Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14475 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/06/2017, (ud. 20/04/2017, dep.09/06/2017),  n. 14475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16070-2016 proposto da:

C.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAMPO MARZIO

69, presso lo studio dell’avvocato VINICIO D’ALESSANDRO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VINCENZO D’ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BORGOROSE, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CANDIA 121, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO CRUCIANI, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA CONTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2330/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/04/2017

dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

C.B. ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza (n. 2330 del 13/04/2016) con cui la corte di appello di Roma ha, in accoglimento dell’appello del Comune di Borgorose avverso la condanna pronunciata dal tribunale di Rieti per Euro 29.914,46 oltre accessori, rigettato la sua domanda di risarcimento del danno per le lesioni patite a seguito della sua caduta su di una strada in cui erano in corso lavori di rifacimento delle fogne e della conduttura dell’acqua, evento ascritto dalla corte territoriale in via esclusiva alla condotta imprudente della stessa danneggiata;

resiste con controricorso il Comune;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

entrambe le parti depositano memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

la ricorrente si duole di “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, identificandolo nella qualità, attribuita al Comune, di custode e di committente ed esecutore di opera di edilizia in centro abitato e su strada aperta al traffico, nonchè nella violazione, da parte del Comune, di specifiche disposizioni, senza risparmiare una critica alla pure univoca attribuzione, ad opera della gravata sentenza, dell’evento alla condotta incauta o poco accorta della danneggiata;

ora, è noto che, tanto ai sensi dell’art. 2043 c.c. che dell’art. 2051 c.c., la responsabilità è comunque esclusa se manchi il nesso causale tra il danno e – nel primo caso – la condotta del danneggiante o – nel secondo – la cosa oggetto di custodia: nesso della cui prova è poi onerato il danneggiato: per tutte, in tema di responsabilità da cose in custodia, ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, v. Cass., ord. 11/03/2011, n. 5910, per tutte, sull’onere della prova gravante sul danneggiato che agisca per responsabilità extracontrattuale, v. Cass. Sez. U. 11/01/2008, n. 582;

ma la ricostruzione della corte territoriale sulla riconducibilità causale dell’evento in via esclusiva alla condotta incauta della stessa danneggiata impinge in una valutazione di mero fatto (da ultimo, fra innumerevoli, v. Cass. ord. 07/12/2016, n. 25075): sicchè i diversi profili dell’unitario motivo – tanto non risultando modificato dalle ulteriori considerazioni sviluppate con la memoria dalla ricorrente, la quale non potrebbe mai, del resto, sopperire alle lacune od alle originarie non corrette impostazioni del ricorso – la involgono a vario titolo, finendo con il censurarne l’esito;

peraltro, tanto è sempre precluso in questa sede, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5 che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in sede di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. Un. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto – se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite – istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. Un., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti);

il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la soccombente ricorrente condannata alle spese del giudizio di legittimità, pure dovendosi dare atto – senza possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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