Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8284 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/03/2017, (ud. 03/03/2017, dep.30/03/2017),  n. 8284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 869/2016 proposto da:

V.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

VOLTA 45 SC B INT 2, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE

BENEVENTO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO BRUNO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO

GUIDA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 701/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 02/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Salerno, con sentenza in data 2 gennaio 2012, nei giudizi riuniti riguardanti le opposizioni a decreto ingiuntivo proposte da alcuni condomini per il pagamento di importi non corrisposti, ha dichiarato cessata la materia del contendere per il giudizio n. 8335/1992, relativo a B.A. e Ar., mentre ha rigettato l’opposizione proposta da V.L., G. e R. nel giudizio n. 8334/1992, nonchè quella proposta da V.V. nel giudizio n. 379/1995 e quella di G.M. nel giudizio n. 380/1995, condannando gli opponenti al pagamento delle spese processuali.

Con sentenza in data 2 novembre 2015, la Corte d’appello di Salerno ha accolto l’appello proposto da V.V. e ha revocato il decreto ingiuntivo opposto, compensando tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Salerno ricorre V.V. sulla base di un unico motivo.

Il Condominio resiste con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Il motivo di ricorso (con cui si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e art. 92 c.p.c., comma 2, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in merito alla decisione di compensazione delle spese dei due gradi contenuta nell’impugnata sentenza) appare manifestamente infondato in quanto, in tema di spese processuali e con riferimento al testo dell’art. 92 c.p.c., nella sua versione anteriore alla sostituzione intervenuta per effetto della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), (e succ. modif. ed integr.), applicabile, per effetto della proroga disposta dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39-quater, convertito, con modif., nella L. 23 febbraio 2006, n. 51, ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 1 marzo 2006 (fra cui non rientra, quindi, quello in esame), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” doveva soltanto trovare un adeguato supporto motivazionale. A tal fine, non era necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso fossero chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che doveva ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contenessero in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si desse atto, nella motivazione del provvedimento, di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e la pretesa azionata in giudizio (cfr. Cass., Sez. U., 30 luglio 2008, n. 20598; Cass. 2 dicembre 2010, n. 24531; Cass. 4 febbraio 2015, n. 1997). Nella specie, la motivazione data dalla Corte d’Appello, – che ha fatto riferimento all’espressione, da parte dell’attuale ricorrente, del voto in favore della tabella derogativa di quella millesimale – si sottrae alle censure sollevate, avendo posto in rilievo come la parte, con il suo comportamento, avesse contribuito a determinare la nullità della deliberazione assembleare del 16 gennaio 1989, posta poi alla base dei piani di riparto contestati.

Conseguono il rigetto del ricorso e la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione di cui al ricorso R.G. 411/2015, integralmente rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Relazione preliminare redatta dall’assistente di studio Dott. G.G..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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