Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14370 del 09/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 09/06/2017, (ud. 12/05/2016, dep.09/06/2017),  n. 14370

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliata per legge;

– ricorrente –

contro

E.T.R. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del

controricorso, dagli Avvocati Angelo, Mario Lauro e Luca Maria

Pietrosanti, elettivamente domiciliata in Roma, Via Oslavia n. 39/F,

presso lo studio dell’Avvocato Emanuele Cartoni;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

sezione staccata di Latina, n. 3/40/08, depositata il 31 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito l’Avvocato dello Stato Paolo Marchini;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di due processi verbali del giugno e del dicembre 2001, emessi dall’Agenzia delle dogane, Ufficio circoscrizionale di Bolzano, veniva emesso avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale veniva rettificata la dichiarazione modello unico che la E.T.R. s.p.a. aveva prodotto per l’esercizio 1999.

Con il detto avviso venivano recuperati a tassazione i seguenti importi: 1) Lire 3.348.102.000 per indebita detrazione IVA relativa ad acquisti di merce oggetto di frode comunitaria; 2) Lire 2.605.000.000, per omessa contabilizzazioni ricavi con relativa evasione di imposta IVA per Lire 521.000.000; 3) Lire 272.000 per indebita detrazione quote di ammortamento riguardanti beni non inerenti l’attività di impresa; 4) Lire 725.000 per indebita detrazione IVA relativa ad acquisti di beni strumentali non inerenti l’attività.

Avverso questo accertamento la contribuente proponeva ricorso alla CTP di Latina, la quale, con sentenza n. 498/05/05, accoglieva il ricorso relativamente ai recuperi di cui ai punti 1) e 2), mentre confermava quelli di cui ai nn. 3) e 4).

La CTP riteneva che dietro la locuzione “fatture per operazioni inesistenti” si ritrovassero situazioni diversificate da analizzare e identificare caso per caso e che l’Ufficio, per sanzionare la E.T.R., avrebbe dovuto dimostrare la fittizietà delle operazioni dal punto di vista soggettivo ovvero provare, dal punto di vista oggettivo, che il trasferimento della merce fatturata non era mai avvenuto nella realtà. La CTP rilevava, quindi, che di ciò l’Ufficio non aveva dato prova, in quanto nell’avviso di accertamento era affermato che la MA.BE. aveva acquistato e rivenduto, permettendo alla società cliente di immettere sul mercato, a prezzi concorrenziali, merce acquistata in evasione di imposta, mentre la segnalazione dell’Ufficio di Bolzano – relativa alla verifica effettuata in ordine agli acquisti della ricorrente presso la MA.BE – non poteva essere presa in considerazione, sia perchè era una segnalazione e non un accertamento, sia perchè il verbale era redatto nei confronti di terzi soggetti sospettati di avere un rapporto con la ricorrente. Ma osservava la CTP, la presunzione di operazioni inesistenti non poteva ritenersi collimante con l’affermazione contenuta negli atti di verifica nei quali si affermava invece che il passaggio dei beni era effettivamente avvenuto e che solo il ricarico era inferiore ai valori commerciali, perchè consistente nel 2%. In tal modo, precisava la CTP, l’Ufficio aveva utilizzato criteri di economicità e di ragionevolezza nella gestione imprenditoriale per suffragare presunzioni di ricavi non contabilizzati.

Quindi, osservava la CTP, se doveva ritenersi provato che il trasferimento dei beni era effettivamente avvenuto (operazione oggettivamente esistente) e che la E.T.R. aveva pagato il prezzo della merce e l’IVA alla cedente MA.BE (operazione soggettivamente esistente), la pretesa dell’Ufficio nei confronti della contribuente si rivelava una duplicazione di imposta, atteso che in tal caso il recupero avrebbe dovuto essere effettuato nei confronti di chi avesse intascato l’imposta che avrebbe dovuto essere versata all’erario.

Avverso questa decisione, l’Agenzia delle entrate proponeva appello.

Nella resistenza della società, la CTR del Lazio, sezione di Latina, rigettava l’impugnazione.

La CTR riteneva che la sentenza impugnata fosse sufficientemente motivata e “suffragata da motivi tecnici e giuridici validi sia sotto il profilo comportamentale e sia per quanto riguarda l’analisi e le considerazioni svolte”.

