Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9883 del 19/04/2017

Cassazione civile, sez. lav., 19/04/2017, (ud. 01/02/2017, dep.19/04/2017),  n. 9883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27134-2014 proposto da:

N.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CASALE STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RUSSO, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.I. S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO GRANOZZI, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 496/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/05/2014 R.G.N. 471/13;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2017 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso

incidentale. udito l’Avvocato ANTONIO RUSSO;

udito l’Avvocato NANNA BUTTAFOCO per delega Avvocato GAETANO

GRANOZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Catanzaro confermava la pronuncia di primo grado con cui era stata respinta la domanda proposta da N.L. nei confronti della s.p.a. P.I., intesa a conseguire la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli in data 28/11/2007. A fondamento del decisum la Corte distrettuale osservava, in estrema sintesi, che al ricorrente era stato contestato il compimento di gravi irregolarità di cassa, registrate in data (OMISSIS); che in particolare, l’episodio risalente all’anno (OMISSIS) era stato accertato nel corso della attività ispettiva conclusasi con relazione in data (OMISSIS); che l’atto di incolpazione formulato il 9/11/2007, pur palesandosi eccessivo, con particolare riferimento all’episodio risalente al (OMISSIS), non vulnerava il principio di immediatezza della contestazione, giacchè ne rispettava la ratio, individuata nell’esigenza di salvaguardare il diritto di difesa dell’incolpato, e nella specie adeguatamente esercitato dalla parte interessata; che i comportamenti addebitati e posti in essere dal lavoratore, il quale aveva addotto giustificazioni non assistite da credibilità, ledevano in guisa irreparabile il legame fiduciario sotteso al rapporto di lavoro.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il N., affidato a due motivi.

Resiste con controricorso la s.p.a. P.I. che spiega ricorso incidentale sostenuto da unico motivo illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, sotto il profilo di violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 si critica la statuizione emessa dai giudici del gravame, in tema di tempestività della contestazione rispetto al fatto disciplinarmente rilevante.

Ci si duole che non si sia tenuto conto del principio, pure affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il principio di immediatezza della contestazione sia volto a tutelare non solo il diritto di difesa, ma anche l’affidamento del prestatore in caso di ritardo nella contestazione, che il fatto addebitato possa rivestire una connotazione disciplinare.

2. Con il secondo motivo si denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Si lamenta che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che il ricorrente era stato inviato a dirigere l’ufficio postale di (OMISSIS), senza possedere i necessari requisiti.

3. Con unico motivo del ricorso incidentale spiegato in via condizionata, la società denuncia omessa considerazione di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Deduce che la Corte distrettuale, pur ritenendo l’immediatezza del recesso a causa del realizzato pieno diritto di difesa del lavoratore, abbia poi contraddittoriamente affermato che il datore di lavoro aveva lasciato trascorrere quasi un anno dal momento in cui aveva avuto piena contezza dell’effettivo svolgimento dei fatti, prima di contestarli al lavoratore, lasciando decorrere un lasso temporale eccessivo e privo di giustificazione alcuna.

Si duole al riguardo, che la Corte abbia omesso ogni motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio, ovverosia che nell’intervallo di tempo fra la chiusura del verbale ispettivo e la lettera di contestazione, vi era stata la preventiva applicazione di misure cautelari non disciplinari consistenti nella adibizione provvisoria presso altro ufficio, poi comminata con nota del 5/4/2006, nel corso delle indagini, in sospensione cautelare dal servizio con conservazione della retribuzione sino alla data del licenziamento.

4. Il primo motivo del ricorso principale e quello che sorregge il ricorso incidentale, per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, possono congiuntamente esaminarsi.

Entrambi sono fondati per le ragioni di seguito esposte.

5. Con riferimento alla prima censura formulata dal N., in via di premessa, va rimarcato come il comma secondo della L. n. 300 del 1970, art. 7 preveda che l’adozione del provvedimento disciplinare sia preceduta dalla contestazione dell’addebito (oltre che dalla audizione dell’interessato a sua difesa), conferendo in tal modo certezza ed immutabilità al contenuto della infrazione, scopo primario della contestazione. Valorizzando la ratio che la sorregge, i requisiti fondamentali della contestazione – la cui violazione vizia il procedimento disciplinare determinando la nullità del provvedimento sanzionatorio irrogato – sono stati dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità, individuati nella specificità, immediatezza ed immutabilità.

