Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5849 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/03/2017, (ud. 02/11/2016, dep.08/03/2017),  n. 5849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26880-2011 proposto da:

C.R. c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE, 151, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

ROSATI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ANTONIO NORSCIA, LUIGI VILLANI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA PRAGMA S.P.A. c.f. (OMISSIS), SOGET S.P.A.;

– intimati –

Nonchè da:

EQUITALIA PRAGMA già Pragma Riscossione SPA e precedentemente

SO.GE.T. Riscossione S.P.A e ancora SO.GE.T. spa C.F. (OMISSIS); e

SO.GE.T. Società di Gestione Entrate e Tributi s.p.a, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato ARTURO MARESCA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VALERIO SPEZIALE, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE, 151, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

ROSATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO

NORSCIA, giusta delega in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 755/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/08/2011 R.G.N. 1543/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/11/2016 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA;

udito l’Avvocato NORSCIA ANTONIO;

udito l’Avvocato BOZZI CARLO per delega verbale Avvocato MARESCA

ARTURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

inammissibilità dell’incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di precetto notificato il 28 aprile 2006 C.R. intimò a Soget s.p.a. (oggi SpA Equitalia Pragma, subentrata a Serit s.p.a.) il pagamento di presunti crediti derivanti dalla sentenza del Tribunale di Teramo del 19 giugno 2003. Con la predetta sentenza Serit s.p.a. era stata condannata a reintegrare il C. nel posto di lavoro, oltre a corrispondere le retribuzioni maturate. Per la realizzazione del credito il C. aveva proceduto, quindi, a pignoramento immobiliare per l’importo stabilito in sentenza. Proposta opposizione da parte della società, il Tribunale di Teramo, in accoglimento dell’opposizione, dichiarò insussistente il diritto del C. ad agire esecutivamente nei confronti della Spa Soget, dichiarando conseguentemente inefficaci l’atto di precetto ed i successivi atti di esecuzione forzata, rigettando, al contempo, la domanda riconvenzionale avanzata dal C. per il risarcimento dei danni.

