Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13038 del 24/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.24/05/2017),  n. 13038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8488-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2009 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO,

depositata il 02/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza n. 20/26/09, depositata il 15.12.2008 e non notificata, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello di A.A. ed annullava gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti per gli anni di imposta 1998, 1999, 2000 e 2001, sulla scorta di accertamenti bancari, con riferimento all’attività di ripiegamento dei paracadute che questi, in qualità di socio, avrebbe svolto abitualmente e personalmente nel settore dei servizi presso la Sezione di Vitorchiano dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, percependo emolumenti senza alcun adempimento fiscale.

2. Secondo il giudice di appello non appariva probabile che lo svolgimento di tale attività fosse idonea a costituire una vera e propria attività imprenditoriale e ciò trovava conferma nella sentenza del Giudice di Pace che aveva annullato l’irrogazione della sanzione da parte della CCIA, nonchè nella modestia degli importi riscontrati sui conti correnti bancari del contribuente, giustificabili in ragione di regalie dei parenti e dismissione della propria attrezzatura sportiva, di guisa che l’accertamento appariva carente di motivazione.

3. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, ai quali replica con controricorso la parte privata.

4. Il ricorso è stato fissato dinanzi all’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO CHE:

1.1. Preliminarmente deve essere respinta la eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della proposizione sollevata dal controricorrente.

1.2. Deve farsi qui applicazione di quanto stabilito – in caso sovrapponibile al presente – da Cass. 24816/05, la quale ha osservato: “in tema, questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, con particolare riferimento al termine annuale di decadenza previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, che la sospensione dei termini processuali prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno si applica non tenendo conto nel computo dei giorni compresi tra il 1 agosto ed il 15 settembre dell’anno della pubblicazione della sentenza impugnata, a meno che la data di deposito cada durante lo stesso periodo feriale, nel qual caso, in base al principio secondo cui “dies a quo non computatur in termine”, esso decorre dal 16 settembre (v. Cass. n. 5896/1979).

Applicando questi criteri al caso di specie, la sospensione dei termini in periodo feriale andava calcolata per quanto riguarda l’anno 2009 per intero in 46 giorni (31 giorni di agosto più 15 giorni di settembre), e non in 45, come sostiene il controricorrente, di guisa che la presentazione per la notifica in data 20.03.2010 risulta tempestiva.

2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, n. 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Secondo la ricorrente, essendo incontroverso che il contribuente svolgeva attività di ripiegamento dei paracadute e che percepiva un compenso per tale attività, mentre era controversa la qualificazione giuridica di tali fatti, atteso che la parte privata aveva qualificato le somme percepite come una sorta di contributo e non già come corrispettivo, la CTR aveva erroneamente ritenuto che, nonostante l’accertamento di movimentazioni bancarie non giustificate dal contribuente, fosse l’Ufficio ad essere onerato di provare la riferibilità delle stesse all’attività economica del contribuente ed il fondamento della pretesa tributaria.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia la insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e cioè se l’attività di ripiegamento dei paracadute ed i relativi compensi costituissero un’attività idonea a generare reddito e operazioni imponibili, atteso che il contribuente, pur ammettendo l’esistenza dell’attività e la percezione di compensi, si era difeso affermando che il denaro serviva per acquistare il materiale necessario alla manutenzione dei paracadute e che i movimenti bancari derivavano da elargizione dei genitori e dalla rivendita di paracadute.

In particolare la ricorrente denuncia la apoditticità della statuizione impugnata che si fonda su alcuni argomenti che non appaiono esaustivi ed idonei a confutare la prospettazione dell’Ufficio, atteso che non era in discussione la attinenza dell’attività alle finalità statutarie dell’Associazione paracadutisti, che la esclusione delle sanzioni dovute alla CCIA non era sufficiente ad escludere la natura commerciale, anche se non imprenditoriale, dell’attività, e che mancava l’indicazione degli elementi istruttori e delle valutazioni sulla base delle quali sarebbe stata esclusa la riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili, impedendo in tal modo la ricostruzione dell’iter logico giuridico seguito.

Inoltre la ricorrente denuncia il mancato esame di altra sentenza che aveva accertato in primo grado lo svolgimento di attività commerciale da parte della sezione di Vitorchiano dell’ANPI.

3.1. Osserva la Corte che i motivi sono fondati e vanno accolti.

3.2. Ed invero, anche con riferimento al testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, antecedente l’entrata in vigore della novella del 2004 (temporalmente applicabile alla fattispecie in esame), è del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la norma in questione, e la presunzione in essa contenuta, seppure letteralmente riferibile ai soli “ricavi”, sia da intendersi applicabile anche al reddito da lavoro autonomo, e non solo al reddito di impresa (Cass. 4601/02, 430/08, 11750/08), di guisa che l’esclusione dello svolgimento di attività di impresa – desunta dalla CTR da una sentenza del G. di P. che aveva annullato l’irrogazione di sanzioni da parte della Camera di Commercio, Industria e Artigianato, per l’omessa presentazione della domanda di iscrizione quale esercente attività di impresa -, comunque, non poteva ritenersi sufficiente ad inficiare l’accertamento.

Di qui la piena utilizzabilità, da parte dell’Ufficio finanziario, nella vicenda oggetto del presente giudizio, della presunzione di ascrivibilità ad operazioni imponibili dei dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del ricorrente.

3.3. Va altresì ribadito il principio secondo il quale “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili” (Cass. n. 15857/2016).

3.4. La decisione impugnata non ha dato corretta applicazione a tali principi, poichè ha erroneamente sostenuto che ulteriori oneri probatori gravavano sull’Ufficio.

3.5. Inoltre, sul piano motivazionale, la CTR non solo si è espressa in modo perplesso affermando “non appare probabile… che lo svolgimento dell’attività indicata costituisca esercizio di una vera e propria attività imprenditoriale…”, circostanza, come prima chiarito, non decisiva, ma non ha esaminato alcun elemento di fatto sul quale ha poggiato la statuizione, limitandosi a formulare delle ipotesi che prescindono sia dagli elementi di fatto trasfusi nell’accertamento, sia dall’illustrazione di quelli a difesa ove forniti dal contribuente.

4.1. In conclusione il ricorso va accolto su entrambi i motivi; la sentenza impugnata va cassata e la controversia va rinviata alla CTR del Lazio in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

– accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2017

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