Detti requisiti sono volti a garantire il diritto di difesa del lavoratore incolpato, diritto che sarebbe compromesso qualora si consentisse al datore di lavoro di intimare il licenziamento in relazione a condotte rispetto alle quali il dipendente non è stato messo in condizione di discolparsi, perchè non adeguatamente definite nelle loro modalità essenziali, ed essere così esattamente individuabili; perchè diverse dalle condotte oggetto della iniziale contestazione; perchè non tempestivamente contestate.

6. Con peculiare riferimento a detto ultimo elemento è stato osservato come l’incolpazione ritardata, in quanto formulata a notevole distanza di tempo dal fatto addebitato, non solo si presenti pregiudizievole per un pieno esercizio del diritto di difesa, ma sia idonea a fondare la presunzione di mancanza di concreto interesse del datore di lavoro all’esercizio del potere di recesso (ex multis, vedi Cass. 17/12/2008 n. 29480, Cass. 23/6/1999 n. 6408) o, e in altre parole, di pretestuosità del motivo addotto. Questa ragione giustificativa della regola di immediatezza della contestazione è pressochè coincidente con quella che connette l’onere di tempestività al principio di buona fede oggettiva e più specificamente al dovere di non vanificare la consolidata aspettativa, generata nel lavoratore, di rinuncia all’esercizio del potere disciplinare. Si tratta di una sorta di decadenza dal potere (nel sistema tedesco: Verwirkung), derivante dalla violazione del più generale divieto di venire contra factum proprium (vedi in motivazione, Cass. cit. n.29480/2008, Cass. 10/11/1997 n. 11095).

Ciò premesso, non può tralasciarsi di considerare che la Corte distrettuale, nel proprio incedere argomentativo, pur riscontrando un cospicuo divario temporale fra il deposito della relazione ispettiva (15/12/2006) e la contestazione degli addebiti (9/11/2007) definito eccessivo e privo di “giustificazione alcuna”, ha poi escluso, richiamandosi alla nozione giurisprudenziale di relatività della nozione di immediatezza della contestazione, che tale divario potesse ridondare in termini di violazione del principio considerato in guisa tale da compromettere le esigenze difensive del lavoratore.

Nello scrutinio della fattispecie concreta è dunque mancato il doveroso richiamo anche all’ulteriore ratio che ispira questa regola e che, per quanto innanzi detto, attiene al rispetto delle clausole generali della correttezza e buona fede di guisa che l’intervallo temporale fra l’intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore assume rilievo in quanto rivelatore di una implicita valutazione, da parte del datore, di scarsa gravità dei fatti contestati ovvero di una sopravvenuta mancanza di interesse del datore di lavoro all’esercizio della facoltà di recesso.

7. Sotto altro versante, la sentenza impugnata palesa innegabili carenze motivazionali laddove omette di conferire rilievo alle circostanze – pur tempestivamente dedotte dalla società sin dalla memoria di costituzione di primo grado, come specificamente riportato nel presente ricorso per il principio di autosufficienza – decisive per il giudizio, perchè attinenti alla adozione da parte datoriale del provvedimento di sospensione cautelare del dipendente con diritto alla retribuzione, disposta con decorrenza 5/4/2006, allorquando gli accertamenti ispettivi risultavano ancora in corso.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, invero, l’intervallo temporale, fra l’intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore, assume rilievo in quanto rilevatore di una mancanza di interesse del datore di lavoro all’esercizio della facoltà di recesso; con la conseguenza che, nonostante il differimento di questo, la ritenuta incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto, può essere desunta da misure cautelari (come la sospensione) adottate in detto intervallo dal datore di lavoro, giacchè tali misure – specialmente se l’adozione di esse sia prevista dalla disciplina collettiva del rapporto dimostrano la permanente volontà datoriale di irrogare (eventualmente) la sanzione del licenziamento (così, ex plurimis, Cass.19/8/2004 n.16291, Cass. 2/2/2009 n. 2580, cui adde Cass. 19/6/2014 n. 13955).

8. Alla stregua delle superiori argomentazioni, anche il ricorso incidentale proposto dalla s.p.a. P.I. va dunque accolto, stante il vizio motivazionale che lo connota alla luce del novellato disposto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che si traduce nell’omesso esame del fatto storico testè descritto, risultante dagli atti processuali ed oggetto di discussione, avente carattere decisivo ai fini della soluzione delle questioni devolute alla cognizione della Corte.

9. In definitiva, accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbito logicamente il secondo, ed accolto altresì il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e rimessa allo cognizione della Corte di merito designata in dispositivo che provvederà allo scrutinio della fattispecie alla luce dei principi innanzi enunciati, decidendo anche sulle spese inerenti al presente giudizio di legittimità a norma dell’art. 385 c.p.c..

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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