Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6360 del 10/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 10/03/2017, (ud. 12/05/2016, dep.10/03/2017), n. 6360
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2321/2015 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,
ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
P.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 196/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI
SEZIONE DISTACCATA di SASSARI del 9/07/2014, depositata il
12/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
12/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del ricorrente che si
riporta agli scritti.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 12 maggio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con sentenza n. 196/2014 la Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, per il resto confermata, ed in parziale accoglimento dell’appello dell’INPS, ha condannato l’istituto previdenziale a riliquidare a P.M., con effetto dalla domanda amministrativa, la pensione in godimento per effetto del beneficio della rivalutazione contributiva conseguente ad esposizione ad amianto, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e succ. modificazioni ed integrazioni.
Il giudice di appello, per quel che ancora rileva, ha disatteso l’eccezione dell’INPS di improponibilità del ricorso giudiziale, per carenza di preventiva istanza amministrativa, osservando che tale istanza risultava presentata nel corso del giudizio di primo grado e che, costituendo il previo esperimento del procedimento amministrativo una delle condizioni dell’azione giudiziaria volta ad ottenere benefici e prestazioni previdenziali, tale requisito poteva essere integrato anche nel corso del giudizio, come espressamente previsto dall’art. 443 c.p.c..
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo con il quale ha dedotto violazione della L. n. 533 del 1973, artt. 7 e 8 e dell’art. 443 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4). Ha censurato la decisione per avere ritenuto proponibile la domanda giudiziaria e sostenuto che alcun effetto sanante era collegabile alla avvenuta presentazione della istanza amministrativa in corso di causa. Ritualmente evocata la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è manifestamente fondato. Come chiarito da questa Corte, infatti, la domanda amministrativa di prestazione previdenziale all’ente erogatore L. n. 533 del 1973, ex art. 7, è condizione di ammissibilità della domanda giudiziaria, diversamente dal ricorso introduttivo del procedimento contenzioso amministrativo ex art. 443 c.p.c., avendo disposto il legislatore che il privato non affermi un diritto davanti all’autorità giudiziaria prima che esso sia sorto, ossia prima del perfezionamento della relativa fattispecie a formazione progressiva, nella quale la presentazione della domanda segna la nascita dell’obbligo dell’ente previdenziale e, in quanto tale, non può essere assimilata ad una condizione dell’azione, rilevante anche se sopravvenuta nel corso del giudizio. (Cass. n. 732 del 2007). In questa prospettiva è stato precisato che mentre la sanzione della mera improcedibilini della domanda giudiziale – che, ai sensi dell’art. 443 c.p.c., è prevista per il caso di mancata proposizione dei ricorsi amministrativi avverso le determinazioni negative dell’ente previdenziale o per quello di mancato decorso del termine fissato per la loro definizione, e che determina la sospensione del processo fino alla decisione sul ricorso o al decorso dei termini previsti, termini che comunque non possono essere superiori a centottanta giorni – presuppone che l’interessato abbia provveduto a richiedere la prestazione e che sia intervenuta la determinazione negativa dell’ente, l’azione iniziata senza la presentazione in sede amministrativa della domanda comporta l’improponibilità della domanda giudiziale, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo (Cass. n. 317 del 1996).
Tali principi sono stati riaffermati da questa Corte con specifico riferimento al procedimento giudiziario inteso al riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, instaurato in assenza della domanda di rivalutazione contributiva (cfr., tra le altre, Cass. ord. 3746 2016 n. 25056 del 2015, n. 16152 del 2015, n. 24787 del 2014, n. 22113 del 2014, n. 21973/ del 2014).
Essendosi la sentenza impugnata discostata da tali principi il ricorso dell’INPS deve essere accolto in quanto manifestamente fondato.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza camerale”.
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, per la definizione camerale. A tanto consegue raccoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con declaratoria di improponibilità della originaria domanda.
Il consolidarsi solo in epoca successiva al deposito del ricorso di primo grado della giurisprudenza di legittimità soprarichiamata giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la originaria domanda.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2017