Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7249 del 22/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 22/03/2017, (ud. 27/10/2016, dep.22/03/2017),  n. 7249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RAM s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via V. Crisafulli n. 60, presso

l’avv. Francesco Blundo, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe

Blundo giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 294/31/10, depositata il 16

settembre 2010.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

ottobre 2016 dal Relatore Cons. Virgilio Biagio;

udito l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Zeno Immacolata, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, indicata in epigrafe, con la quale è stato rigettato l’appello dell’Ufficio e confermata l’illegittimità del recupero del credito d’imposta previsto, per nuovi investimenti in aree svantaggiate, dalla L. n. 388 del 2000, art. 8, utilizzato nel 2002 dalla RAM s.r.l. nonostante la sospensione disposta dal D.L. n. 253 del 2002.

Il giudice d’appello, premesso che il citato D.L. n. 253 del 2002, art. 1, dispose la sospensione dell’utilizzabilità del credito d’imposta in esame a decorrere dal 13 novembre 2002 (data di pubblicazione del decreto) e che la L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 7, abrogò tale norma facendone salvi gli effetti, ha ritenuto che “detta sospensione, con la data del 31.12.2002, di pubblicazione della citata norma, venne meno, seppure con effetto dal 01.01.2003, così legittimando l’utilizzo di detto credito nel predetto anno di imposta 2002, per tutti quei rapporti nei quali non fossero stati adottati atti e provvedimenti”; con la conseguenza che “è da ritenere non soggetto a recupero l’utilizzo che di detto credito si era effettuato dalla società appellata in data 13.11.2002, una volta abrogato il D.L. n. 253 del 2002, art. 1, per effetto del cit. L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 7”.

2. La RAM s.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 7, e 95, comma 3, censura la sentenza impugnata là dove il giudice d’appello ha affermato che l’abrogazione del D.L. n. 253 del 2002, art. 1, è avvenuta già il 31 dicembre 2002, così legittimando l’utilizzo del credito d’imposta nell’anno 2002, mentre la L. n. 289 è entrata in vigore l’1 gennaio 2003, ai sensi del citato art. 95, comma 3, della medesima.

Col secondo motivo, è denunciata la violazione dei menzionati il D.L. n. 253 del 2002, art. 1, e la L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), censurando la sentenza impugnata per avere il giudice a quo ritenuto illegittimo il recupero del credito d’imposta utilizzato dalla contribuente il 13 novembre 2002 in ragione dell’abrogazione, ad opera dell’art. 62 cit., della sospensione disposta dal D.L. n. 253, art. 1, senza tener conto che la norma abrogatrice aveva fatto salvi gli effetti prodotti dalla norma abrogata.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.

E’, infatti, consolidato il principio in base al quale la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 7, che ha disposto, con effetto dall’1 gennaio 2003, l’abrogazione del D.L. n. 253 del 2002, artt. 1 e 2, prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di disposizioni tributarie, vietata dalla L. n. 212 del 2000, art. 3; pertanto, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione disposta con il citato D.L. n. 253 del 2002 (Cass. nn. 24251 del 2011, 5324 del 2012, 4815 del 2014, 963 del 2015 ed altre).

Va, infine, chiarito, in relazione a quanto al riguardo osservato nel controricorso, che il 13 novembre 2002 (nel quale la contribuente aveva utilizzato in compensazione il credito) era proprio il giorno dell’entrata in vigore del D.L. n. 253 del 2002, art. 1, con la conseguenza che la sospensione dell’utilizzabilità del credito era efficace già dall’inizio di quel giorno.

2. I ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

3. Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è formata la giurisprudenza citata, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2017

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