Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10288 del 26/04/2017


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Cassazione civile, sez. II, 26/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.26/04/2017),  n. 10288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso 25038-2012 proposto da:

P.A. (OMISSIS), P.A. (OMISSIS), P.F.

(OMISSIS), C.C. (OMISSIS), C.P. (OMISSIS),

elettivamente domiciliate in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II 269,

presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che le rappresenta

e difende unitamente agli avvocati MARIA GRAZIA GONZATI, ANGELO

PROSERPIO, ACHILLE SALETTI;

– ricorrenti e c/ricorrenti al ric. successivo –

contro

SECOTER S.r.l. c.f. (OMISSIS), in persona dell’amministratore e

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE PORCU;

– ricorrente successivo e c/ricorrente al ricorso principale –

contro

CA.RO. (OMISSIS), CA.FI.AM. (OMISSIS),

CA.GI. (OMISSIS), U.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA DEI CONCIATORI 3, presso lo studio dell’avvocato LORETA

UTTARO, rappresentati e difese dagli avvocati DAVIDE LONGHI e

FRANCESCO GRASSO;

– controricorrenti al ricorso principale e successivo –

avverso la sentenza n. 2549/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. COSENTINO ANTONELLO;

udito l’Avvocato ROMANO VACCARELLA, difensore dei ricorrenti e

controricorrenti al ricorso successivo, che ha chiesto

l’accoglimento delle difese in atti;

udito l’Avvocato LORETA UTTARO, con delega dell’Avvocato FRANCESCO

GRASSO difensore dei controricorrenti ai ricorsi, che si è

riportata alle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso

incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato nel 2006 la società Secoter s.r.l. – che nel 2005 aveva acquistato dai signori Ro., Fi. e Ca.Gi., U.M. e P.C. una porzione del complesso immobiliare sito in (OMISSIS), denominato Corte Colmegna – convenne davanti al tribunale di Busto Arsizio le signore P.A., P.A., P.F., C.C. e C.P., proprietarie di porzioni immobiliari confinanti, per sentir determinare il confine tra le proprietà delle parti ai sensi dell’art. 950 c.c..

Le convenute si costituivano chiedendo in via riconvenzionale, tra l’altro, l’accertamento della loro proprietà esclusiva sull’andito di accesso al cortile e su una striscia cortilizia antistante detto andito, nonchè la comproprietà, con la società attrice, della residua parte del cortile.

Chiamati in garanzia i danti causa della Secoter s.r.l., Ro., Fi. e Ca.Gi. e U.M., e compiuta l’istruttoria, il tribunale emise la seguente pronuncia:

“Dichiara che l’andito di porta e lo spazio immediatamente precedente di cui al numero 1 e lettera A, planimetria incartata nella presente sentenza, sono di proprietà comune indivisamente fra attore e convenuti meglio in epigrafe indicati; dichiara che, per l’effetto, l’attore ha diritto di usare gli spazi di cui al capo che precede per il passo pedonale e carraio nonchè per la posa di condotte e così i convenuti hanno diritto di usare detti spazi per il passo pedonale; dichiara che lo spazio di cui al numero 24, detta planimetria, è di proprietà dei convenuti; dichiara che proprietario esclusivo dello spazio 2 di cui alla detta planimetria è la società attrice; rigetta le altre domande”.

La sentenza del tribunale veniva impugnata tanto, con appello principale, dalle originarie convenute, quanto, con appello incidentale, dalla Secoter.

Le sigg.re P./ C. chiedevano, con l’appello principale, la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui la stessa le aveva dichiarate comproprietarie, anzichè proprietarie esclusive, dell’andito di porta n. 1 e della porzione cortilizia sub A di cui alla planimetria inserita nella sentenza di primo grado; nonchè nella parte in cui tale sentenza, pur riconoscendo la loro comproprietà su dette porzioni immobiliari, limitava la loro facoltà di godimento sulle stesse al solo passo pedonale.

La Secoter chiedeva, con l’appello incidentale, la riforma della sentenza di primo grado per non aver ordinato la cancellazione della trascrizione della domanda riconvenzionale effettuata sul cortile indicato con il numero 2 nella suddetta planimetria, per aver riconosciuto alle convenute la comproprietà dell’andito di porta indicato con il numero 1 nella medesima planimetria e per aver ignorato la domanda di manleva dalla stessa proposta nei confronti dei chiamati in causa.

La corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale della Secoter; ha rigettato l’appello principale delle signore P./ C., fatta eccezione per il punto relativo alla limitazione del loro diritto di passo, che ha qualificato “come passo non solo pedonale”, sull’andito di porta n. 1 e sulla porzione cortilizia sub A di cui alla planimetria inserita nella sentenza di primo grado; ha ordinato la cancellazione della trascrizione della domanda riconvenzionale delle signore P./ C. sui beni dalle stesse rivendicati. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto separati ricorsi per cassazione tanto le signore P.A., P.A., P.F., C.C. e C.P., quanto la Secoter; entrambe tali parti, così come Ro., Fi. e Ca.Gi. e U.M., hanno altresì depositato controricorso in replica alle avverse deduzioni.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 24.1.17, per la quale solo le sig.re P./ C. hanno depositato una memoria e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Iniziando dall’esame del ricorso P./ C., il Collegio osserva quanto segue.

Con primi tre motivi si attinge la statuizione della corte distrettuale secondo cui l’atto di acquisto del sig. P.M., dante causa delle sigg.re P./ C., rogato dal notaio B. del 1919, non avrebbe avuto ad oggetto l’andito di porta rappresentato con il n. 32 nella planimetria allegata a tale atto e riprodotta fotostaticamente a pag. 16 del ricorso per cassazione. In particolare, con il primo motivo, riferito al vizio di violazione di legge (artt. 1362 e 1363 c.c.), si argomenta che la suddetta statuizione sarebbe effetto di un’interpretazione dell’atto B. viziata per non avere la corte distrettuale tenuto conto delle complessive previsioni di tale atto, vale a dire trascurando l’esame dei confini, il rilievo che l’andito era stato indicato come gravato da servitù di terzi, il fatto che sulla planimetria allegata all’atto il medesimo andito risultasse evidenziato con la colorazione giallognola adottata per distinguere i cespiti oggetto di trasferimento, nonchè, infine, le stesse conclusioni del C.T.U..

Il motivo va disatteso, perchè si risolve nella riproposizione in sede di legittimità di questioni di merito; esso infatti attinge non il ragionamento interpretativo svolto nella sentenza gravata, ma l’esito a cui tale ragionamento è pervenuto; laddove, come ancora di recente ribadito da questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (sent. n. 2465/15).

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso attingono la medesima suddetta statuizione dell’impugnata sentenza sotto il profilo del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, riferito, nel secondo motivo, all’omessa valutazione delle planimetrie e dei confini degli immobile trasferiti con l’atto B. del 1919 e, nel terzo motivo, all’omessa considerazione delle risultanze peritali.

Anche tali motivi, da trattare congiuntamente, vanno disattesi, perchè si risolvono in una istanza di revisione, da parte della Corte di cassazione, delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito. Essi risultano dunque inammissibili, perchè, come questa Corte ha più volte affermato (cfr. sent. n. 7972/07), nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito. Va altresì aggiunto che, come pure questa Corte ha già chiarito, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (sent. n. 16499/09).

Il quarto e quinto motivo attingono, entrambi con riferimento al vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, la statuizione che ha negato la proprietà esclusiva delle sigg.re P./ C. (riconoscendo alle stesse soltanto la comproprietà) sulla porzione cortilizia che, nella planimetria inserita nel corpo della sentenza di primo grado (originariamente allegata come doc. “u” alla relazione del C.T.U. e fotostaticamente riprodotta a pag. 22 del ricorso per cassazione), viene identificata con la lettera “A”, costituente prosecuzione della striscia identificata con il n. 24.

In particolare, con il quarto motivo si lamenta la mancata considerazione della circostanza che le porzioni cortilizie identificate in detta planimetria con la lettera “A” e con il n. 24 compongono un’unica striscia di cortile che nella planimetria allegata all’atto B. del 1919 era unitariamente identificata con il n. 35 ed era colorata in giallognolo, conseguentemente rientrando nel compendio ceduto a P.M. e da costui pervenuto, in parte qua, alle sigg.re P./ C.; nonchè la mancata considerazione che nell’atto di divisione tra gli aventi causa di P.M. del compendio da costui acquistato con l’atto B. (atto divisionale rogato dal notaio S. nel 1959) l’intera striscia cortilizia che nella planimetria allegata all’atto B. del 1919 era identificata con il n. 35 (e che nella planimetria allegata all’atto S. era colorata in tinta terrea) risultava inclusa nel compendio oggetto di divisione.

Con il quinto motivo si lamenta nuovamente, con riferimento all’accertamento operato nella sentenza gravata in ordine alla proprietà della striscia di cortile identificata con il n. 35 nella planimetria allegata all’atto B. del 1919, l’omessa considerazione delle risultanze peritali.

Anche tali motivi si risolvono, entrambi, nella inammissibile prospettazione di questioni di merito in sede di legittimità; anch’essi vanno dunque rigettati, per le medesime considerazioni già svolte con riferimento ai primi tre motivi del ricorso P./ C., alle quali va altresì aggiunto l’ulteriore rilievo che, per integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (anche nel testo anteriore alla modifica recata dal decreto legge n. 83/12), è necessaria l’omessa o insufficiente motivazione su circostanze specifiche “di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito” (così Cass. nn. 25756/14, 24092/13, 14973/06); nella specie, le circostanze in relazione alle quali la difesa P./ C. denuncia l’insufficiente motivazione della statuizione concernete la proprietà della striscia di cortile identificata con il n. 35 nella planimetria allegata all’atto B. del 1919 difettano del requisito della decisività.

