Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5396 del 03/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 03/03/2017, (ud. 26/09/2016, dep.03/03/2017),  n. 5396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 8876 del ruolo generale dell’anno 2009

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

Fallimento di s.p.a. (OMISSIS), in persona del curatore,

elettivamente domiciliatosi in Roma, alla via Lazio, n. 20/C, presso

lo studio del proprio difensore e procuratore avv. Claudio

Coggiatti, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, sezione 1, depositata in data 1 dicembre

2008, n. 29/01/08;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

26 settembre 2016 dal consigliere Angelina-Maria Penino;

udito per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Sorrentino Federico, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

Con un avviso di accertamento ed atti di contestazione delle relative sanzioni per gli anni 2001 e 2002, l’Agenzia delle entrate contestò l’omessa fatturazione di operazioni imponibili nei rapporti tra la contribuente, impresa consorziata al consorzio Manital ed il consorzio, recuperando l’iva ed irrogando, appunto, le sanzioni conseguenti.

L’Agenzia, in particolare, rilevò che il consorzio acquisiva le commesse, che erano ripartite fra le consorziate, le quali a loro volta fatturavano al consorzio i compensi per le prestazioni di servizi eseguite, determinati nella misura del 75% del valore di ciascuna commessa ottenuta; a propria volta il consorzio deduceva i costi per spese generali e di promozione e da questo rimborsati dalle consorziate mediante la trattenuta del 25% del valore di ciascuna commessa.

Secondo l’ufficio il consorzio avrebbe dovuto contabilizzare e fatturare nei confronti delle consorziate, in proporzione ai contributi da ciascuna ricevuti, i costi sostenuti e contabilizzare come ricavi i contributi periodici versati dalle consorziate, esponendo i pagamenti ricevuti dai committenti come debiti verso queste ultime; inoltre, avrebbe dovuto provvedere a ribaltare pro quota tra i consorziati i proventi delle commesse che le consorziate avrebbero dovuto fatturare.

Secondo l’Agenzia, in definitiva, il consorzio aveva operato un’indebita compensazione tra i ricavi che avrebbe dovuto trasferire alla consorziata ed il contributo che quest’ultima doveva al consorzio per il suo funzionamento; modalità di fatturazione, questa, che secondo l’Agenzia determinava l’occultamento di parte dei ricavi percepiti dalla consorziata.

La società consorziata, nel frattempo fallita, impugnò avviso ed atti di contestazione, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale ha respinto, dopo averli riuniti, gli appelli dell’ufficio, rilevando, per un verso, che il consorzio ha propri beni, un proprio organico ed ottiene anche l’assegnazione di lavori che esegue direttamente, senza coinvolgere le consorziate e, per altro verso, che l’elaborazione seguita postula, in via meramente presuntiva, che le consorziate partecipino alla distribuzione degli appalti in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione.

Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, cui replica con controricorso il curatore.

La trattazione del giudizio è stata rinviata in attesa della decisione delle sezioni unite di questa Corte sulla questione di diritto coinvolta. Intervenute le sentenze n. 12190-12191-12192-12193 e 12194/16, è stata nuovamente fissata la pubblica udienza.

Diritto

1.- Con i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia denuncia, in entrambi i casi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

-la violazione e falsa applicazione degli artt. 2602 e ss. c.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 e degli art. 1241 e ss. c.c., là dove il giudice d’appello ha escluso, a dispetto della natura mutualistica del consorzio, l’obbligo di questo di ribaltare sulle consorziate, in proporzione alla rispettiva quota consortile, con le conseguenti fatturazioni e autofatturazione per ciascuna, tutti i costi generali di gestione, nonchè i costi specifici relativi alle singole commesse – primo motivo;

-la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, comma 1, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5 e art. 55, comma 1 e comma 2, nn. 2 e 3, là dove la Commissione, nonostante l’incompletezza della documentazione fornita agli accertatori, ha reputato fosse onere dell’amministrazione dimostrare il diverso imponibile complessivo e l’aliquota applicabile – secondo motivo, erroneamente indicato come terzo.

La complessiva censura è fondata nei limiti di seguito precisati.

Le sezioni unite di questa Corte, con la sentenze indicate in narrativa, hanno chiarito, così fornendo risposta alla questione concernente la rilevanza dello scopo mutualistico evocata da entrambi i motivi, che l’esercizio di un’impresa commerciale ed il relativo intento di lucro non sono inconciliabili con lo scopo mutualistico proprio della cooperativa, dovendosi ormai ritenere superata l’identificazione, da un lato della società con lo scopo di lucro e dall’altro della cooperativa con l’interesse mutualistico.

1.1.-La società cooperativa ben può quindi avere anche uno scopo di lucro, anche ai fini fiscali. Ciò posto, la distinta soggettività fiscale e l’autonoma responsabilità delle obbligazioni tributarie connesse alle operazioni poste in essere da ciascuna consorziata, nonchè dalla società consortile, comportano la necessaria distinzione tra le operazioni realizzate dalla società consortile in esecuzione del patto mutualistico, e quelle costituenti esercizio di un’autonoma attività commerciale della società consortile.

1.2.- Le sezioni unite hanno, peraltro, specificato che alla possibile coesistenza della causa mutualistica con lo scopo lucrativo non corrisponde automaticamente il riconoscimento dell’effettiva sussistenza di entrambi, in pari misura, in una società consortile. Oltre all’accertamento volto a verificare se il ricorso all’organizzazione consortile sia finalizzato unicamente a conseguire un indebito risparmio fiscale (v. Cass. 23/12/2008, nn. 30055, 30056, 30057), occorre pur sempre esaminare, in base alle modalità attraverso le quali è svolta l’attività della società consortile ed alla loro correlazione con gli scopi di volta in volta perseguiti, i rapporti intercorsi tra la società consortile e la consorziata nella fase di assegnazione dei lavori o dei servizi ai singoli consorziati.

