Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15954 del 27/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/06/2017, (ud. 17/05/2017, dep.27/06/2017),  n. 15954

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1176/2014 R.G. proposto da:

UNICREDIT S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Fioretti,

con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere

Arnaldo da Brescia n. 9, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.F., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco

Ciapponi e Paolo Balla, con domicilio eletto presso il loro studio

in Roma, via Lazio n. 9, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza non definitiva della Corte di appello di Roma n.

6163/12 depositata il 6 dicembre 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 17 maggio

2017 dal Consigliere Paolo Fraulini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore generale Cardino Alberto, che ha chiesto l’accoglimento

dei motivi 1), 2), 3) 6) e 7) del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma, non definitivamente pronunciando, ha accertato la legittimazione attiva della signora S.A.F. a far valere il credito risultante dal saldo del conto corrente intrattenuto da UNICREDIT S.P.A. con la Hobby Leasing s.r.l. e da questa ceduto alla S., dichiarando nullo l’art. 7, comma 3, del medesimo contratto.

2. Il giudice di appello ha rilevato la validità del negozio di cessione di credito per atto notar M. di Roma in data 18/12/1997 con cui la Hobby Leasing s.r.l. ha ceduto alla signora S. i crediti derivanti dall’accertamento della nullità dell’applicazione del tasso di interesse sul conto corrente acceso dalla cedente con la banca, dichiarando invece inammissibili le ulteriori domande della S. poichè estranee alla cessione; ha pertanto dichiarato la nullità della clausola del contratto di conto corrente inerente il tasso di interesse, in quanto avente oggetto indeterminato e non determinabile, siccome riferito ad usi su piazza; ha respinto l’eccezione di prescrizione del diritto di credito sollevata dalla banca in quanto riferita al quinquennio e comunque generica in quanto non identificante la decorrenza del termine; ha disposto la rimessione della causa in istruttoria per la quantificazione del dovuto.

3. Avverso tale sentenza la UNICREDIT S.P.A. ricorre con sette motivi, resistiti dalla signora S.A.F. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

1.1. Primo motivo: “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 nella parte in cui la Corte d’Appello ha omesso di rilevare che la Banca ha sollevato l’eccezione di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.” deducendo la nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la banca abbia sollevato solo l’eccezione di prescrizione quinquennale del diritto fatto valere in giudizio, laddove sin dal principio del giudizio l’odierna ricorrente avrebbe svolto anche l’eccezione di prescrizione decennale.

1.2. Secondo motivo: “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 nella parte in cui la Corte d’Appello ha omesso di rilevare che la Banca ha espressamente precisato il termine a quo di decorrenza della prescrizione ai sensi dell’art. 2935 c.c.” deducendo la nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto a torto insufficienti le difese sollevate dalla banca in punto di prescrizione.

1.3. Terzo motivo: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2938 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto che la Banca, al fine di indicare il termine di decorrenza della prescrizione, avrebbe dovuto operare una distinzione tra rimesse di natura solutoria e rimesse di natura ripristinatoria, ed ha altresì ritenuto la non rilevabilità d’ufficio della circostanza ex art. 2938 c.c.” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che chi solleva l’eccezione di prescrizione abbia l’onere di indicarne la decorrenza e di distinguere fra versamenti solutori e ripristinatori.

1.4. Quarto motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto la sussistenza, in capo alla Banca, dell’onere di provare l’esistenza di idonei criteri estrinseci di determinazione della clausola di interessi ultralegali per rinvio ad usi su piazza per il periodo anteriore al 22/04/1993” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di onerare la banca, anzichè il cliente, della prova della validità degli accordi interbancari di riferimento della clausola di rinvio ad usi su piazza per la determinazione degli interessi applicabili al rapporto.

1.5. Quinto motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la Corte ha ritenuto la nullità delle condizioni contrattuali stipulate nel 1988, L. n. 287 del 1990, ex art. 2” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe applicato retroattivamente la L. n. 287 del 1990 alla data di apertura del conto corrente avvenuta nel 1988.

1.6. Sesto motivo: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2034 e 2967 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto l’inesistenza dei requisiti di irripetibilità della prestazione degli interessi ultralegali spontaneamente corrisposti dal correntista, previa chiusura del rapporto di conto corrente, in data 27/09/1995” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto l’insussistenza dei requisiti per la irripetibilità della prestazione, omettendo di verificare se la parte a ciò onerata avesse assolto ai rispettivi oneri di allegazione e deduzione dell’irripetibilità.

1.7. Settimo motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2220 c.c., comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto possibile disporre, a carico della banca appellata, l’esibizione degli estratti del conto corrente dall’inizio del rapporto fino al 30/06/1989” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di rimettere la causa sul ruolo al fine di ordinare tra l’altro l’esibizione a carico della banca degli estratti conto relativi a parte del rapporto.

