Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4900 del 27/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 27/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.27/02/2017),  n. 4900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21056/2011 proposto da:

F.G., C.F. (OMISSIS), P.R. C.F. (OMISSIS),

L.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

AJACCIO 14, presso lo studio dell’avvocato STEFANO QUEIROLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato LORELLA MENGOZZI, giusta delega

in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.A.I.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dagli Avvocati LUCIANA ROMEO, TERESA OTTOLINI, giusta delega in

atti;

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati LUIGI

CALIULO, GIUSEPPINA GIANNICO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 943/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/09/2010 R.G.N. 915/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato MENGOZZI LORELLA;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;

udito l’Avvocato OTTOLINI TERESA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 2.9.2010, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di prime cure, rigettava la domanda proposta da F.G., P.R., L.R. e altri consorti, volta all’attribuzione della maggiorazione contributiva di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modifiche e integrazioni, per i periodi in cui essi avevano allegato di essere stati esposti a rischio amianto.

La Corte,, preliminarmente, disattendeva l’eccezione d’improcedibilità dell’appello, che gli appellati avevano argomentato per non essere stato il gravame notificato anche all’INAIL, e nel merito rigettava la domanda degli appellati sulla scorta delle risultanze della CTU disposta in seconde cure.

Contro tale pronuncia ricorrono F.G., P.R. e L.R., affidando le proprie censure a due motivi. Resistono l’INPS e l’INAIL con separati controricorsi.

Diritto

Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 421, 435 e 291 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito dichiarato l’improcedibilità dell’appello proposto dall’INPS, nonostante l’Istituto non avesse dato prova della sua tempestiva notifica all’INAIL.

Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ha già fissato il principio secondo cui, allorchè si verta in ipotesi di cause inscindibili, qualora la notificazione dell’impugnazione, proposta nei confronti di tutti i destinatari correttamente individuati ed identificati, risulti inefficace, omessa od inesistente nei confronti di taluno di costoro (ovvero non ne venga dimostrato il perfezionamento), si applica l’art. 331 c.p.c., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio di cui all’art. 111 Cost., che prevale rispetto al principio della ragionevole durata del processo sancito dal medesimo articolo, sicchè il giudice non può dichiarare inammissibile l’impugnazione, ma deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (Cass. n. 20501 del 2015): che è ciò che sostanzialmente la Corte territoriale ha fatto allorchè, con ordinanza del 20.1.2009, ha revocato la propria ordinanza resa in pari data, con la quale l’appello era stato (erroneamente) dichiarato inammissibile, e ha interpretato la propria precedente ordinanza del 14.10.2008 come volta non solo ad acquisire la prova dell’avvenuta notifica, ma altresì a concedere un nuovo termine all’Istituto per provvedervi qualora essa fosse mancata.

Con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 437 c.p.c., nonchè di vizio di motivazione, per avere la Corte di merito rigettato la loro domanda sulla scorta di una CTU affetta da gravi errori.

Il motivo è inammissibile, non risultando nè trascritta nelle sue parti, rilevanti la relazione peritale, nè indicato il luogo del fascicolo processuale e/o di parte in cui essa sarebbe rinvenibile, nè tampoco specificati e trascritti nelle loro parti rilevanti i documenti che, a dire dei ricorrenti, dimostrerebbero che “la presenza massiccia dell’amianto è perdurata almeno fino all’anno 2000”. E poichè la parte ricorrente, che in sede di legittimità denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla trascrizione delle sue parti rilevanti, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare (così, fra le tante, Cass. n. 17915 del 2010), deve concludersi che il motivo sia stato formulato in modo non rispettoso del canone di specificità e autosufficienza per come fissato dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6.

Il ricorso, pertanto, va rigettato. Nulla sulle spese ex art. 152 att. c.p.c., essendo stato il processo iniziato nella vigenza della disposizione cit. precedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, conv. con L. n. 326 del 2003.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017

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