Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16137 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 22/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14561/2010 R.G. proposto da:

S.F., rappresentato e difeso, per procura a margine del

ricorso, dall’avv. Pietro Rabiolo ed elettivamente domiciliato

presso lo studio legale dell’avv. Gaetano Alessi, in Roma, piazza

Martiri di Belfiore, n. 2;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, nonchè AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, Sezione distaccata di Caltanisetta, n. 63/28/09, depositata

in data 6 aprile 2009.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 maggio

2017 dal Cons. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO

– che con sentenza n. 63 del 6 aprile 2009 la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso la cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo a seguito di controllo formale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis della dichiarazione Modello Unico 2004 da cui era emerso una maggiore IVA dovuta dal contribuente, avendo l’amministrazione finanziaria disconosciuto il maggior credito riportato dal contribuente in una dichiarazione integrativa di quella dell’anno 2002 presentata tardivamente;

– che i giudici di appello sostenevano che nella specie andava fatta applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis che consentiva la presentazione di una dichiarazione integrativa “in diminuzione (o a favore)” del contribuente, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo e che, conseguentemente, la dichiarazione integrativa presentata, nella specie, in data 4/12/2007 in relazione all’anno di imposta 2002 era da considerarsi tardiva; aggiungevano che, comunque, il contribuente neppure aveva fornito prova adeguata dell’invocato credito IVA, essendosi limitato a produrre “copia informe dei prospetti mensili relativi alla liquidazione dell’IVA”;

– che avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replicano con controricorso l’intimata Agenzia delle Entrate nonchè il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

CONSIDERATO

– che va preliminarmente dichiarato inammissibile il controricorso, in quanto spedito per la notificazione il 20/07/2010 e, quindi, ben oltre il termine previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., che nella specie scadeva il 5/07/2010, atteso che il ricorso risulta essere stato notificato il 26/05/2010 e, pertanto, il termine per il deposito del medesimo nella Cancelleria di questa Corte (nella specie effettuato in data 9/06/2010) scadeva il 15/06/2010 e, conseguentemente, l’ulteriore termine di venti giorni andava a scadere nella data sopra indicata;

– che con il primo motivo di ricorso, corredato da idoneo quesito di diritto, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 322 del 1998, art. 8, comma 2 bis in quanto disposizione dettata con espresso riferimento alle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P. mentre nella specie, vertendosi in materia di dichiarazione IVA, avrebbe dovuto farsi applicazione della disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e ritenersi emendabile detta dichiarazione nel termine quadriennale concesso all’amministrazione finanziaria per la notifica degli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti di cui, rispettivamente, agli artt. 54 e 55 del medesimo decreto;

– che con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2719 cod. civ. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, commi 4 e 5, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere che non era stata fornita prova del credito IVA invocato per avere il contribuente prodotto solo la “copia informe dei prospetti mensili relativi alla liquidazione dell’IVA”, nonostante l’ufficio finanziario non avesse mosso alcuna contestazione alla conformità all’originale dei predetti documenti, nel qual caso, peraltro, la commissione avrebbe dovuto ordinare l’esibizione degli originali;

– che con il terzo motivo di ricorso deduce l’omessa motivazione in ordine al motivo di appello con cui aveva dedotto di non avere perso il diritto alla detrazione del credito IVA emergente dalla contabilità, o il diritto al suo rimborso, che, a mente del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 avrebbe potuto esercitare “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto”;

– che i motivi vanno esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi;

– che in materia di credito IVA va ricordato l’insegnamento nomofilattico del Supremo consesso di questa Corte (Cass., Sez. U., n. 13378 del 2016) secondo cui il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 opera una netta distinzione tra dichiarazioni integrative in malam partem (di cui al comma 8) e quelle in bonam partem (di cui al comma 8 bis), prevedendo che “la correzione di errori od omissioni in danno della P.A. sono emendabili non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 – nonchè, con specifico riferimento alla disciplina anteriore alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 637 alla mancata constatazione della violazioni e le attività di accertamento (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 14999 del 17/07/2015; Sez. 5, Sentenza n. 5398 del 04/04/2012)”, mentre “gli errori o omissioni in danno del contribuente possono (…) essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante”;

– che nella citata pronuncia le Sezioni unite hanno anche affermato che “il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”, purchè però l’eccedenza d’imposta “risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto” (Cass., Sez. U., n. 17757 e n. 17758 del 2016; conf. Cass. n. 1627 del 2017, secondo cui “In tema di IVA, ove il contribuente fruisca di un credito d’imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, non perde il diritto alla sua detrazione se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo, atteso che la decadenza è comminata, giusta il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4, (“ratione temporis” vigente), soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nella prima dichiarazione utile, sempre che la detrazione sia esercitata, D.P.R. n. 322 del 1998, ex art. 8, comma 3, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui in diritto è sorto”);

– che nel caso di specie il contribuente aveva tempestivamente riportato nella dichiarazione relativa all’anno 2003 l’eccedenza di imposta IVA che aveva omesso di indicare nella dichiarazione relativa all’anno 2002, in cui era sorto, con la conseguenza che la presentazione della dichiarazione integrativa doveva ritenersi del tutto superflua, avendo il contribuente comunque acquisito il diritto alla compensazione di quell’eccedenza;

– che è, altresì, errata la statuizione di appello laddove esclude il valore probatorio della documentazione prodotta in copia dal ricorrente, non essendosi i giudici di appello attenuti al principio giurisprudenziale secondo cui “in tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 4 la produzione, da parte del ricorrente, di documenti in copia fotostatica costituisce modalità idonea per introdurre la prova nel processo, atteso che, ai sensi dell’art. 2712 cod. civ., è onere dell’Amministrazione finanziaria contestarne la conformità all’originale, in presenza della quale il giudice è tenuto a disporre la produzione del documento in originale D.Lgs. n. 546 cit., ex art. 22, comma 5” (Cass. n. 8446 del 2015);

– che, pertanto, i motivi di ricorso vanno accolti, la sentenza impugnata va cassata e la causa decisa nel merito, non essendovi ulteriori accertamenti in fatto da compiere, con accoglimento dell’originario ricorso proposto dal contribuente e conseguente annullamento della cartella di pagamento impugnata;

– che le spese processuali di tutti i gradi di giudizio vanno compensate in ragione della sopravvenuta pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte.

PQM

 

accoglie i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dal contribuente, compensando le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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