Nel merito, la CTR riteneva che l’avviso di accertamento fosse illegittimo in quanto le contestazioni non avevano fondamento, atteso che l’organizzazione aziendale e l’applicazione di facilitazioni costituiva compito precipuo dell’imprenditore e non era compito dello Stato stabilire le modalità di conduzione dell’azienda, la quale nel suo esercizio comprende anche il rischio economico. Con riferimento, poi, alla censura secondo cui erano stati restituiti in contanti gli importi pagati con assegni, la CTR rilevava che la stessa era stata meramente enunciata, ma era rimasta sfornita di prova. In proposito, la CTR riteneva che l’Ufficio era tenuto ad effettuare le proprie affermazioni con molta attenzione, “per evitare comportamenti scorretti e compromettenti; ciò in quanto se le sue affermazioni dovessero arrecare danni economici e morali, potrebbero provocare ritorsioni e quant’altro utile al fine di ripristinare la correttezza comportamentale dei soggetti”. In particolare, osservava la CTR, “se si mette in dubbio il pagamento con assegni legalizzato dalle recenti normative per vincere la presunzione di riciclaggio del denaro”, doveva poi interrogarsi su quali possano essere i metodi per provare il pagamento delle transazioni commerciali”.

In realtà, concludeva la CTR, le fatture e i pagamenti con assegni costituivano gli unici documenti idonei a provare che l’evento economico era avvenuto. In assenza di presunzioni gravi precise e concordanti nel senso prospettato dall’Ufficio appellante, il gravame doveva quindi essere rigettato.

Per la cassazione di questa decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, affidato a due motivi.

L’intimata società ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, formulata dalla controricorrente senza peraltro alcuna illustrazione delle ragioni della dedotta tardività.

In proposito, deve rilevarsi che la sentenza impugnata è stata depositata il 31 marzo 2008 e la richiesta di notificazione è stata effettuata dalla Avvocatura generale dello Stato il 16 maggio 2009, nell’osservanza del termine di un anno e quarantasei giorni dalla indicata data di deposito della sentenza.

2. – Infondata è altresì l’eccezione di inammissibilità, perchè proposto dall’Agenzia delle entrate senza alcuna specificazione dell’ufficio di riferimento. Tale indicazione non è infatti necessaria, legittimata essendo ad essere parte del giudizio di legittimità l’Agenzia delle Entrate in persona del sua direttore pro tempore, salva la possibile concorrente legittimazione degli uffici locali.

Quanto, poi, alla eccepita mancanza di prova del conferimento del mandato all’Avvocatura generale dello Stato, deve rilevarsi che “in tema di contenzioso tributario, l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5), inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello ius postulandi (peraltro, non necessario quando il patrocinio dell’Agenzia delle Entrate sia assunto dall’Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore” (Cass. n. 14785 del 2011).

3. – Richiamato il contenuto dell’avviso di accertamento e gli indizi della natura elusiva dei passaggi intermedi dalla Union Tel s.r.l. alla MA.BE s.r.l. e da questa alla E.T.R. s.r.l., con il primo motivo di ricorso la ricorrente Agenzia denuncia motivazione insufficiente e omessa su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, per cui l’avviso sarebbe stato illegittimo sulla base del principio di libertà di iniziativa economica nella conduzione della politica commerciale dell’azienda. In proposito, la ricorrente rileva che l’argomento, erroneo di per sè, non era neanche idoneo a contrastare l’impianto presuntivo sul quale si fondava l’accertamento, essendo evidente l’antieconomicità del comportamento della E.T.R. s.r.l. sulla base dei seguenti indici: nonostante un volume di affari di venti miliardi di Lire il saldo IVA per il 1999 era stato negativo, avendo la contribuente esposto, nella dichiarazione IVA annuale, IVA a credito per Lire 91.422.000; – dai dati di bilancio indicati nella dichiarazione emergeva che, a fronte di un valore del costo del venduto di Lire 19.581.508.000, la società aveva dichiarato ricavi per Lire 20.000.052.000, dal che si desumeva che la contribuente aveva applicato una percentuale di ricarico del 2%, in contrasto con una normale politica commerciale.

