Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4276 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/02/2017, (ud. 01/12/2016, dep.17/02/2017),  n. 4276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 724-2011 proposto da:

B.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA URBANA 69, presso lo studio dell’avvocato MARIA LETIZIA

MARINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO ANGELUCCI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F.

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 853/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/12/2009 R.G.N. 417/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. DE FELICE ALFONSINA;

udito l’Avvocato SERGIO ANGELUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.M. ha prestato servizio per otto anni continuativi in qualità di LSU presso l’Istituto nautico di Ortona svolgendo mansioni corrispondenti alla qualifica di assistente di 3^ qualifica funzionale del personale tecnico e ausiliario della scuola. In seguito al parere favorevole espresso dal Ministero per il depennamento del suo nominativo dal mod. A, relativo agli LSU impegnati quali collaboratori scolastici e all’inserimento dello stesso nel mod. B tra i soggetti con mansioni corrispondenti al livello di assistente tecnico, la stessa proseguiva il suo rapporto con l’Istituto scolastico mediante 5 contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Ricorre la lavoratrice a questa Suprema Corte per l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n. 853/2009 depositata il 18/12/2009, la quale riformava la sentenza del Tribunale di Chieti – sezione lavoro – che aveva riconosciuto illegittima la sua esclusione dal concorso indetto ai sensi del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 554, per Assistente tecnico e Amministrativo di 3 qualifica funzionale presso il Centro Servizi Amministrativi di Chieti per non aver maturato l’anzianità di 24 mesi, anche non continuativi, di servizio prestato in posti corrispondenti al profilo professionale per il quale era stato indetto il concorso.

La ricorrente affida le sue ragioni a cinque motivi. Il Ministero dell’Istruzione resta intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1^ motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della Direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 28/6/1999, n. 70/1999, relativa all’accordo quadro Ces – Unice – Ceep sul lavoro a tempo determinato.

La ricorrente rileva che la sentenza ha violato la Direttiva n. 70/1999 in quanto non ha evitato la prevenzione di abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (clausola 1).

Ad avviso del Collegio in questo caso, tuttavia, l’anomala successione di contratti a tempo determinato non può dirsi sussistente in quanto l’avvicendamento contrattuale si è mosso integralmente al di fuori della fattispecie invocata dalla Direttiva, tale da non dar luogo all’abuso denunciato, così da rendere non pertinente il richiamo del principio della prevalenza della Direttiva sulle norme di legge ordinarie.

2 motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., art. 222 c.c., art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Parte ricorrente censura la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui resterebbe indecisa sul punto riguardante la natura subordinata o autonoma delle prestazioni svolte dalla ricorrente a favore della p.a..

La Corte territoriale invero, nella prima parte della motivazione, usa una forma alquanto anodina per affermare la propria giurisdizione, dichiarando che la controversia ha per oggetto “…l’assimilazione del rapporto di lavoro intrattenuto dall’appellata con la P.A. – da ritenersi subordinato – ad un rapporto di pubblico impiego, richiesta in via strumentale alla partecipazione ad un concorso, non deducendosi neppure la legittimità della graduatoria”.

Fondata la propria competenza giurisdizionale, la Corte d’Appello si pronuncia però con chiarezza sulla qualificazione e natura dei rapporti di lavoro, richiamando, quanto ai periodi resi in qualità di LSU l’orientamento costante della Corte di Cassazione con cui si ribadisce la natura meramente assistenziale di tali rapporti, finalizzati al tentativo di ricollocazione di personale interessato da ristrutturazioni aziendali attraverso un temporaneo sostegno al reddito a carico dell’ente previdenziale (Cass. Sez lav. n. 13711/2015).

Osserva poi il Collegio, quanto ai contratti di co.co.co., che essi hanno natura privatistica, tant’è che le P.A. non sono obbligate a selezionare attraverso pubblico concorso, come sarebbero obbligate a fare se si trattasse di rapporti di pubblico impiego, bensì, secondo le disposizioni di legge vigenti, tenute a deliberarne soltanto il fabbisogno e l’assenza di dipendenti pubblici con la stessa qualifica.

3 motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2126 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorso chiede l’applicazione dei trattamenti retributivo e previdenziale del rapporto di lavoro pubblico, quale svolgimento di prestazioni di fatto (art. 2126 c.c.), adducendo una violazione del principio di non discriminazione tra lavoro privato e pubblico, posto che in questo caso la discriminazione a danno del trattamento pubblicistico viene fatta dedurre dalla errata qualificazione dei rapporti di lavoro. Il motivo è collegato al 1 ed è infondato, perchè la qualificazione adottata dal giudice è, come dianzi rilevato, corretta.

4 motivo: Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2000, artt. 4 e 6, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La censura è infondata. L’utilizzazione degli LSU alla stregua degli altri pubblici dipendenti è affermazione generica. La ricorrente non allega nè chiede di provare che il rapporto di LSU si sia atteggiato in concreto come rapporto di lavoro subordinato. Pur non potendo escludersi che in concreto il lavoro socialmente utile possa svolgersi con le modalità proprie di un ordinario rapporto di lavoro subordinato, non per questo esso perde la sua natura assistenziale e, dunque, ne assume il relativo trattamento.

5 motivo: Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 10, comma 1, comma 2, comma 3, in relazione all’art. 2222 c.c. e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Del pari infondata è, infine, la censura relativa alla presunta violazione delle norme comunitarie in materia di appalti relativamente alla scelta della società cui affidare – in forma esternalizzata – l’assunzione dei lavoratori socialmente utili.

Lo stesso D.Lgs. n. 468 del 1997, e, successivamente la L. n. 448 del 2001, individuano nella S.p.a. “Italia Lavoro”, a partecipazione pubblica, l’organo tecnico che, operando per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella promozione e nella gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell’assistenza tecnica ai servizi per l’impiego, sovraintende all’inserimento al lavoro degli appartenenti alle categorie cd. svantaggiate, quali i disoccupati di lunga durata, di cui fanno parte a pieno titolo i lavoratori socialmente utili.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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