2. Preliminarmente va valutata l’ammissibilità del ricorso in riferimento al disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 3, che vieta la ricorribilità immediata in cassazione delle sentenze di appello che non decidano nemmeno parzialmente il giudizio; all’uopo rileva questa Corte che la sentenza impugnata ha dichiarato la legittimazione attiva della controricorrente ad agire in giudizio ma ha anche confermato per il resto la sentenza di primo grado che, conteneva statuizioni in tema di prescrizione dell’azione, ripetibilità del pagamento di interessi in misura ultralegale, determinabilità del tasso di interesse applicato al rapporto e rilevanza della L. n. 287 del 1990 e della L. n. 154 del 1992. Se la questione della legittimazione attiva rientra nel divieto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 3, in quanto è questione meramente preliminare di rito inidonea a definire nemmeno parzialmente il giudizio, tuttavia le altre questioni confermate dalla sentenza di appello, e segnatamente quelle relative alla prescrizione del diritto fatto valere, alla nullità dell’interesse ultralegale e alla ripetibilità di quanto pagato per interessi sono questioni che definiscono parzialmente il giudizio (che infatti prosegue solo per la determinazione del quantum debeatur), sicchè sfuggono al citato divieto e rendono ammissibile l’odierna impugnazione.

3. Nel merito il ricorso è fondato nei limiti delle seguenti considerazioni.

3.1 I primi tre motivi, da trattare unitariamente stante la loro oggettiva connessone, sono fondati nei sensi di seguito precisati. La Corte territoriale ha basato la reiezione dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca sulla seguente letterale affermazione: “la banca ha eccepito esclusivamente la prescrizione quinquennale ed ha omesso comunque… di precisare la decorrenza della medesima ai sensi dell’art. 2935 c.c., avuto riguardo alla distinzione fra versamenti solutori o ripristinatori, nè il giudice può applicare ex officio una prescrizione diversa da quella eccepita dalla parte interessata o individuarne la decorrenza, ostandovi il disposto dell’art. 2938 c.c.”. Tale motivazione non è corretta. Ed invero l’eccezione di prescrizione si risolve nell’allegazione di una prolungata inerzia del titolare del diritto nel farlo valere e nella espressione di volontà della parte che la solleva di voler profittare di tale situazione; in tale fattispecie quindi il giudice non è affatto vincolato dalla specificazione della durata della prescrizione indicata dalla parte, perchè l’identificazione della durata è questione di qualificazione giuridica, come tale non sottoposta ad alcuna preclusione o limitazione (Cass. Sez. 6/3, sentenza n. 1064 del 20/1/2014; id. Sez. Lavoro, sentenza n. 3126 del 3/3/2003). Il riferimento alla circostanza che la banca eccipiente abbia omesso di specificare la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse sul conto non rileva poi al fine di scrutinare la corretta formulazione dell’eccezione ma, semmai, è questione di merito inerente l’esito del giudizio su tale profilo, che tuttavia la sentenza impugnata ha omesso di effettuare arrestandosi in via preliminare.

3.2 Il quarto motivo è infondato. Innanzitutto va affermato che l’onere di provare la validità dell’art. 7 comma 3 del contratto di conto corrente, contenente il rinvio agli usi su piazza per la determinazione del saggio di interesse da applicare al rapporto, incombe sulla banca ricorrente, posto che costituisce il fatto costitutivo della sua pretesa di corretta determinazione degli interessi applicati al contratto bancario stipulato con la dante causa della controricorrente. Nel merito della questione va affermato che nel regime anteriore all’entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154, la determinazione dell’oggetto della prestazione di interessi può ritenersi soddisfatta anche per relationem – e non solo per iscritto come per il periodo successivo – attraverso tuttavia il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obbiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse e si realizza anche quando il tasso di interesse è desumibile dal contratto, senza tuttavia alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo alla banca (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2072 del 29/01/2013). La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, rilevando – con giudizio di fatto sottratto alla valutazione di questa Corte di legittimità – che la banca non aveva provato gli accordi interbancari di determinazione del tasso per relationem ante 1992.

3.3. Il quinto motivo di ricorso è assorbito dal rigetto del quarto motivo, perchè la Corte di appello ha correttamente ritenuto che la banca non ha provato la validità della clausola determinativa degli interessi.

3.4 Il sesto motivo è infondato.

Va premesso, in linea generale, che secondo la giurisprudenza di questa Corte “il debitore che abbia pagato spontaneamente interessi superiori al tasso legale non pattuiti per atto scritto, a norma dell’art. 1284 c.c., non può ripeterne l’importo, dovendo tale pagamento essere qualificato come adempimento di un’obbligazione naturale” (Cass., sez. 3, 30 maggio 2008, n. 14481). Tuttavia nella fattispecie non si tratta di adempimento spontaneo, ma di adempimento derivante da una pattuizione contrattuale, pur derivante da contratto successivamente dichiarato in parte nullo; ma ciò comunque impedisce di rinvenire nella specie il presupposto della spontaneità, e vieppiù quello dell’adempimento a un’obbligazione di valore morale o sociale, propri dell’adempimento di obbligazioni naturali.

3.5 II settimo motivo è inammissibile poichè non censura un provvedimento reso dalla Corte territoriale, ma contesta un provvedimento istruttorio, che il giudice peraltro ha solo preannunciato di voler prendere nella prosieguo dell’istruttoria.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2017

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