Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4702 del 23/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2017, (ud. 23/11/2016, dep.23/02/2017), n. 4702
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15116/2014 proposto da:
B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO
IROLLO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA
PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3422/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del
10/05/2013, depositata il 27/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Clementina Pulli difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte di appello di Napoli, decidendo sugli appelli proposti dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva condannato l’Inps a corrispondere a B.R. l’assegno ordinario di invalidità a decorrere dal 1.4.2004, primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto per secondo sul rilievo che la parte aveva consumato il suo potere di proporre l’impugnazione con la proposizione del primo gravame che poi ha parzialmente accolto dichiarando il diritto dell’assicurato alla prestazione azionata a decorrere dal 1.4.2012 avendo verificato, in esito ad un nuovo accertamento medico legale, che solo da tale più recente data la capacità lavorativa dell’assicurato era ridotta in misura inferiore ad 1/3. Per effetto della modifica della sentenza, poi, la Corte ha ritenuto che sussistessero giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
Per la cassazione della sentenza ricorre B.R. che denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 434, 342 e 442 c.p.c., evidenziando che l’appello dell’Istituto avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile poichè non contiene specifiche censure idonee a determinare una revisione della sentenza di primo grado.
Resiste l’Inps con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria per insistere nelle conclusioni già prese.
Tanto premesso il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che secondo l’orientamento costante di questa Corte di Cassazione il principio della necessaria specificità dei motivi di appello – previsto dall’art. 342 c.p.c., comma 1 e, nel rito del lavoro, dall’art. 434 c.p.c., comma 1, nella formulazione anteriore alla novella operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano anche indicate, oltre ai punti e ai capi formulati e seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure (cfr. Cass. n. 6978 del 20/03/2013). Come rilevato dalla Corte di appello, seppur in forma succinta, il gravame conteneva una specifica censura che investiva la valutazione data dal primo giudice (in adesione alle conclusioni del consulente nominato in primo grado) alle patologie riscontrate con la precisazione che la decorrenza della prestazione riconosciuta non era coerente con l’andamento delle infermità riscontrate.
In sostanza, a fronte di una sentenza di primo grado con motivazione essenziale, la stringatezza delle censure non incide sulla loro ammissibilità posto che comunque era stata resa ben chiara la ragione della doglianza.
E d’altro canto, anche di recente, questa Corte ha ribadito che ai fini del rispetto del requisito della specificità, prescritto dall’art. 342 c.p.c., non è richiesta nè l’indicazione delle norme di diritto che si assumono violate nè una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’impugnazione, ma è sufficiente che l’atto di appello permetta d’individuare con certezza le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, in modo tale da consentire al giudice di comprendere con certezza il contenuto delle censure ed alla controparte di svolgere senza alcun pregiudizio la propria attività difensiva (cfr. recentemente Cass. 26.11.2015 n. 6778).
In conclusione, il ricorso è manifestamente infondato è e deve essere rigettato con ordinanza ai sensi dell’art. art. 375 c.p.c., n. 5. Non occorre provvedere sulle spese ricorrendo i presupposti per l’esonero di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., nè è dovuto l’ulteriore contributo unificato risultando il ricorrente ammesso al gratuito patrocinio.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso.
Dichiara non ripetibili le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2017