Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11207 del 08/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.08/05/2017),  n. 11207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13642-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato ROMA, VIALE CARSO 34,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE BARTOLI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIULIO DENIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5493/15/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 17/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di A.M. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5493/15/2015, depositata in data 17/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per IRPEF ed addizionali regionali e comunali dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, stante il rilievo dell’utilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dei contribuente, hanno sostenuto che l’Amministrazione finanziaria era decaduta dalla potestà accertativa, essendo inoperante il raddoppio dei termini stabilito per le violazioni aventi rilevanza penale dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in difetto di presentazione di una denuncia penale prima del decorso del termine ordinario per l’esercizio dei poteri impositivi.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il controricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.L. n. 128 de4l 2015, essendo pacifica la contestazione di una violazione (D.Lgs. n. 4 del 2000, art. 2 utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti) che comporta obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p., non assumendo rilievo che la denuncia sia stata presentata ed eventualmente quando.

2. La censura è fondata.

invero, sussiste la denunciata violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e della disciplina sul raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento, in presenza di una notitia criminis di natura fiscale.

Il D.L. n. 223 del 2006, art. 37 al comma 24, ha modificato del D.P.R. n. 600 del 1973, l’art. 43, in base alla previsione che “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, termini di cui ai commi precedenti (cioè gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento) sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.

Richiamato quanto precisato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 247/2011, nel dichiarare non fondate e questioni di legittimità del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 26, (convertito nella L. n. 248 del 2006), è stato ritenuto da questa Corte che, ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice, rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di “doppio binario” tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (Cass. 9974/2015; Cass. 20043 2015; Cass. nn. 7805, 9725, 9727, 11181 e 27392 del 2016).

Questa Corte, poi, in recente pronuncia (Cass. n. 26037/2016), ha così statuito, chiarendo come devono essere correlati tra loro i successivi interventi legislativi di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015 ed alla L. n. 208 del 2015: “In tema di termini per l’accertamento tributario stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 (per le imposte sui redditi) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 (per l’IVA): a) il regime transitorio introdotto dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3 (in vigore dal 2 settembre 2015) non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132 (in vigore dal 10 gennaio 2016); b) il primo regime transitorio (D.Lgs. n. 128 del 2015) stabilisce che il D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2 non si applicano nè in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, nè in relazione agli inviti a comparire di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 notificati alla data del 2 settembre 2015, nè in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi della L. n. 4 del 1929, art. 24 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015; e) li secondo regime transitorio (L. n. 208 del 2015) disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, commi 1 e 2 disponendo che la L. n. 208 del 2015, art. 1, commi 130 e 131 non si applicano agli avvisi relativi ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d’imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal D.Lgs. n. 128 del 2015” (cfr. Cass. 16728/2016). Nella specie, i giudici d’appello hanno ritenuto non documentata l’effettività dell’inoltro di una idonea denuncia penale, circostanza questa non necessaria ai fin; che qui interessano, e la decisione non risulta conforme ai suddetti principi di diritto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione. Il giudice dei rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese dei presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso, in Roma il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2017

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