Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6623 del 14/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 14/03/2017, (ud. 20/01/2017, dep.14/03/2017),  n. 6623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20488-2015 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA

VILLANTE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

D.A., rappresentata e difesa dall’avvocato ENZO

BOSIO giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 766/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

20/02/2015, depositato il 02/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 20488/2015 il Cons. relatore ha depositato ex art. 380 bis c.p.c. la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c. osserva quanto segue.

G.G. ha presentato ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di Appello di Brescia del 2.3.2015 non notificato, che, in parziale riforma del provvedimento di primo grado (nel resto confermato), ha ridotto l’assegno di mantenimento in favore del figlio F., nato dalla relazione sentimentale con la ricorrente, nella misura di Euro 250,00 mensili.

Con il ricorso la parte evidenzia in un unico motivo violazione di legge ai sensi degli artt. 147, 148 e 337 ter c.p.c., nonchè la contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con particolare riferimento alla mancata considerazione da parte del giudice di appello del collocamento alternato del minore presso la dimora dei genitori, circostanza dalla quale conseguirebbe l’impossibilità di prevedere un assegno di mantenimento a suo carico.

Evidenzia la parte come la Corte d’Appello nella sua decisione non si sia soffermata neanche in modo marginale sulla paritaria collocazione del figlio presso i due genitori, con conseguente ingiustificata attribuzione a suo carico di un contributo di mantenimento, in violazione dei principi enunciati dall’art. 337 ter c.p.c., considerato che in alcun modo viene evidenziato come motivo uno dei criteri indicati nella norma in questione (tempi di permanenza, tenore di vita goduto in precedenza, risorse economiche di entrambi i genitori).

La Ga.Cl. resiste con controricorso.

In via preliminare occorre considerare come il ricorrente articoli due diversi motivi di ricorso in un unico contesto, ed in particolare in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, affronti la critica la provvedimento impugnato richiamando una insufficiente e contraddittoria motivazione, piuttosto che l’omessa considerazione di un fatto decisivo per il giudizio e al tempo stesso la violazione di legge conseguente alla asserita ricorrenza di insufficiente motivazione.

Questa Corte, si è già pronunciata in materia affermando che: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. SU n. 8053/2014, Rv. 629831, Botta, conformi Cass. SU n. 8054/2014, Rv. 629834, Botta, Cass. SU n. 25216/2014, Rv. 633425, Carluccio).

Ed ancora ha evidenziato che: “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. (Cass. SU, n. 24148/2013, Massera, Rv. 627790).

Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dalla Corte di Appello di Brescia in senso conforme a tale orientamento, evidenziando come le allegazioni della parte non si possano ritenere sufficienti a determinare un diverso regime di affidamento e mantenimento del minore F. in considerazione delle esigenze preminenti dello stesso, dell’attività lavorativa svolta dalla madre, dei momenti di condivisione di tempi e vita del minore già individuati dal provvedimento del giudice di primo grado e richiamati nel provvedimento della Corte di Appello.

Il decreto dunque analizza in modo puntuale gli elementi istruttori allegati ed emersi, si diffonde nell’analisi degli stessi in ordine alla ricorrenza delle condizioni per la attribuzione di un assegno di mantenimento in favore del minore, con la conseguenza che la mancata analisi espressa dei criteri di legge ex art. 337 ter c.p.c. (seppur esplicitati e considerati in fatto nella motivazione), non conduce in alcun modo alla mancata considerazione da parte del giudice di secondo grado di un fatto decisivo per il giudizio per come richiamato in ricorso, anzi esplicitamente valutato e richiamato a pag. 3 del provvedimento impugnato.

La considerazione degli impegni lavorativi della resistente, la valutazione di irrilevanza quanto alla circostanza allegata dal ricorrente in ordine alla influenza negativa esercitata dalla situazione della prima figlia della resistente, la necessità di tenere presente una continuità nel regime di vita del minore al fine di non stravolgerne le abitudini e la relazione costruttiva con la madre nel concreto regime di collocamento, evidenziano al contrario una motivazione specifica, analitica e logicamente articolata sul punto oggetto di discussione, che per la parte ricorrente sarebbe stato affrontato in modo insufficiente o contraddittorio.

Quanto alla violazione di legge richiamata nel medesimo motivo di ricorso, occorre considerare come, a parte una certa genericità della sua articolazione in mancanza di un chiaro riferimento alla parte o capo del decreto che si intende contestare, lo stesso si presenta del tutto infondato non avendo colto il portato della decisione del giudice di secondo grado, che ha evidenziato in modo analitico, considerando le esigenze di vita del minore, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, l’attività lavorativa della madre, la ricorrenza dei presupposti della normativa richiamata al fine di porre a carico del G. l’assegno di mantenimento in favore del minore (tra l’altro in misura ridotta rispetto a quanto stabilito dal giudice di primo grado).

Non si ravvisa dunque in alcun passaggio della motivazione del giudice di secondo grado la richiamata violazione di legge.

Ricorrono i requisiti di cui all’ad 375 c.p.c., per la trattazione in camera di consiglio.

Vista la memoria depositata dal ricorrente, che ha richiamato i medesimi argomenti posti a fondamento del ricorso;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il collegio condivide le conclusioni rassegnate nella relazione non utilmente contrastate dalle argomentazioni della memoria;

che in conclusione il ricorso va rigettato.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 2000,00, Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori. Oscuramento dati in caso di pubblicazione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2017

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