Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14806 del 14/06/2017

Cassazione civile, sez. II, 14/06/2017, (ud. 11/04/2017, dep.14/06/2017),  n. 14806

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 877/2014 proposto da:

G.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’Avvocato LUIGI MANZI,

che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato MARCELLO

MAGGIOLO;

– ricorrente –

contro

P.U., E PI.CL., elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA TRINITA’ DEI MONTI 16, presso lo studio dell’Avvocato

GIUSEPPE FORNARO, che le rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato PAOLIO ALVIGINI;

– controricorrenti –

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), P.U., PI.CL.,

B.R. E C.C.;

e

EREDI DI B.R. E C.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 549/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, il quale ha chiesto l’accoglimento per quanto di

ragione del primo motivo e per il rigetto dei restanti motivi del

ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIANLUCA CALDERARA, per delega

dell’Avvocato LUIGI MANZI;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato PAOLO ALVIGINI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.D., con ricorso del 7/1/2006, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Padova, il condominio di via (OMISSIS), assumendo che, nell’appartamento, sito all’ultimo piano, di cui è proprietaria per atto di acquisto del 18/2/1997, esiste una botola, predisposta dal costruttore dello stabile, dalla quale si accede al sottotetto, che si estende, senza interruzioni o intercapedini o divisori, sia sopra il suo appartamento che su quello dell’appartamento vicino, di proprietà P., e che di tale sottotetto, ella è non solo unico ed esclusivo possessore ma anche, alla luce dello stato dei luoghi e del titolo di acquisto, unica ed esclusiva proprietaria.

L’assemblea del condominio, con delibera assunta il 7/12/2005, ha, tuttavia, deciso, con il voto contrario della ricorrente, l’apertura di una nuova botola, in area condominiale, per l’accesso al sottotetto, ritenendolo di proprietà condominiale ed approvando il preventivo della relativa spesa.

Tale delibera – ha osservato la ricorrente – è invalida per impossibilità ed illiceità dell’oggetto, perchè l’oggetto non rientrava nelle competenze dell’assemblea e perchè l’oggetto incideva sul possesso e/o sul suo diritto esclusivo; la delibera, inoltre, nella parte in cui ha stabilito la realizzazione di un nuovo lucernaio per poter accedere al tetto ed approvato la relativa spesa, è invalida perchè l’argomento non era indicato all’ordine del giorno. L’assemblea, inoltre, ha rilevato ancora la ricorrente, non ha approvato mere innovazioni ma modificazioni essenziali alle parti comuni, quali il tetto ed il vano scale, per le quali era necessario il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.

L’attrice, quindi, ha chiesto che, previa sospensione, il tribunale dichiarasse la nullità e/o l’annullamento della delibera impugnata.

Il Condominio si è costituito ed ha chiesto il rigetto della domanda.

Con sentenza del 3/5/2010, il tribunale di Padova, accertato l’uso esclusivo del sottotetto da parte della ricorrente, anche se solo per la parte sovrastante il suo appartamento, ha accolto la domanda e dichiarato la nullità della delibera del 7/12/2005 nella parte in cui ha deciso l’apertura di ulteriore botola di accesso al sottotetto, per illiceità dell’oggetto, e nella parte in cui ha stabilito la realizzazione di un nuovo lucernaio per poter accedere al tetto ed approvato la relativa spesa, trattandosi di argomento non indicato all’ordine del giorno.

La corte d’appello di Venezia, nella contumacia del Condominio, con sentenza del 14/3/2013, ha accolto l’appello proposto dai condomini interessati P.U., Pi.Cl., in proprio e quale procuratrice di C.C., e B.R. ed, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto la domanda di G.D..

