Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5048 del 28/02/2017
Cassazione civile, sez. III, 28/02/2017, (ud. 23/01/2017, dep.28/02/2017), n. 5048
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14291-2014 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA
32, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO SANTORIELLO,
rappresentata e difesa dagli avvocati DARIO VISCONTI, ALESSANDRO
MOSCARDELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
DEUTSCHE BANK SPA, in persona del suo Direttore Dirigente e
Procuratore Dott. DELFINO MIRANDOLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato
GIANCARLO CATAVELLO, che la rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 270/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 13/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/01/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito l’Avvocato DARIO VISCONTI;
udito l’Avvocato GIANCARLO CATAVELLO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in
subordine rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 13.3.2013, ha confermato la sentenza di primo grado pubblicata il 17.1.2008, con cui il Tribunale di Reggio Emilia aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo (dell’importo di Euro 9.674,60) proposta da V.L. per pretesa decadenza del creditore garantito Deutsche Bank s.p.a. dalla fideiussione.
V.L. propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. L’intimata ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 – Preliminarmente, si dà atto che il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata.
1.2 – Ciò posto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Infatti, costituisce jus receptum (Cass. n. 18421/2009; più recentemente, tra le altre, Cass. n. 3524/2016) il principio per cui “Il ricorso per cassazione richiede, da un lato, per ogni motivo di ricorso, la rubrica del motivo, con la puntuale indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo – tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c. – è proposto; dall’altro, esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza”.
Nella specie, la V. non si è attenuta a detti principi. Già la tecnica di redazione del ricorso (con richiamo di istanze istruttorie, confusa ricostruzione dei fatti frammista a considerazioni incidentali, ma priva di elementi essenziali, come ad es. l’esatta formulazione dei motivi d’appello proposti), è di per sè censurabile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3), difettando appunto una (succinta ma) esauriente esplicazione degli accadimenti sostanziali e processuali.
Può anche aggiungersi che la ricorrente ha confusamente indicato una serie di norme che il giudice d’appello non avrebbe correttamente applicato, ma non ha spiegato, con la dovuta specificità, in cosa effettivamente consistano le violazioni di legge in cui lo stesso giudice sarebbe incorso, sia quanto ai principi di diritto violati, che alle parti specifiche della sentenza che sarebbero inficiate dai denunciati vizi. Insomma, ciascun elemento grafico numericamente riportato in ricorso come doglianza costituisce, in realtà, un “non motivo”.
2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della resistente, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del magistrato assistente di studio dr. S.S..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017