In proposito, la ricorrente si duole del fatto che la CTR abbia assunto la propria decisione opinando che oggetto di contestazione sarebbe stata, da parte di essa ricorrente, solo la questione della esiguità del ricarico, mentre alla contribuente era stato contestato anche il deliberato compimento di operazioni (indebita detrazione IVA relativa ad operazioni fittizie, assunte per scopi elusivi), aventi il solo fine di dichiarare un saldo IVA negativo.

A conclusione del motivo la ricorrente espone il quesito di sintesi sul punto decisivo della controversia costituito dalla esatta identificazione della fattispecie concreta sulla cui base l’Ufficio era pervenuto al recupero di imposta, chiedendo a questa Corte di affermare se la decisione si presenta viziata da omessa, o quanto meno insufficiente motivazione per avere la CTR pronunciato solo su uno degli elementi sulla cui base l’Ufficio aveva fondato l’atto impositivo. In particolare, la ricorrente rileva che con l’atto di appello aveva imputato a E.T.R. il deliberato compimento di operazioni di varia natura aventi il solo scopo di dichiarare un saldo IVA negativo.

4. – Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento all’affermazione, da parte della CTR, della effettività dell’intermediazione Union Tell e MA.BE s.r.l., desunta dai mezzi di pagamento e dalla emissione di fatture, nonchè dalla mancanza di prove che le somme versate dalla contribuente alla MA.BE con assegni fossero state da questa restituite alla contribuente mediante versamenti in contanti.

In proposito, la ricorrente, premesso che, ove si ipotizza la emissione di fatture per operazioni inesistenti, il mezzo di pagamento come pure la fattura non comprovano la effettività dell’operazione, in quanto anche questi documenti possono essere assunti fittiziamente, sostiene che la effettività dei passaggi intermedi a Union Tell e a MA.BE non ha fatto venire meno la elusività delle operazioni poste in essere dalla contribuente. Infatti, rileva l’Agenzia, posto che a quest’ultima era stato contestato il deliberato compimento di operazioni aventi il solo fine di dichiarare un saldo IVA negativo operazioni consistenti nell’effettuare acquisti meramente elusivi da intermediari che non risultavano avere fornito valore aggiunto alla merce (la percentuale di ricarico di MA.BE era stata dello 0,5%) -, la CTR avrebbe dovuto avvedersi che la contestazione non era tanto la simulazione della interposizione, ma la sua strumentalizzazione al solo fine di consentire alla E.T.R. di portare l’IVA in detrazione. In sostanza, posto che la anormalità dell’operazione non stava nel mancato pagamento del prezzo o nella mancata movimentazione della merce, ma nel rilievo che gli intermediari non avevano apportato alcun valore aggiunto alla merce, e che il passaggio risultava quindi fittizio non avendo una propria causa economico-giuridica, doveva ritenersi che il passaggio stesso non avesse altro scopo che quello di consentire alla contribuente di detrarre l’IVA al fine di ridurre il proprio saldo annuale rendendolo negativo. In questa prospettiva, la dimostrazione della effettività del passaggio agli intermediari non eliminava la valenza elusiva delle cessioni intermedie.

L’Agenzia formula a conclusione del motivo il quesito di sintesi, rilevando che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare la anormalità dell’operazione su cui si era proceduto al recupero di imposta, avendo invece limitato il proprio accertamento come se oggetto della contestazione fosse stato il mancato pagamento del prezzo o la mancata movimentazione della merce.

5. – Con il terzo motivo l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione della 6^ Direttiva n. 77/388/CEE e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54. Richiamata la disciplina comunitaria e la giurisprudenza della Corte di giustizia, nonchè i principi introdotti nell’ordinamento dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 37-bis, in tema di abuso del diritto e operazioni elusive, l’Agenzia sostiene che la CTR avrebbe errato nel non considerare che la presenza di negozi giuridici reali e validi non consente in sè di escludere la configurabilità dell’abuso del diritto quando il collegamento dei negozi, tutti realmente voluti dalle parti e validi, siano caratterizzati dalla mancanza di una ragione socio-economica e dalla presenza, invece, di una finalità elusiva. Nella specie, la CTR non ha rilevato che i passaggi intermedi non apparivano giustificati da alcuna ragione economica, non avendo prodotto alcun valore aggiunto.