Con il sesto motivo del loro ricorso le sigg.re P./ C. denunciano la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa pronunciando oltre i limiti del motivo di appello con cui esse avevano censurato la statuizione della sentenza di primo grado che – pur riconoscendo il loro diritto di comproprietà sull’andito di porta e sullo spazio immediatamente precedente di cui al numero 1 ed alla lettera A della planimetria inserita nel corpo della sentenza stessa – aveva tuttavia limitato la portata di tale diritto alla facoltà di passo pedonale. La corte distrettuale ha accolto la doglianza delle sigg.re P./ C. con riguardo al “punto relativo alla limitazione del diritto di servitù di passo, che invece è da affermare come passo non solo pedonale”. Nel motivo di gravame si lamenta che, con tale statuizione, la corte milanese avrebbe individuato il titolo del diritto di godimento della sigg.re P./ C. sull’andito de quo e sullo spazio che immediatamente lo precede in una servitù di passo, che non aveva formato oggetto di domanda, invece che in un diritto di comproprietà, il cui accertamento in primo grado non aveva formato oggetto di appello.

Il motivo non può trovare accoglimento, perchè travisa la portata della sentenza gravata, la quale, nonostante uno stravagante riferimento ad un diritto di servitù di passo, si è in sostanza limitata a specificare che la facoltà (impropriamente qualificata come diritto) di passaggio spettante alle sigg.re P./ C. sulle porzioni immobiliari de quibus non era soltanto pedonale; senza, tuttavia, attingere la statuizione della sentenza di primo grado che aveva qualificato il titolo di tale facoltà di passaggio come comproprietà. Tale statuizione del tribunale di Busto Arsizio, del resto, era fuori discussione, perchè non era stata appellata dalla Secoter, mentre l’appello contro la stessa proposta dalle sigg.re P./ C. (che avevano chiesto alla corte milanese di essere riconosciute proprietarie esclusive, e non comproprietarie, delle menzionate porzioni immobiliari) veniva contestualmente rigettato.

Con il settimo e l’ottavo motivo le sigg.re P./ C. censurano la sentenza gravata per aver ordinato la cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali delle ricorrenti anche con riguardo a quelle aventi ad oggetto le porzioni immobiliari rispettivamente identificate con i numeri 32 (andito di porta) e 35 (striscia cortilizia) della planimetria allegata all’atto B. del 1919, nonostante che tali domande fossero state parzialmente accolte con l’accertamento del diritto delle sigg.re P./ C. di proprietà comune sul suddetto andito di porta al n. 32 e di proprietà esclusiva su una parte della suddetta striscia cortilizia n. 35 (e, precisamente, sulla parte di tale striscia identificata con il numero 24 nella planimetria inserita nella sentenza di primo grado). In tal modo, si argomenta nei motivi di ricorso in esame, la corte distrettuale sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 112, 342 e 343 c.p.c., per essersi pronunciata oltre i limiti della richiesta formulata nell’appello incidentale della Secoter (settimo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè nella violazione dell’art. 2668 c.c., comma 2, per aver disposto la cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali concernenti la suddette porzioni immobiliari senza che tali domande fossero state rigettate o che il giudizio con le stesse instaurato fosse stato dichiarato estinto (ottavo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3).

I motivi possono essere esaminati congiuntamente e vanno accolti nei termini che di seguito si precisano.

Va premesso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. 5467/01, Cass. 23929/07), la cancellazione della trascrizione della domanda, effettuata a norma degli artt. 2652 e 2653 c.c., deve essere ordinata dal giudice di merito, anche d’ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, non essendo richiesto che la sentenza sia passata in giudicato (come previsto dall’art. 2668 c.c., comma 1); il tribunale di Busto Arsizio, dichiarando la proprietà esclusiva della Secoter sulla porzione di cortile identificata con il n. 2 della planimetria inserita nella sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda delle sigg.re P./ C. avente ad oggetto l’accertamento del loro diritto di comproprietà su tale porzione di cortile; la trascrizione della domanda delle sigg.re P./ C. andava dunque cancellata in relazione a detta porzione di cortile e tale cancellazione avrebbe dovuto essere disposta già dal tribunale, come correttamente lamentato nell’atto di appello della Secoter; la corte d’appello di Milano, ordinando la cancellazione della trascrizione della domanda riconvenzionale delle sigg.re P./ C. (per evidente errore materiale nominate come Ca. e C.) “sui beni da esse rivendicati” (cfr. il dispositivo della sentenza gravata) è dunque incorsa in errore, perchè avrebbe dovuto ordinare la cancellazione della trascrizione della domanda riconvenzionale delle sigg.re P./ C. sui soli beni in relazione ai quali tale domanda era stata interamente rigettata e non anche sui beni in relazione ai quali tale domanda era stata anche solo parzialmente accolta.

