenne che il contratto di brokeraggio – risalente all’anno 1996 – era nullo per difetto di forma scritta e dedusse di avere provveduto al pagamento dei premi assicurativi tramite il nuovo broker.

L’opposta si costituì in giudizio contestando le deduzioni avversarie.

Nel giudizio venne chiamata in causa, ad istanza della Azienda Sanitaria, la Assidea&Delta s.r.l., ossia la società di broker subentrata alla opposta.

Con memoria ex art. 183 c.p.c., la Consulbrokers precisò la domanda chiedendo, in via gradata, che il Tribunale condannasse “chi di ragione” al pagamento della minor somma di Euro 224.416,44 a titolo di provvigioni ad essa spettanti.

Il Tribunale di Napoli revocò il decreto ingiuntivo e respinse in toto le domande della società opposta.

Pur discostandosi dalle considerazioni svolte dal primo giudice, la Corte di Appello ha rigettato il gravame e ha dichiarato inammissibile, in quanto proposta dalla Consulbrokers solo in grado di appello, la domanda alternativa – di condanna della Assidea&Delta s.r.l. al pagamento delle provvigioni da essa riscosse.

Ricorre per cassazione la Consulbrokers s.p.a. affidandosi a due motivi; resiste la sola Assidea&Delta a mezzo di controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 106, 112, 183, 269 e 345 c.p.c.”), la ricorrente censura la Corte per avere ritenuto inammissibile la domanda di condanna alternativa della Assidea&Delta in quanto proposta solamente in grado di appello: assume, infatti, che doveva trovare applicazione il principio di automatica estensione della domanda nei confronti del terzo chiamato in causa in quanto la chiamata da parte della ASL era stata effettuata allo scopo di ottenere la liberazione dell’ingiunta dalla pretesa della Consulbrokers.

1.1. Il motivo è infondato: per quanto risulta dai passaggi dell’atto di opposizione a d.i. trascritti nel ricorso (pag. 12), la chiamata in causa venne effettuata “per ragioni di comunanza di causa” e per “ragioni di opportunità” nell’ambito di una difesa in cui la ASL sosteneva di avere pagato, tramite il nuovo broker, i premi di assicurazione reclamati col decreto ingiuntivo; la chiamata non era dunque volta ad indicare nella Assidea&Delta l’effettivo debitore (con effetti liberatori per la chiamante): non è pertanto applicabile la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, che presuppone che la chiamata sia effettuata per ottenere la liberazione del convenuto/chiamante, che indica nel terzo l’effettivo obbligato nei confronti dell’attore (cfr. Cass. n. 25559/2008 e Cass. n. 27525/2009).

2. Il secondo motivo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 183, 269 e 345 c.p.c.”) censura la Corte per avere affermato che la domanda di condanna alternativa nei confronti della Assidea&Delta era stata “proposta solamente in grado di appello, e non invece in primo grado”, “senza avvedersi” che – a prescindere dell’estensione automatica – la domanda era stata avanzata già “in sede di memoria ex art. 183, comma 6, 1^ termine” laddove, dopo aver richiesto la conferma del decreto ingiuntivo, l’opposta aveva chiesto “gradatamente, alla luce di quanto dichiarato dalla opponente nonchè dalla terza chiamata in causa, condannare chi di ragione al pagamento in favore della Consulbrokers della minor somma di Euro 224.416,44 oltre interessi e rivalutazione, quali provvigioni alla stessa spettanti con riferimento alle polizze per cui è causa”.

2.1. Il motivo non deduce alcun error in iure quanto all’interpretazione o all’applicazione delle norme richiamate, ma prospetta un’erronea percezione della Corte, che non si sarebbe “avveduta” che la domanda era stata proposta già in primo grado, entro il termine (utile) della prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.

Ciò comporta l’inammissibilità del motivo in quanto l’errore avrebbe dovuto essere dedotto in sede revocatoria, alla luce del principio secondo cui, “se il giudice di merito omette di pronunciare su una domanda che si assume essere stata ritualmente proposta, motivando la propria decisione col fatto che quella domanda non sarebbe mai stata formulata, la sentenza contenente tale statuizione dev’essere impugnata con la revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e non con i mezzi ordinari” (Cass. n. 12958/2011; cfr. anche Cass. n. 27555/2011 concernente l’ipotesi, inversa, di erronea affermazione circa l’avvenuta proposizione di una domanda – nonchè Cass. n. 2478/2006 e Cass. n. 5715/2007, in merito al fatto che la “svista” può concernere anche il contenuto degli atti di parte).

3. Le spese di lite seguono la soccombenza.

4. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso delle spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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