A conclusione del motivo formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se – con riferimento ad un’operazione economica condotta dalla contribuente e consistente nell’effettuare acquisti da intermediari che non risultano avere fornito valore aggiunto alla merce e successive vendite della stessa merce con percentuali di ricarico inferiori alla media di mercato, il tutto al solo fine ritenuto dall’Ufficio di dichiarare un saldo IVA negativo – violi la 6^ Direttiva n. 77/388/CEE e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, la sentenza della C.T.R. che ritenga sufficiente ad escludere la valenza elusiva della operazione la considerazione della effettività delle transazioni intermedie, mentre le norme anzidette (correttamente intese nel senso di configurare l’abuso del diritto in presenza di un collegamento di negozi o di fatti giuridici, tutti realmente voluti dalle parti e perfettamente validi, ancorchè caratterizzati dalla assenza di una ragione socio-economica e dalla presenza di una finalità elusiva) avrebbe imposto di ritenere che le cessioni intermedie risultano anomale e non giustificabili da ragioni economiche se non quella di perseguire una frode fiscale”.

6. – Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 55 e 36, art. 112 c.p.c. e dell’art. 277 c.p.c., richiamati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, dolendosi della mancata pronuncia della CTR sul motivo di appello con il quale era stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva statuito sul recupero a tassazione dei ricavi in nero desunti dai movimenti sul conto “anticipazioni infruttifere” dei soci.

In proposito, la ricorrente formula un pertinente quesito di diritto.

7. I primi due motivi di ricorso, all’esame dei quali può procedersi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.

7.1. – Come esattamente rilevato dalla ricorrente Agenzia, la sentenza impugnata, quanto al primo rilievo di cui all’avviso di accertamento, ne ha ritenuto la infondatezza avuto riguardo alla libertà di impresa nelle determinazioni relative alla propria politica commerciale, essendo compito dell’imprenditore e non dello Stato stabilire le modalità di conduzione dell’azienda; e alla luce del rilievo che la effettività della intermediazione di UNION TEL e MA.BE. s.r.l. era comprovata dai mezzi di pagamento usati e dalla emissione di fatture.

Le argomentazioni svolte nella decisione impugnata non sono tuttavia idonee a dare adeguata risposta alle censure mosse dalla Agenzia con riguardo alla decisione di primo grado relativamente all’accoglimento del ricorso della contribuente quanto al primo rilievo dell’avviso di accertamento. Invero, la CTR non ha tenuto conto, non avendo in proposito svolto alcuna considerazione, delle seguenti circostanze: 1) la rilevanza indiziaria dell’applicazione di una percentuale di ricarico pari al 2%, in contrasto con ogni ragionevole politica commerciale; 2) il fatto che la contribuente avesse un solo dipendente nonostante l’elevato volume di affari, pari a circa venti miliardi di Lire nell’anno 1999; 3) il costo del venduto, pari a circa 19,5 miliardi di Lire; 4) l’esistenza di un saldo IVA negativo; 5) l’antieconomicità sistematica dell’attività imprenditoriale esercitata per più annualità; 6) l’acquisto da intermediari fittizi, che non aggiungevano alcun valore aggiunto alla merce e, quindi, consentivano una indebita detrazione IVA; 7) la oggettiva finalizzazione delle operazioni commerciali oggetto di contestazione a conseguire un risparmio di imposta in abuso del diritto.

Come è agevole rilevare, la motivazione della sentenza impugnata si sostanzia nella affermazione della libertà dell’imprenditore di determinare la percentuale di ricarico delle proprie operazioni commerciali. In tal modo, la CTR ha omesso di considerare il complesso degli elementi indiziari posti a fondamento dell’avviso di accertamento, prima, e dell’atto di appello, poi, attraverso i quali si sarebbe dovuto desumere che la percentuale di ricarico molto bassa, tenuto conto delle altre circostanze evidenziate, era sintomatica del compimento di operazioni aventi finalità elusiva rispetto al pagamento dell’IVA.

