Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7592 del 23/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.23/03/2017),  n. 7592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5324-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE

104, presso lo studio della signora ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO OPERAMOLLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1792/6/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 02/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Bari. Quest’ultima aveva parzialmente accolto l’impugnazione del contribuente contro un avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2008.

Nella sua decisione la CTR ha affermato, per un verso, che l’Ufficio avrebbe fatto uso del potere integrativo, senza la ricorrenza del presupposto richiesto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 (sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi, non conosciuti e non conoscibili al momento dell’originario atto accertativo) e, per altro verso, che la presunzione di distribuzione di utili extrabilancio sarebbe stata difficilmente ipotizzabile, a causa della conflittualità dei rapporti del V. con il resto della compagine societaria.

Il ricorso è affidato a due motivi.

Col primo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Assume l’Agenzia che, ai fini dell’esercizio del potere integrativo, l’elemento nuovo sarebbe stato costituito dall’accertamento di un reddito di capitale, derivante dalla partecipazione del V. alla Building Work s.r.l.

Col secondo, si invoca la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe errato nel ritenere privi di efficacia probatoria gli elementi presuntivi dedotti nell’atto impositivo e nell’attribuire effetti determinanti agli elementi forniti da controparte.

Entrambe le censure sono fondate.

Per un verso, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i dati non ancora in possesso dell’ufficio fiscale che ha emesso l’avviso di accertamento al momento dell’adozione di esso, costituiscono, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, elementi sopravvenuti, che legittimano l’integrazione o la modificazione in aumento dell’avviso di accertamento, mediante notificazione di nuovi avvisi, dovendosi limitare il contenuto preclusivo della norma al solo divieto di fondare il suddetto avviso integrativo sulla base di una mera rivalutazione o di un maggior apprendimento di dati già originariamente in possesso dell’ufficio procedente (Sez. 5, n. 576 del 15/01/2016).

Nella specie, agli accertamenti sulla VSM Immobiliare s.r.l., che avevano dato luogo al primo accertamento, si erano aggiunti quelli successivi a carico della Building Work s.r.l., che costituivano sicuramente un elemento nuovo e che avevano originato il secondo avviso, mentre il terzo avviso non era un atto integrativo, bensì un atto di rettifica in autotutela, non disciplinato dunque dai presupposti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.

Per altro verso, in materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale. (Sez. 5, n. 15824 del 29/07/2016; Sez. 6 – 5, n. 25271 del 28/11/2014).

Invero, la presunzione dell’Ufficio si appoggiava agli accertamenti a carico delle due società, di cui il V. era socio, mentre gli elementi addotti dalla CTR per giustificare il superamento della suddetta presunzione – anche a voler prescindere dall’errore della sentenza impugnata, circa la sostanziale inversione dell’onere della prova – è legato ad elementi probabilistici ed astratti (la conflittualità del contribuente con gli altri soci), del tutto inconsistenti per dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore.

S’impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio per nuova valutazione alla CTR Puglia, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra esposti e provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla CTR Puglia, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2017

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