2. A seguito di impugnazione del C., la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza 3/8/2011, confermò la decisione del giudice di primo grado. Rilevò che non spettavano al predetto le somme per le quali costui aveva agito, essendosi estinto il rapporto su cui si fondava la pretesa nell’ottobre 2002. Osservò che il dipendente, oltre ad aver impugnato giudizialmente il licenziamento intimato da Serit s.p.a., aveva esercitato anche l’azione ex art. 2932 c.c., nei confronti della Banca Popolare dell’Adriatico e che le due azioni erano tra loro incompatibili. Rilevò che tale ultima azione, unitamente all’inerzia protratta con riferimento alla messa in esecuzione della sentenza di reintegra nei confronti di Serit s.p.a, integrava comportamento concludente del lavoratore idoneo a esprimere la volontà di rinunciare alla reintegrazione nel rapporto in precedenza intrattenuto con Serit s.p.a. Evidenziò, inoltre, che il 24/10/2005 tra la Serit spa, la Banca Popolare dell’Adriatico ed il C. era intervenuta una transazione con la quale le parti avevano rinunciato ai contenziosi tra loro pendenti, dietro riconoscimento al C. del trasferimento presso la sede di Pescara della Banca e di tutte le retribuzioni nette maturate sino al 31/10/2002 (data della sentenza della Corte d’appello che aveva definito il contenzioso con la banca, con ricostituzione del rapporto nei confronti di quest’ultima). Osservò, infine, che era infondata la pretesa, prospettata in termini di solidarietà passiva, avanzata nei confronti della società concessionaria subentrata nelle more, essendo stato intrapreso il giudizio avente ad oggetto l’impugnativa di recesso prima che la Soget s.p.a. subentrasse nella gestione del servizio di riscossione e non avendo partecipato al giudizio la predetta società. Rilevò, altresì, che non poteva trovare applicazione l’art. 111 c.p.c., poichè il giudizio era proseguito tra le parti originarie e le statuizioni contenute nella sentenza non potevano spiegare alcun effetto nei confronti del successore a titolo particolare, essendo rimaste travolte nella transazione del 24/10/2005. Affermò, altresì, che non poteva trovare applicazione il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 63, comma 4, poichè tale norma contempla solo il diritto del lavoratore assunto dall’ex concessionaria ad essere mantenuto in servizio dal subentrante cessionario senza soluzione di continuità, ma non introduce alcun regime di solidarietà tra il vecchio e il nuovo concessionario. Rilevò che determinante in proposito era la circostanza che al momento del subentro della Soget s.p.a. alla Serit s.p.a. il C. era stato già licenziato, circostanza che aveva impedito l’operatività del principio della continuità del rapporto in ipotesi di mutamento soggettivo del concessionario.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il C. sulla base di due motivi. Le società resistono con controricorso, spiegando, altresì, ricorso incidentale condizionato, a sua volta resistito con controricorso. Equitalia Pragma s.p.a. e il C. hanno depositato memorie; quest’ultimo, inoltre, ha replicato con note d’udienza alla requisitoria del Sostituto Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. nonchè della L. 11 maggio 1990, n. 108, art. 1, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Rileva che la Corte d’appello avrebbe disatteso la pronuncia, ormai passata in giudicato, resa dalla stessa Corte ai sensi dell’art. 2932 c.c., la quale si sarebbe espressa nel senso della compatibilità dei due vincoli; non avrebbe tenuto conto, inoltre, del silenzio della sentenza del Tribunale di Teramo sul licenziamento. Osserva che la decisione sarebbe contrastante con le norme che ammettono la coesistenza di due rapporti di lavoro, nonchè con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, che attribuiscono un rilievo meramente economico all’occupazione medio tempore trovata dal lavoratore in ipotesi di statuizione di reintegrazione L. n. 300 del 1970, ex art. 18. Rileva, altresì, che la statuizione della Corte territoriale nei confronti della Banca ridonda anche nel rapporto tra il C. e la Serit s.p.a., poichè tale rapporto è stato preso in esame dalla citata sentenza.

1.2. Il motivo è infondato. In primo luogo è pacifico che le due società concessionarie non abbiano partecipato al giudizio instaurato dal ricorrente nei confronti della banca, con la conseguenza che non può trovare applicazione il principio di cui all’art. 2909 c.c.. E’ da considerare, inoltre, l’irrilevanza di qualsiasi statuizione contenuta nella sentenza emessa dal Tribunale di Teramo sul licenziamento, posto che i fatti posti a fondamento della decisione della Corte d’appello, intesi quali manifestazione della volontà di risolvere il rapporto con la concessionaria, sono successivi alla sentenza medesima, passata in giudicato il 28 agosto 2003. Infondate si palesano, inoltre, le argomentazioni che si incentrano sulla possibile duplicità delle prestazioni, sia perchè non sono concepibili due contemporanee prestazioni a tempo pieno, sia perchè la sentenza si fonda sul venir meno di uno dei rapporti per comportamento concludente del lavoratore. A tutto ciò si aggiungano i profili attinenti al difetto di specificità del ricorso, connessi all’omessa produzione delle due sentenze della cui rilevanza si discute (quella emessa dalla Corte d’appello nei confronti del C. a della Banca e quella emessa dal Tribunale di Teramo in materia di licenziamento).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in riferimento all’atto di transazione intervenuto il 24/10/2005, in relazione all’art. 360, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5. Rileva che la sentenza richiama una transazione intervenuta tra il ricorrente, la Serit s.p.a. e Banca Popolare. Che la stessa, essendo un contratto, va interpretata secondo le regole di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. e che non si rinviene nell’atto alcun elemento che possa far pensare a una rinuncia estensibile alla Soget s.p.a., soggetto terzo rispetto al contratto. Ribadisce la compatibilità del vincolo esistente con la banca con quello oggetto della pronuncia reintegratoria. Rileva che, in forza del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 63 e art. 111 c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale ridondava in favore del C. e le rinunce e concessioni contenute nella transazione erano prive di effetto nei confronti di Soget s.p.a., la quale non aveva partecipato alla transazione.