A sostegno della decisione, la corte ha, in sostanza, affermato che il sottotetto in questione, ospitando la canna fumaria, le colonne di scarico delle acque e l’antenna televisiva comune a tutti ed escluso dal calcolo delle tabelle millesimali di pertinenza della G., è un bene destinato al servizio della collettività condominiale, per cui, a norma dell’art. 1117 c.c., la cui elencazione non è esaustiva, si presume comune a tutti i comproprietari, a meno che il titolo, dal quale ha origine il condominio, non l’abbia escluso, attribuendone la proprietà in via esclusiva all’originario venditore: nel caso in esame, invece – ha osservato la corte – nessuno degli atti di compravendita prodotti, ivi compreso quello di acquisto dell’appellata, consente di affermare che quest’ultima abbia acquistato la proprietà esclusiva del sottotetto, neppure per la parte sovrastante il suo appartamento, dovendosi, piuttosto, rilevare – ha aggiunto la corte – che la relativa clausola è univoca nell’affermare che la stessa avrebbe avuto non la proprietà ma solo l’uso di tale porzione la quale, pertanto, è rimasta condominiale ed accessibile ad ogni componente del condominio.

La corte d’appello, quindi, sulla base di tali univoci elementi di fatto, ha ritenuto che il sottotetto sia al servizio di tutti i condomini, fermo restando l’uso esclusivo di una sua limitata porzione in capo alla G., e, pertanto, che la decisione assunta dall’assemblea di aprire una ulteriore botola di accesso non è lesiva di alcun diritto assoluto dell’appellata, così come quella di aprire un lucernaio, a fronte del diritto dei condomini di operare per il miglior uso della cosa comune.

G.D., con ricorso notificato il 28/12/2013.2/1/2014, al Condominio ed, il 30/12/2013, ad P.U., Pi.Cl., B.R. e C.C., nel domicilio eletto, sito presso lo studio dell’avv. Maurizio Salvalaio, depositato il 13/1/2014 – ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata, della corte d’appello.

Con controricorso, notificato il 23/1/2014, resistono P.U. e Pi.Cl..

La ricorrente, infine, rilevando che solo nel controricorso di P.U. e Pi.Cl. è stata dichiarata la morte di B.R. (il 3/4/2012) e C.C. (l’8/11/2012), ha notificato, in data 12.18/2/2014, atto di integrazione volontaria del contraddittorio nei confronti degli eredi degli stessi, collettivamente ed impersonalmente, nel loro ultimo domicilio, sito a (OMISSIS).

Le parti hanno depositato memorie a norma dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., censura la decisione gravata per aver omesso di pronunciarsi sulle domande di nullità e/o annullamento della delibera impugnata per vizi che il tribunale, accogliendo la domanda, ha considerato assorbiti o infondati e che, a fronte dell’appello proposto dai condomini, sono stati espressamente riproposti, in via incidentale, innanzi alla corte d’appello, e, segnatamente: la domanda di invalidità della delibera di apertura della botola in quanto incidente sul possesso esclusivo dell’intero sottotetto da parte della ricorrente; la domanda di invalidità della delibera inerente il lucernaio per assenza dell’argomento dall’ordine del giorno dell’assemblea; la domanda di invalidità della delibera (inerente sia l’apertura della botola, sia l’apertura del lucernaio) in ragione dell’inscindibilità del relativo contenuto e dell’assenza dell’argomento concernente l’apertura del lucernaio dall’ordine del giorno; la domanda di invalidità della delibera per mancanza del consenso unanime dei condomini; la domanda di invalidità della delibera per violazione degli artt. 1120 e 1121 c.c..