1.3.-E’ giustappunto l’accertamento in ordine alla natura delle operazioni o servizi rispettivamente espletati dalla società consortile o dalle consorziate, ed al rapporto sottostante all’assegnazione dei servizi alle consorziate la base per verificare se sia necessario, o no, il ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi.

Qualora, difatti, il consorzio acquisisca una commessa e proceda autonomamente ad eseguirla, indipendentemente dalla partecipazione delle consorziate, non si deve procedere ad alcun ribaltamento di costi tra tutti i consorziati.

Il ribaltamento di costi e di ricavi rimane doveroso, peraltro, nel caso in cui il consorzio, pur avvalendosi di proprie strutture, svolga servizi complementari, comunque correlati alla finalità mutualistica di utilizzo del servizio consortile.

2.-Le sezioni unite hanno quindi individuato le seguenti ipotesi che giustificano differenze tra quanto fatturato dal consorzio al terzo committente e quanto fatturato dal consorziato al consorzio:

– a) differenza costituita dal costo delle spese di gestione generali ripartito tra i singoli consorziati e addebitato al consorziato in occasione della commissione dei lavori;

– b) differenza costituita dal costo di specifici servizi forniti dal consorzio al consorziato in relazione ai lavori che questo è deputato a svolgere;

– c) differenza costituita dalle provvigioni dovute dal consorziato (mandante) al consorzio (mandatario senza rappresentanza), escluse dall’imponibile IVA, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13;

– d) differenza costituita dal costo e dagli utili per ulteriori servizi forniti solo dal consorzio, quale soggetto imprenditoriale, in favore del terzo committente, in relazione ai lavori posti in essere dal consorziato a seguito della commessa in suo favore. e l’individuazione dell’evenienza nel concreto realizzatasi costituisce un problema di prova e di onere della prova.

2.1.-Nelle prime due ipotesi la differenza del quantum fatturato, nel caso di compensazione tra consorziato e società consortile, in assenza di dettaglio di costi e ricavi, si risolve in un occultamento dei ricavi del consorziato. Costituisce onere del consorziato fornire la prova che tale differenza non sia costituita da ricavi, nel rispetto dei principi di certezza, effettività, inerenza e competenza. Egualmente è onere del consorziato, nelle ulteriori ipotesi, provare che la differenza suddetta sia costituita da provvigioni o da servizi resi dal consorzio al terzo.

3.- Qualora i rapporti tra consorzio e consorziate debbano essere ricostruiti come mandato senza rappresentanza, giova rimarcare che il mandato senza rappresentanza riceve ai fini iva una particolare disciplina, in virtù della quale i rapporti tra mandatario e mandante perdono la loro neutralità, assurgendo ad autonomi presupposti per l’applicazione del tributo. Lo si evince dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3 secondo cui le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario, nonchè dall’art. 13, comma 2, lett. b), medesimo Decreto Iva, che fissa la base imponibile per le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza ragguagliandola al prezzo di fornitura del servizio pattuito dal mandatario, diminuito della provvigione, e al prezzo di acquisto del servizio ricevuto dal mandatario, aumentato della provvigione.

3.1.-La ricostruzione è conforme all’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, secondo cui, nel rapporto di mandato senza rappresentanza, ai fini Iva il mandatario – che agisce in nome proprio. ma per conto del mandante – è come se ricevesse o fornisse i servizi in nome proprio; di conseguenza, nel mandato alla vendita si trasferisce un servizio avente identica natura di quello che, per finzione giuridica, è stato acquisito dal mandatario (Corte giust. 14 luglio 2011, causa C464/10; ne fa specifica applicazione, in particolare, Cass. 25285/13).

3.2.-Ne discende, come statuito dalle stesse sezioni unite, che in tal caso non è legittima alcuna differenza tra importo fatturato dal mandatario al terzo e dal mandante al mandatario, e quindi, nella specie, dalla singola impresa al consorzio e quello fatturato dal consorzio al terzo, salva la rilevanza fiscale della provvigione, se pattuita e formalizzata. Lo scolorare della causa mutualistica, difatti, non rende incompatibile con lo svolgimento dell’attività consortile la pattuizione di una provvigione, la sussistenza e l’entità della quale vanno provate dalla consorziata.

4.-Le statuizioni della sentenza impugnata, che escludono qualsiasi obbligo di fatturazione da parte della consorziata facendo leva soltanto sulle capacità e sulle attività imprenditoriali del consorzio, pur avendo dato atto, in narrativa, della differenza tra le fatturazioni operate dal consorzio e quelle eseguite dalla società, è erronea.

5.-La complessiva censura va quindi accolta, determinando l’assorbimento degli ulteriori tre motivi di ricorso, costruiti su vizi di motivazione, che riguardano il ricarico medio operato dal consorzio in sede di fatturazione (terzo motivo), il meccanismo della compensazione attuato dal consorzio (quarto motivo) e le previsioni statutarie concernenti l’obbligo di ripianamento dei costi da parte delle consorziate (quinto motivo).

6.-Ne conseguono l’accoglimento del ricorso nei sensi che precedono e la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione, affinchè riesamini la fattispecie alla luce dei principi esposti e regoli le spese.

PQM

La Corte:

accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2017

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