2.2. Anche la seconda censura è infondata. Richiamate in questa sede le ragioni già esposte con riferimento al motivo sub 1 con riguardo all’impossibilità di ravvisare la solidarietà passiva di Soget s.p.a., all’incompatibilità tra i prospettati vincoli nei confronti della società predetta e della Banca, e all’inoperatività nella fattispecie dell’art. 111 c.p.c., è da rilevare che corretta appare la ricostruzione della Corte territoriale, la quale non ha inteso estendere gli effetti della transazione alla Soget s.p.a., nè ha affermato la possibilità per quest’ultima di avvalersi di tale accordo, ma, piuttosto, ha ricostruito la volontà implicita del C. di rinunciare al rapporto di lavoro con la concessionaria sulla base della valutazione globale di plurime circostanze, tutte significative del suo disinteresse nei confronti del vincolo preesistente, ritenuto perciò definitivamente sciolto. Riguardo alla non operatività della solidarietà D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 63, è da rilevare, altresì, la correttezza dell’impostazione della Corte territoriale, che ha escluso che la portata della norma potesse essere idonea a introdurre alcun regime di solidarietà tra vecchio e nuovo concessionario, dal momento che la stessa contempla solo il diritto del lavoratore assunto dall’ex concessionaria ad essere mantenuto in servizio dal subentrante concessionario senza soluzione di continuità, ed essendo pacifico che al momento del subentro di Soget Spa a Serit Spa il C. era stato già licenziato da quest’ultima società.

3. Con ricorso incidentale condizionato la contro ricorrente espone: Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. e/o art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Rileva che il C. aveva censurato la sentenza di primo grado sotto vari profili, senza articolare motivi di gravame specifici ai sensi degli artt. 342 e 434 c.p.c., sostanzialmente reiterando le tesi difensive svolte dal primo giudice. Rileva che tale aspetto non era stato contestato in Cassazione e, dunque, doveva ritenersi ormai accertato. Di conseguenza l’appello era da ritenere inammissibile e la sentenza di primo grado era da intendersi già passata in giudicato.

3.2. Il ricorso è inammissibile per assoluta indeterminatezza e genericità, non essendo le doglianze corredate da adeguato supporto in termini di allegazione documentale a mente dell’art. 369 c.p.c., n. 4 e specifica indicazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo ai motivi di appello che si assumono non correttamente formulati. La declaratoria d’inammissibilità prevale sulla pronuncia di assorbimento alla luce del principio in forza del quale “Presupposto della dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato conseguente al rigetto del ricorso principale è l’ammissibilità del ricorso incidentale medesimo. Di vero, la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che consegue all’accertamento dell’infondatezza del ricorso principale (condizionante), comporta pur sempre un apprezzamento del merito dell’impugnazione condizionata, il quale, a sua volta, implica l’ammissibilità di questa e la subordinazione dell’interesse ad impugnare del ricorrente incidentale alla riconosciuta fondatezza del ricorso principale. Se il ricorso incidentale è invece a priori inammissibile, la subordinazione dell’interesse ad impugnare all’accoglimento, anche parziale, del ricorso principale non vale ad impedire alla Corte di cassazione l’esercizio del suo potere – dovere di accertarne e dichiararne l’inammissibilità, indipendentemente da qualunque eccezione sollevata dalle parti” (Cass. Sez. 2, n. 8732 del 26/06/2001, Rv. 547744 – 01).

4. In base alle svolte argomentazioni va rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile l’incidentale condizionato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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