Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16334 del 03/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 03/07/2017, (ud. 21/07/2016, dep.03/07/2017),  n. 16334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8298-2014 proposto da:

M.W. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.I. ISTITUTO NEUROTRAUMATOLOGICO ITALIANO S.P.A. (già S.R.L.)

C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio

dell’avvocato MARCO MARAZZA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DOMENICO DE FEO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4542/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/09/2013, R.G. N. 8452/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/07/2016 dal Consigliere Dott. LEO GIUSEPPINA;

udito l’Avvocato NICOLA STANISCIA per delega SALVINO GRECO;

udito l’Avvocato PAOLA PIGNATARO per delega DOMENICO DE FEO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udienza del 21 luglio 2016.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 21/9/2013, respingeva il gravame proposto da M.W. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede con la quale era stato respinto il ricorso proposto dal M., nei confronti dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano S.r.l. – presso il quale aveva lavorato per circa dieci anni con la qualifica di operaio specializzato -, diretto ad ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli il 21/3/2007 per carenza di giusta causa, con condanna della società datrice di lavoro alla immediata reintegrazione del dipendente ed al pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegra.

Per la cassazione della sentenza ricorre il M. sulla base di un motivo contenente due censure.

L’Istituto Neurotraumatologico Italiano S.r.l. (INI) resiste con controricorso e deposita memoria ai sensi dell’art. 378 del codice di rito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo articolato il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324, 112, 115 e 116 c.p.c., nonchè “il vizio di motivazione”, lamentando, in sostanza, che la Corte di merito sarebbe pervenuta ad una decisione illogica rispetto alle risultanze istruttorie, dalle quali si evincerebbe con chiarezza che la condotta del lavoratore configuri un’ipotesi di legittima difesa. Inoltre, a parere del M., i giudici di seconda istanza avrebbero omesso di pronunziare sulla circostanza determinante “della contraddizione del teste Ma. tra quanto riferito dallo stesso nella denuncia penale e quanto ammesso come testimone e di per sè idonea a giustificare l’inattendibilità del teste stesso”.

1.1. Il motivo, come anticipato in narrativa, è articolato in due censure, entrambe da respingere.

Invero, in ordine alla valutazione degli elementi probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, alla stregua dei costanti arresti giurisprudenziali di questa Suprema Corte, qualora il ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con l’attribuzione di una diversa valutazione alle dichiarazioni testimoniali relativamente alle quali si denunzia il vizio (cfr., ex plurimis, Cass. n. 6023 del 2009).

Nel caso di specie, invero, la contestazione, peraltro del tutto generica, sulle dichiarazioni rese da un testimone, senza che le stesse siano state trascritte, si risolve in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto di una deposizione testimoniale e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione sarebbe mancata o sarebbe stata illogica (cfr. Cass. n. 4056 del 2009), finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013: Cass. n. 14541/2014).

Peraltro, quanto al dedotto – vizio di motivazione”, va rilevato, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), che per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel – contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella – motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 21/9/2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fallo decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parli. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152 del 2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza – così radicale da comportare” in linea con quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”.

E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale del giudice di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229 del 2015) che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico – giuridiche del tutto congrue in ordine alla configurazione del licenziamento di cui si tratta come licenziamento per giusta causa. Infatti, dopo una puntuale ricostruzione dei fatti di causa, la Corte ha rettamente declinato le ipotesi in cui ricorre quest’ultimo tipo di licenziamento, con riferimento agli arresti giurisprudenziali di legittimità, ed ha spiegato i motivi per i quali la risoluzione del rapporto di lavoro del M. sia da configurare come tale.

2. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2017

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