Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13526 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 30/05/2017, (ud. 03/05/2017, dep.30/05/2017),  n. 13526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11844/2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCA GAURICO

9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BRUNO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO LIBERATORE giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A., B.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA GUIDOBALDO DEL MONTE 61, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

ROMANO AMATO, rappresentati e difesi dall’avvocato EGIDIO IANNUCCI

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 340/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 25/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

C.F. ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza – la n. 340 del 25/11/2014 – con cui la corte di appello di Campobasso, in parziale accoglimento dell’appello da lui proposto avverso la condanna nei suoi confronti pronunciata dal Tribunale di Larino in favore di S.A. e B.L. al risarcimento dei danni causati al fabbricato di costoro, ha ridotto l’entità della condanna ad Euro 35.000, “in proporzione del grado di efficacia causale della attività edile” realizzata dal danneggiante, compensando integralmente le spese del doppio grado di lite;

resistono con controricorso i S. – B., che, per l’adunanza in camera di consiglio – non partecipata – del 03/05/2017, depositano memoria ai sensi del penultimo periodo dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197).

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;

il ricorrente si duole, col primo motivo, di “violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., artt. 115, 61 e 62 c.p.c., ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, nonchè, col secondo, di “violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2697 c.c., artt. 115 e 61 c.p.c. ed omess(o) esame circa un fatto decisivo per il giudizio”: sostanzialmente criticando la consulenza tecnica per il carattere eminentemente probabilistico delle valutazioni operate e, comunque, le valutazioni sull’incidenza causale della sua attività edile su di una situazione preesistente complessiva, come operate dapprima dal consulente e poi fatte in qualche modo proprie dalla corte di appello, la quale ha pure escluso l’utilità di una nuova consulenza per la collocazione interrata dell’opera oggetto di lite;

premesso che nessuno ha contestato la limitazione della responsabilità ad una quota del danno complessivo e cioè in proporzione alla ritenuta entità del rispettivo apporto causale (benchè, di norma, anche l’autore di una causa concorrente con altra naturale o avente autore umano diverso è chiamato a rispondere del danno finale per intero: Cass. 3893/16; Cass. 8995/15; Cass. 15991/11), in via dirimente si osserva che la valutazione dell’idoneità delle condotte del C. ad influire causalmente sul quadro preesistente, anche sotto il profilo della valenza probabilistica e dell’intensità dell’inferenza che se ne deduce, impinge in una valutazione eminentemente di fatto e, in quanto tale, si sottrae al sindacato di questa Corte nella presente sede di legittimità: rimanendo così, da un lato, non integrato il solo vizio motivazionale ormai ammesso dinanzi a questa Corte secondo l’elaborazione di Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054, nè superabile il divieto di riesame del giudizio di fatto, consacrato da sempre dalla giurisprudenza di legittimità per il giudizio in Cassazione (tra le innumerevoli: Cass. Sez. Un., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti);

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del soccombente ricorrente alle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido, per l’evidente identità della posizione processuale;

va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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