2. Con il secondo motivo, la ricorrente, contestando – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 817, 818, 819, 1117, 1027 ss. e 2735 c.c., e dell’art. 112 c.p.c., censura la decisione gravata, innanzitutto, per aver omesso di motivare sul titolo proprietario del sottotetto che la stessa ha dedotto nel giudizio di primo grado e riproposto innanzi alla corte d’appello, e cioè il vincolo pertinenziale che, sin dalla costruzione dell’edificio, nel 1957, lo lega al suo solo appartamento, ed, in secondo luogo, per aver omesso di pronunciarsi sulla domanda di invalidità della delibera perchè incidente sulla proprietà esclusiva, in capo ad essa, dell’intero sottotetto in ragione del predetto vincolo di pertinenzialità, il quale, infatti, costituisce il titolo che, a norma dell’art. 817 c.c., deroga l’art. 1117 c.c., ed esclude la proprietà comune sullo stesso, la cui sussistenza, quindi, al pari della servitù di passaggio, è stata erroneamente ritenuta dalla corte d’appello.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1117, 2727, 2728 e 2729 c.c., e l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che il sottotetto in questione sia destinato all’uso o al godimento comune quale fatto noto sul quale fondare, a norma dell’art. 2727 c.c., la presunzione legale prevista dall’art. 1117 c.c., laddove, nel caso in esame, gli unici indizi a tal fine valorizzati (e cioè l’esclusione del sottotetto dalle tabelle millesimali di pertinenza della ricorrente e la collocazione nello stesso delle canne fumarie, delle colonne di scarico e l’antenna televisiva) non sono gravi, precisi e concordanti, posto che, quanto al primo profilo, il sottotetto non è calpestabile e non è abitabile, mentre, per ciò che riguarda il secondo, gli impianti indicati dalla corte sono incorporati nei muri condominiali, tanto più in relazione agli indizi in senso contrario (vale a dire il possesso esclusivo del sottotetto in capo alla ricorrente e l’esclusione del compossesso degli altri condomini, riconosciuto dal tribunale di Padova con la sentenza del 20/1/2009; la mancata inclusione del sottotetto tra le parti comuni dell’edificio nel regolamento condominiale; il riconoscimento ad opera della contro ricorrente P. dell’inesistenza di una servitù di passaggio per l’appartamento e la botola di proprietà della G.) che ha immotivatamente trascurato.

4. In via pregiudiziale, vanno esaminate due questioni di carattere processuale.

La prima riguarda il rilievo da attribuirsi, evidentemente ai fini della validità della notifica del ricorso per cassazione presso il procuratore domiciliatario, al decesso, intervenuto nelle more del giudizio d’appello, di due dei quattro condomini appellanti, pacificamente non dichiarata se non in sede di notifica del controricorso.

La seconda concerne il rilievo da attribuirsi, ai fini della correttezza della sentenza impugnata, al fatto che l’appello è stato proposto da singoli condomini pur se la sentenza del tribunale era stata resa esclusivamente nei confronti dell’amministratore del condominio.

Quanto alla prima, la Corte ritiene che la notifica del ricorso per cassazione, in quanto eseguita presso il procuratore domiciliatario, è senz’altro corretta.

Le Sezioni Unite di questa corte, infatti, con la sentenza n. 15295/2014, hanno affermato il principio per cui “in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonchè in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione…”, a meno che “… nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l’evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall’altra parte o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ex art. 300 c.p.c., comma 4” (conf., più di recente, Cass. n. 710/2016).

La seconda questione – sollevata d’ufficio dalla Corte riguarda, come detto, il rilievo da attribuire al fatto che, sebbene la sentenza resa dal tribunale sia stata pronunciata nei confronti del solo amministratore del condominio, l’appello (poi accolto e, quindi, in questa sede, il controricorso) è stato, invece, proposto, nella contumacia del condominio, da quattro condomini.

Il collegio ritiene di dar seguito, sul punto, a quanto, di recente, affermato da questa Sezione, vale a dire che “… essendo il Condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, nè, quindi, del potere di intervenire nel giudizio per il quale tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell’amministratore stesso che non l’abbia impugnata” (Cass. n. 16562/2015; in senso conf., Cass. n. 10717/2011; Cass. n. 14765/2012; Cass. n. 12588/2002; Cass. n. 9206/2006; Cass. n. 13716/1999; Cass. n. 2392/1994).

Ciò detto, la Corte procede all’esame dei motivi proposti dalla ricorrente.

5. I primi due motivi – con i quali la ricorrente, lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ha censurato la decisione gravata per aver omesso di pronunciarsi sulle domande di nullità e/o annullamento della delibera impugna per vizi che il tribunale, accogliendo la domanda, ha considerato assorbiti o infondati e che, a fronte dell’appello proposto dai condomini, sono stati espressamente riproposti, in via incidentale, innanzi alla corte d’appello – devono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.

