Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8478 del 31/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/03/2017, (ud. 25/01/2017, dep.31/03/2017),  n. 8478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14146-2015 proposto da:

S.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA VIA

VALDINIEVOLE, 11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI

MORANDI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

RO/L/, VIA CESARE BECCARLA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8750/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/01/2017 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

RILEVATO:

1. che la Corte di appello di Roma ha respinto l’appello di S.M.R. avverso la decisione di primo grado con la quale era stata dichiarata improcedibile la domanda della detta S. intesa al conseguimento dell’indennità di accompagnamento ed ha condannato la appellante alla rifusione delle spese di lite come in dispositivo quantificate e delle spese di cm liquidate con separato decreto;

1.1 che la statuizione di condanna alle spese di lite di e di cm, l’unica ancora rilevante in questa sede, è stata giustificata dalla inidoneità della dichiarazione formulata dalla interessata ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., in quanto priva della concreta indicazione dell’entità del reddito percepito;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.M.R., sulla base di un unico motivo;

3. che l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso;

CONSIDERATO:

4. che l’unico motivo di ricorso, con il quale, deducendosi violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., si censura la decisione per averla affermato la inidoneità della dichiarazione in atti a determinare l’esonero dalle spese di lite, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., è manifestamente fondato;

4.1 che la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che “l’interpretazione letterale e logico – finalistica della norma rende evidente che il legislatore non ha voluto prevedere alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere e soprattutto che si è limitato a subordinare l’esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione suindicata, senza prevedere che, nell’ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto anche l’impegno a comunicare le variazioni reddituali rilevanti. Di ciò si trova ulteriore conferma nel fatto che il rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79 è limitato ai commi 2 e 3 di tale articolo e non riguarda, quindi, il comma 1 ove – ai fini ivi previsti, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – è specificamente indicato il contenuto dell’istanza, stabilito a pena di inammissibilità e comprendente anche l’impegno ad effettuare la comunicazione delle variazioni reddituali rilevanti (peraltro, per una interpretazione non formalistica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, vedi, mutatis mutandis: Corte costituzionale, ordinanza n. 144 del 2004).

E’ questo un ulteriore sintomo della permanenza della originaria ratio di favorire la tutela di diritti costituzionalmente garantiti (come quelli che normalmente si fanno valere nelle controversie previdenziali o assistenziali): la nuova normativa, pur essendo diretta ad evitare e punire più efficacemente gli abusi, tuttavia, avuto riguardo anche ai peculiari connotati pubblicistici che caratterizzano le controversie in argomento, non impone all’interessato di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione in oggetto secondo uno schema rigido e predeterminato per legge, così come non gli richiede di rinnovare la suddetta dichiarazione in tutti i diversi gradi del processo: è sufficiente adempiere l’onere autocertificativo con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado salvo restando comunque, fino all’esito definitivo del processo, l’impegno di comunicare le variazioni reddituali eventualmente rilevanti (Cass. 12 maggio 2009 n. 10875; Cass. 21 luglio 2010. n. 17197)” (Cass. n. 13367 del 2011);

4.2 che è stato altresì precisato, analogamente a quanto ritenuto in tema di esclusione dell’obbligo di specifica assunzione dell’impegno a comunicare le variazioni di reddito rilevanti previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, che il significato normativo da attribuire alla circostanza che il legislatore, nel delineare l’onere autocertificativo a carico dell’interessato, si è limitato a richiamare i commi secondo e terzo del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, commi 2 e 3 e non anche il primo, è da intendersi nel senso della non necessità che nella dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c. sia specificata anche la concreta entità del reddito, in quanto è l’art. 79 cit., comma 1, che disciplina il contenuto dell’istanza per l’ammissione al gratuito patrocinio, ad esigere, espressamente, che la dichiarazione sostitutiva di certificazione, attestante la sussistenza delle prescritte condizioni di reddito, contenga “la specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’art. 76”. (Cass. ord. n. 24303 del 2016, n. 24587 del 2016);

5. che in continuità con i richiamati precedenti il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata;

5.1 che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con declaratoria di irripetibilità delle spese del giudizio di appello;

6. che le spese del presente giudizio sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara irripetibili le spese del giudizio di appello, ivi comprese quelle di ctu. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2017

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