In definitiva il ricorso delle sigg.re P./ C. va accolto limitatamente al settimo ed all’ottavo motivo.

Passando all’esame del ricorso proposto dalla Secoter s.r.l., il Collegio osserva quanto segue.

Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per errata individuazione del tema del decidere e omessa pronuncia sulla domanda di determinazione del confine tra le proprietà delle parti contendenti.

Il motivo va disatteso.

Secondo quanto prospettato nello stesso ricorso per cassazione della difesa Secoter (cfr. pag. 13, inizio del penultimo capoverso), la domanda di regolamento di confine da questa proposta nell’atto introduttivo del giudizio era stata implicitamente rigettata dal Tribunale di Busto Arsizio.

Per introdurre tale domanda nell’oggetto del giudizio in secondo grado non era quindi sufficiente la mera riproposizione della stessa ex art. 346 c.p.c., ma era necessario uno specifico motivo di impugnazione (cfr. Cass. SSUU n. 7700/16, in motivazione, p. 5.4.1.: “Nel caso di rigetto espresso (o implicito) di una domanda, per ridiscuterne sarà di regola necessario l’appello, che potrà assumere carattere principale oppure incidentale, e non sarà mai utilizzabile l’art. 346 c.p.c.”). L’appello incidentale della Secoter non conteneva uno specifico motivo di impugnazione volto a riproporre la domanda di regolamento del confine, ma sviluppava una domanda di accertamento della proprietà esclusiva dell’ “andito di porta n. 1”, che differiva, per oggetto e per titolo, da una domanda di regolamento di confine (cfr. Cass. 28349/11: “L’azione di regolamento dei confini, essendo volta ad individuare la demarcazione tra fondi per rimuovere la relativa incertezza, presuppone che quest’ultima, oggettiva o soggettiva, cada sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà. Diversamente, l’azione di rivendica della proprietà ha ad oggetto i rispettivi titoli di acquisto di essa, sicchè, come tale va qualificata l’azione finalizzata alla soluzione di un conflitto tra titoli relativi allo stesso bene, se in ciascuno di essi quest’ultimo è stato attribuito ad un diverso soggetto.”); correttamente, quindi, tale domanda è stata giudicata inammissibile, perchè nuova, nella sentenza qui gravata.

Il secondo motivo del ricorso della Secoter denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di garanzia svolta dall’attrice nei confronti dei suoi danti causa signori Ro., Fi. e Ca.Gi. e U.M.. Il motivo è fondato. Su detta domanda di garanzia – spiegata dalla Secoter nell’atto con cui essa aveva chiamato in giudizio i suoi danti causa dopo la proposizione della domanda riconvenzionale contro di lei avanzata delle sigg.re P./ C. – la corte di appello (che pure di tale domanda fa specifica menzione a pag. 5, sesto rigo, della sentenza gravata) ha del tutto omesso di pronunciarsi. D’onde l’accoglimento del motivo di ricorso.

Con il terzo motivo del ricorso – rubricato “nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto che fu decisivo ed oggetto di controversia” – la Secoter lamenta che la corte d’appello, pur avendo fatta propria l’interpretazione dell’atto B. sostenuta in giudizio dalla stessa Secoter, non avrebbe tratto da tale interpretazione la logica conseguenza che ciò che nel 2005 era stato venduto alla Secoter dai signori Ca., U. e Pi. nel 1919 non era stato acquistato dal dante causa delle sigg.re P./ C.. Il motivo non può trovare accoglimento perchè non individua uno specifico e decisivo fatto storico in relazione al quale la motivazione dell’impugnata sentenza risulti insufficiente o addirittura omessa, ma prospetta un generico dissenso rispetto all’impianto argomentativo della sentenza gravata. La censura risulta dunque inammissibile, perchè, come questa Corte ha più volte affermato (cfr. sent. n. 7972/07), nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata,contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.

In definitiva il ricorso delle sigg.re P./ C. va accolto in relazione al settimo ed ottavo motivo, per quanto di ragione, con rigetto dei primi sei, ed il ricorso della società Secoter va accolto in relazione al secondo motivo, con rigetto del secondo e del terzo.

La sentenza gravata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano.

PQM

La Corte rigetta i primi sei motivi e accoglie il settimo e l’ottavo motivo, per quanto di ragione, del ricorso P./ C.; rigetta il primo e terzo motivo e accoglie il secondo motivo del ricorso Secoter; cassa la sentenza gravata in relazione ai motivi accolti; rinvia ad altra sezione della corte di appello di Milano, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2017

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