Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9114 del 07/04/2017
Cassazione civile, sez. II, 07/04/2017, (ud. 29/09/2016, dep.07/04/2017), n. 9114
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6411/13) proposto da:
L.V.R., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale
a margine del ricorso, dall’Avv.to Mariagrazia Caruso del foro di
Catania e domiciliata presso la cancelleria della Corte di
Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
– ricorrente –
contro
G.S., rappresentata e difesa dall’Avv.to Walter
Giuffrida del Foro di Enna Nicosia, in virtù di procura speciale
apposta a margine del controricorso, e domiciliata presso la
cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
– controricorrente –
contro
M.G., rappresentato e difeso dall’Avv.to Sergio Fiorito
del Foro di Catania, in virtù di procura speciale apposta a margine
del controricorso, e domiciliato presso la cancelleria della Corte
di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1639
depositata il 19 novembre 2012. Udita la relazione della causa
svolta nell’udienza pubblica del 29 settembre 2016 dal Consigliere
relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che – in assenza delle parti –
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il
rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 20 novembre 1998 L.V.R. evocava, dinanzi al Tribunale di Catania, i coniugi M.G. e G.S., esponendo che con scrittura privata del (OMISSIS) i convenuti avevano promesso in vendita la nuda proprietà di un appartamento sito in (OMISSIS), del quale ne aveva già acquistato l’usufrutto con precedente atto pubblico del (OMISSIS), per il corrispettivo di Lire 50.000.000, prevedendo nella stessa scrittura la transazione di una controversia precedentemente insorta fra loro, con pagamento in suo favore, da parte del M., dell’importo di Lire 100.000.000; in sintesi, la scrittura le attribuiva la facoltà di scegliere, entro il termine del 30.10.1998, se chiedere l’esecuzione in forma specifica del preliminare ed il pagamento di Lire 50.000.000 ovvero la risoluzione dello stesso ed il pagamento di Lire 100.000.000; aggiungeva che malgrado la scadenza del termine e l’invio di diffida ad adempiere da parte sua, i convenuti si erano rifiutati di stipulare il definitivo, per cui chiedeva venisse pronunciata sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso con condanna dei convenuti al pagamento, in suo favore, dell’importo di Lire 50.000.000.
Instaurato il contraddittorio, il M. si costituiva senza opporsi alla domanda, mentre la G. contestava la scrittura in questione, giacchè come altre precedenti, fatte oggetto di diversi giudizi, era stata compilata a sua insaputa dalla L.V. e dal M., i quali intrattenevano da tempo una relazione, allo scopo di depauperarla progressivamente e pertanto, disconosciuta in principalità la propria sottoscrizione, domandava in subordine che il contratto venisse annullato – assumendo che la firma le era stata carpita con dolo dal coniuge -, nonchè la condanna dell’attrice al risarcimento del danno da lite temeraria. Il giudice adito, accertata la falsità della sottoscrizione apposta a nome di G., rigettava la domanda proposta dall’attrice nei confronti di detta convenuta, condannando il M. al pagamento, in favore della L.V., dell’importo di Euro 25.822,84.
In virtù di rituale appello interposto dalla L.V., la Corte di appello di Catania, nella resistenza dell’appellata, la quale per l’ipotesi in cui fosse stato ritenuto non validamente disconosciuto il documento da parte sua, proponeva appello incidentale contenente querela di falso, mentre il M. aderiva alle conclusioni dell’appellante principale, rigettava il gravame, confermando la sentenza appellata.
A fondamento della decisione adottata la corte territoriale, ritenuta l’ammissibilità del disconoscimento e richiamate le risultanze dell’istruttoria da cui era emersa la falsità della sottoscrizione, rilevava che non poteva farsi luogo al trasferimento coattivo della nuda proprietà dell’immobile, mancando il consenso di uno dei comproprietari, nè tantomeno della sola quota di proprietà del M., dovendosi presumere che nel preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa le singole manifestazioni di volontà provenienti dai coniugi fossero prive di autonomia e destinate a fondersi in un’unica dichiarazione negoziale.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Catania ha proposto ricorso L.V.R., sulla base di un unico motivo. Gli intimati hanno depositato distinti controricorsi, il M. aderendo alle conclusioni della ricorrente, resistendo la G..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, vizio di motivazione e nullità della sentenza in relazione all’art. 177 c.c., art. 184 c.c., comma 2, artt. 189 e 190 c.c., dolendosi del fatto che la Corte d’Appello non abbia disposto il trasferimento coattivo dell’intero bene, in esecuzione del contratto preliminare, avuto riguardo alla falsità della sottoscrizione della G..
Sostiene infatti che ciascuno dei coniugi in regime di comunione legale nei rapporti con i terzi può disporre dell’intero bene comune anche senza il consenso dell’altro, salva la possibilità per quest’ultimo di chiedere la reintegrazione della comunione o, nel caso di bene immobile, di agire per l’annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 184 c.c., comma 2. Osserva, altresì, che nella specie, non essendosi verificata tale evenienza, non dovevano esservi ostacoli all’esecuzione del preliminare.
Il motivo non può trovare ingresso.
Va premesso che nelle censure di appello (essendo l’esame dell’atto di appello consentito dalla natura del vizio denunciato) l’appellante si è limitata a denunciare l’erroneità della pronuncia del giudice di prime cure laddove ha ritenuto la non autenticità della firma ” G.S.”, richiedendo la parziale riforma così concludendo, testualmente, “…dichiarare che la firma di G.S. apposta in calce alla scrittura per cui è causa del (OMISSIS) non è stata disconosciuta da essa G.S. e ritenere di conseguenza che la superiore scrittura del (OMISSIS) si ha per riconosciuta ai sensi e agli effetti dell’art. 215 c.p.c.”.
Sul punto dedotto con il ricorso, in particolare circa il mancato trasferimento coattivo dell’intero bene, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 184 c.c., comma 2, non risulta intervenuta nessuna pronuncia dei giudici di appello, trattandosi di questione che non risulta prospettata nei giudizi di merito, avendo – anzi – introdotto per la prima volta in causa con la comparsa conclusionale depositata in primo grado il differente profilo del trasferimento coattivo della sola quota di proprietà del M. (v. pag. 15 della sentenza impugnata).
Ciò comporta che trattandosi di questione nuova, il relativo scrutinio in sede di legittimità non è ammissibile perchè introduce una questione che non aveva formato oggetto di contraddittorio nel giudizio di appello.
Costituisce consolidata giurisprudenza di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. n. 4787 del 2012).
Come questa Corte ha già affermato, infatti, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. n. 2140 del 2006).
Alla stregua delle suddette argomentazioni, appare certo che il rilievo del vizio in cui sarebbe incorsa la sentenza della corte di merito costituisce una questione nuova, non proponibile in questa sede per non essere stata validamente posta con i motivi d’appello, con la conseguenza che il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo quanto alla G., mentre in considerazione della linea difensiva assunta dall’altro contro ricorrente, di adesione alle posizione della ricorrente, vanno interamente compensate fra le restanti parti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione in favore della G., che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge;
dichiara compensate le spese processuali fra le restanti parti.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. C.F..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2017