Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14592 del 12/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/06/2017, (ud. 13/03/2017, dep.12/06/2017),  n. 14592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23814-2014 proposto da:

P.P., B.M., (OMISSIS) S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in

persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI N 26/B, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SABLOBNE,

rappresentati e difesi dagli avvocati MARIO PICA e ROBERTO MAGGIORE;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., – C.F. (OMISSIS), P.I.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA D. CHELINI 5, presso lo studio

dell’avvocato FABIO VERONI, rappresentata e difesa dall’avvocato

FILIPPO PAOLELLI;

– controricorrente –

e contro

UNICREDITO ITALIANO (già Capitalia S.p.a.), FALLIMENTO (OMISSIS)

S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1182/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/03/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 21 febbraio 2014, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello proposto da P.P., B.M. e dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza non definitiva che dichiarava il difetto di legittimazione attiva della società fallita (OMISSIS) s.r.l. proporre l’impugnazione dei crediti ammessi al passivo del proprio fallimento ai sensi della L. Fall., art. 100.

A sostegno del rigetto la Corte territoriale rilevava che il fallito è privo di capacità e legittimazione processuale nei giudizi di opposizione, di impugnazione allo stato passivo o di insinuazione tardiva dei crediti, nei quali il curatore è parte necessaria ed insostituibile, potendo l’interesse del fallito al ridimensionamento dell’esposizione debitoria essere perseguito autonomamente mediante lo strumento del reclamo avverso la sentenza di fallimento L. Fall., ex art. 18. Inconferenti le argomentazioni svolte dagli appellanti sull’ammissibilità di un intervento adesivo dipendente della società fallita, in quanto fin dall’origine la sua partecipazione al giudizio è avvenuta non mediante intervento bensì mediante esercizio dell’azione, in qualità di attrice, e tale veste processuale non può essere mutata in corso di causa.

Avverso suddetta pronuncia ricorrono per cassazione P.P., B.M. e la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso, accompagnato da memoria, Unicredit S.p.a.

1) Violazione di legge ex art. 360, n. 3 (L. Fall., art. 100, artt. 100, 105, 156 e 269 c.p.c.). Premesso che l’art. 100 L.F. (ante riforma), pur consentendo l’impugnazione dello stato passivo ai soli creditori concorrenti, non vieta ad altri soggetti (e segnatamente al fallito) di spiegare intervento adesivo dipendente, la Corte d’appello ha errato nel ritenere che la partecipazione al giudizio della (OMISSIS) S.r.l. sia avvenuta non mediante intervento ma mediante esercizio dell’azione solo perchè la società ha agito con ricorso insieme agli attori P. e B.. Anche se l’art. 267 c.p.c. richiede che l’atto di intervento sia espresso mediante comparsa, la norma non sanziona l’utilizzo di una forma diversa. Per il principio della libertà di forma e di irrilevanza delle nullità in caso di raggiungimento dello scopo, si sarebbe dovuta riconoscere la legittimazione all’intervento della (OMISSIS) anche se formato in uno e contestualmente al ricorso delle altre parti;

2) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c. e del art. 111 Cost., comma 6: insussistenza e mancata esplicitazione delle ragioni giuridiche della decisione, perchè il fatto che la partecipazione in giudizio della (OMISSIS) sia avvenuta mediante esercizio dell’azione e non mediante intervento è affermazione apodittica e non supportata da nessuna motivazione;

3) nullità del procedimento ex art. 360, n. 4 per violazione dell’art. 344 c.p.c., perchè la Corte d’appello, senza motivare i presupposti della propria conclusione, ha ritenuto che la possibilità di spiegare intervento adesivo autonomo fosse nel caso di specie inconferente, essendo la (OMISSIS) attrice e non potendo mutare tale posizione.

I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.

Secondo il costante insegnamento di questa Corte, nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito, compresi nel fallimento, il fallito può svolgere attività processuale unicamente nei limiti dell’intervento L. Fall., ex art. 43, comma 2, cioè per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico, o nei limiti dell’intervento adesivo dipendente, che comunque non gli attribuisce il diritto di impugnazione in autonomia dal curatore, che è parte necessaria (Cass. 7448/2012, 7407/2013).

Nella specie la Corte d’appello ha accertato che (OMISSIS) ha fin dall’inizio partecipato al giudizio non in qualità di interveniente, ma in qualità di attrice, ovvero mediante esercizio dell’azione. Non coglie nel segno la doglianza relativa alla violazione dell’art. 156 c.p.c., ovvero del principio della libertà delle forme degli atti processuali e della sanatoria delle nullità per raggiungimento dello scopo, perchè la Corte territoriale non ha sanzionato il mancato rispetto delle forme previste dall’art. 267 c.p.c. per la costituzione del terzo interveniente, ma ha qualificato la (OMISSIS) come attrice; qualifica ragionevolmente attribuita in virtù del fatto che la società stessa ha promosso in proprio il giudizio di primo e di secondo grado unitamente ai creditori P.P. e B.M.. La contraria affermazione contenuta nel ricorso, in base a cui la posizione processuale rivestita dalla ricorrente era fin dall’inizio quella di interveniente adesivo dipendente, non è supportata da alcuno specifico riscontro, e si palesa pertanto inidonea a scalfire l’accertamento di fatto svolto sul punto dal giudice del merito. Appaiono pertanto inconferenti e astratte le osservazioni giuridiche, svolte nel ricorso e ribadite in memoria, circa l’ammissibilità nel processo fallimentare dell’intervento adesivo da parte del fallito. Ne consegue il rigetto del ricorso, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese di lite.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in Euro 3000 per compensi, 100 per esborsi, oltre accessori di legge.

Dà atto altresì della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2017

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