Risulta, infatti, dagli atti del procedimento – che la parte ha indicato in ricorso, riproducendone i passi interessati nonchè la collocazione tra quelli prodotti nel presente procedimento, e che la corte, trattandosi di vizio per “error in procedendo”, ha esaminato direttamente – che:

G.D., con ricorso depositato il 7/1/2006 e notificato il 27/1/2006, ha chiesto che il tribunale dichiari la nullità e/o pronunciasse l’annullamento della delibera con la quale, in data 7/12/2005, l’assemblea condominiale aveva deciso, con il suo voto contrario, l’apertura in area condominiale di una ulteriore botola per l’accesso al sottotetto, ritenendolo di proprietà condominiale ed approvando il preventivo della relativa spesa, nonchè l’apertura di un lucernaio, deducendo, a sostegno di tali domande, che: la delibera è illegittima per impossibilità ed illiceità dell’oggetto in quanto incidente sul possesso esclusivo del sottotetto in capo alla ricorrente; la delibera è illegittima per impossibilità ed illiceità dell’oggetto in quanto incidente e la proprietà esclusiva, in capo alla ricorrente, dell’intero sottotetto in ragione del vincolo di pertinenzialità esistente, sin dalla costruzione dell’edificio, con il solo suo appartamento; la delibera inerente il lucernaio ed il relativo preventivo di spesa è illegittima per assenza dell’argomento dall’ordine del giorno dell’assemblea; la delibera, che ha deciso opere che non costituiscono semplici innovazioni ma modificazioni essenziali riguardanti parti comuni dell’edificio, è illegittima per mancanza del consenso unanime dei condomini; la delibera è illegittima per violazione degli artt. 1120 e 1121 c.c.;

G.D., a seguito dell’appello, ha proposto, con comparsa di costituzione, appello incidentale nel quale ha ribadito le predette domande.

Ora, la corte d’appello, nel riformare la sentenza del tribunale, ha, per un verso, escluso che gli atti di compravendita prodotti, ivi compreso quello di acquisto dell’appellata, consentissero di affermare che la ricorrente aveva acquistato la proprietà esclusiva del sottotetto, neppure per la parte sovrastante il suo appartamento, e, per altro verso, affermato che il sottotetto, ospitando la canna fumaria, le colonne di scarico delle acque e l’antenna televisiva comune a tutti, fosse un bene destinato al servizio di tutti i condomini, per cui, fermo restando l’uso esclusivo di una sua limitata porzione in capo alla G., la decisione assunta dall’assemblea di aprire una ulteriore botola di accesso non fosse lesiva di alcun diritto assoluto dell’appellata, al pari di aprire un lucernaio, a fronte del diritto dei condomini di operare per il miglior uso della cosa comune.

Così facendo, però, la corte non si è pronunciata su tutte le ulteriori domande di accertamento dell’invalidità della delibera impugnata, come sopra descritte, che l’appellata, in via incidentale, aveva riproposto.

Ed infatti, se un condomino, impugnando una delibera assembleare, denuncia una pluralità di vizi che ne possono determinare l’invalidità, propone contestualmente una pluralità di domande giudiziali, con in comune il petitum (la declaratoria di nullità e/o la pronuncia di annullamento della deliberazione assembleare) ma con distinte causae petendi, corrispondenti a ciascuno dei vizi dedotti (cfr. Cass. n. 2758/2012, in materia di impugnazione di delibera di assemblea societaria).

L’omissione di pronuncia perpetrata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., dalla corte d’appello impone, quindi, la cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai motivi esposti, con rinvio della causa alla medesima corte, in differente composizione.

6. Il terzo motivo, con il quale la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1117, 2727, 2728 e 2729 c.c., e l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto, nonostante la mancanza di indizi gravi, precisi e concordanti, che il sottotetto in questione sia destinato all’uso o al godimento comune, rimane, invece, assorbito.

7. Le spese di lite sono rimesse alla corte d’appello.

PQM

 

La Corte così decide:

1) accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo;

2) cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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