Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4646 del 22/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/02/2017,  n. 4646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1774/2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

CORINNA RABITTI e STEFANO PAPA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. BAIAMONTI

10, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA MANENTE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNA FAVA in forza di

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1397/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

emessa il 06/05/2014 e depositata il 04/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

osserva quanto segue.

Il M. ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 1397/2014 del 4.6.2014 non notificata, che ha dichiarato inammissibile l’appello proposto con condanna alle spese in favore della parte appellata.

Con il ricorso la parte evidenzia la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto con riferimento all’esatta individuazione dei termini di decorrenza dell’impugnazione ai sensi dell’art. 323 c.p.c. e seg., nel senso dell’erroneità della decisione, nel momento in cui ha valutato la intempestività dell’impugnazione richiamando esclusivamente il termine di deposito e non quello di pubblicazione.

La G.O. ha resistito con controricorso.

Questa Corte, quanto al motivo di ricorso, si è già pronunciata in materia affermando che: “A norma dell’art. 133 c.p.c., la consegna dell’originale completo del documento-sentenza al cancelliere, nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, avvia il procedimento di pubblicazione, il quale si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce al documento, della firma e della data del cancelliere, che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. E’ pertanto da escludere che il cancelliere, preposto, nell’espletamento di tale attività, alla tutela della fede pubblica (art. 2699 c.c.), possa attestare che la sentenza, già pubblicata, ai sensi dell’art. 133 c.c., alla data del suo deposito, viene pubblicata in data successiva, con la conseguenza che, ove sulla sentenza siano state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l’altra di pubblicazione, tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza decorrono già dalla data del suo deposito” (Cass. SU 13794/2012, Chiarini, Rv. 623301).

Ed ancora che: “In caso di doppia data – di deposito e di pubblicazione apposta dal cancelliere sulla sentenza, si intende rimessa in termini e non decaduta la parte che abbia proposto l’impugnazione nel termine “lungo” decorrente non dalla data di deposito, ma dalla successiva data di pubblicazione, qualora emerga dagli atti, anche per implicito, che dall’attestazione del deposito non sia derivata la conoscenza della sentenza (cfr. Corte cost. sent. n. 3 del 2015) (Cass. n.10675/2015, D’Ascola, Rv. 635422, Cass. 12986/2016, Frasca Rv. 640405 in senso sostanzialmente conforme).

Infine è intervenuta sull’argomento Cass. SU n. 18569/2016, Di Iasi, Rv. 641078-01 che ha chiarito che: “Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo”.

Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dal Tribunale in senso conforme a tale orientamento, evidenziando come le allegazioni della parte non si possano ritenere sufficienti a provare l’effettiva ricorrenza di una violazione dei principi di legge in materia di termini di impugnazione.

In particolare occorre considerare come la Corte di Appello abbia evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente a suo tempo appellante, la sentenza oggetto d’impugnazione si caratterizzava per la presenza di una sola attestazione da parte del Cancelliere con la dizione “depositato il 5.8.2008”, con la conseguenza che, risultando il documento completo di tutti i requisiti legittimi della sentenza e senza nessuna indicazione circa la natura di minuta dell’atto depositato, l’attestazione in questione integrava gli adempimenti previsti e disciplinati dall’art. 133 c.p.c..

Non emerge dunque dalla motivazione il problema sollevato dalla parte ricorrente relativo all’eventuale presenza di due termini (uno di deposito e uno di pubblicazione) in relazione al quale ha articolato la propria difesa, essendo stata rilevata sull’atto oggetto di impugnazione una sola attestazione di depositato, senza alcuna prova della presenza di una seconda data da riferire ad eventuale pubblicazione della sentenza.

Non si ravvisa dunque in alcun passaggio della motivazione del giudice di secondo grado la richiamata violazione di legge.

Ricorrono i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione in camera di consiglio.

Vista la memoria;

Considerato che in conclusione il ricorso va rigettato.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 5000,00. Euro 100,00 per esborsi oltre accessori di legge. Si dispone l’oscuramento dati in caso di pubblicazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017

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