Del resto, non può non rilevarsi la erroneità dell’affermazione della CTR, atteso che, come precisato da questa Corte, “in tema di IVA, la circostanza che un’impresa commerciale dichiari per più annualità un volume di affari di molto inferiore agli acquisti ed applichi modestissime percentuali di ricarico sulla merce venduta costituisce una condotta commerciale anomala, di per sè sufficiente a giustificare, da parte dell’Amministrazione, una rettifica della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, con conseguente potere di applicare anche una diversa percentuale di ricarico” (Cass., n. 26167 del 2011). Invero, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che il contribuente non spieghi in alcun modo, è legittimo l’accertamento del reddito d’impresa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), il quale consente di desumere l’esistenza di ricavi non dichiarati anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti” (Cass. n. 7680 del 2002); “ad un tale riguardo il giudice di merito, per poter annullare l’accertamento, deve specificare, con argomenti validi, le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie” (Cass. n. 1821 del 2001).

In particolare, si è affermato che, “pur di fronte ad una contabilità regolarmente tenuta, è possibile accertare ricavi superiori a quelli dichiarati, se la percentuale di ricarico applicata dal contribuente è inferiore a quella mediamente applicata nel settore di appartenenza, fino a raggiungere livelli di abnormità e/o di irragionevolezza (Cass. n. 15310 del 2000; Cass. n. 15266 del 2000; Cass. n. 6337 del 2002; più di recente, Cass. n. 15038 del 2014).

7.2. – Quanto alla ritenuta effettività della intermediazione di UNION TELL e MA.BE. s.r.l., che la CTR ha ritenuto comprovata dai mezzi di pagamento (assegni) e dalla emissione di fatture, del pari sussiste il denunciato vizio di motivazione di cui al secondo motivo di ricorso.

Invero, premesso che “in tema di IVA, ove l’amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture perchè relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente. Detta prova non può, peraltro, essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente, e che, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza (o assenza) deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali” (Cass. n. 15228 del 2001; Cass. n. 1779 del 2003; Cass. n. 7146 del 2007), appare decisivo il rilievo che la effettività dei passaggi intermedi da UNION TELL a MA.BE. s.r.l. e da questa alla contribuente non fa venir meno la elusività delle operazioni da quest’ultima poste in essere. Come si è prima osservato, la contestazione mossa alla contribuente, e della quale non pare che nè la CTP nè la CTR abbiano tenuto conto, non era la simulazione della interposizione, ma la sua strumentalizzazione al solo fini di consentire alla contribuente di portare l’IVA in detrazione. La anormalità della operazione esaminata non si risolveva nè nel mancato pagamento del prezzo, nè nella mancanza di movimentazione della merce, quanto nel fatto che gli intermediari non avevano apportato alcun valore aggiunto alla merce, sicchè i relativi passaggi risultavano privi di una propria causa economico-giuridica, risultando invece finalizzati solo a consentire alla contribuente di detrarre l’IVA al fine di ridurre il proprio saldo annuale.

Tale essendo al contestazione, chiaramente riproposta nei motivi di appello, appare evidente come la motivazione della sentenza impugnata sia insufficiente, atteso che la effettività dei passaggi agli intermediari non elide la valenza elusiva delle cessioni intermedie, unicamente finalizzate a consentire la detrazione dell’IVA da parte della contribuente.

8. – L’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso comportano l’assorbimento del terzo, con il quale la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge per non avere accertato la natura elusiva della condotta della contribuente.

9. – Il quarto motivo è fondato.

Dall’esame degli atti, al quale è possibile procedere in relazione alla natura della censura proposta, emerge chiaramente l’omesso esame del motivo di gravame concernente l’accoglimento, da parte della CTP, del ricorso della contribuente relativamente al rilievo n. 2 dell’avviso di accertamento (omessa contabilizzazione di ricavi per Lire 2.605.000.000 con relativa evasione d’Imposta Iva pari a Lire 521.000.000).

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge altrettanto chiaramente che il motivo di appello in questione non ha formato oggetto di esame da parte della CTR, la quale è dunque incorsa nel denunciato vizio di omessa pronuncia sul motivo di appello.

10. – In conclusione, accolti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra sezione della CTR del Lazio, la quale provvederà altresì sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2017

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