Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17861 del 19/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/07/2017, (ud. 13/03/2017, dep.19/07/2017),  n. 17861

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19097/2016 proposto da:

H.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANNI ENZO BASILE;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA;

– intimata –

avverso il decreto n. 139/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata l’11/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/03/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello dell’Aquila, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, proposta dal cittadino straniero H.M. avente ad oggetto l’autorizzazione a permanere in Italia per il grave disagio psicofisico che il figlio minore patirebbe a causa del suo allontanamento.

A sostegno del rigetto la Corte ha rilevato: che non sono state indicate ragioni specifiche a sostegno della domanda; che la norma non si applica a situazioni di durata indeterminabile e caratterizzate da tendenziale stabilità, non trattandosi di uno strumento volto nei fatti a superare con provvedimenti reiterati una situazione di perdurante irregolarità del soggiorno; che nella specie la necessità della permanenza del reclamante H.M. non viene indicata come transeunte e limitata ad un certo lasso temporale, venendo al contrario rappresentata come perdurante sino al raggiungimento dell’indipendenza economica da parte del figlio; infine, che il SUO allontanamento non pregiudicherebbe in maniera irreparabile la serenità del bambino, che potrebbe rimanere in Italia con la madre e le sorelle maggiorenni.

Per la cassazione di suddetta pronuncia ricorre H.M., affidandosi a tre motivi.

Non svolge attività difensiva la Procura generale.

Deduce il ricorrente:

1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il decreto impugnato nega l’autorizzazione ex art. 31 cit. sulla base della mancata indicazione da parte dell’istante del lasso temporale durante il quale si intendeva beneficiare del permesso di soggiorno, malgrado la norma non lo richieda affatto, essendo demandata all’autorità giurisdizionale l’eventuale predetetrninazione temporale dell’autorizzazione; la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dell’indirizzo espresso dalla sentenza Cass. 21799/2010, che non richiede la presenza di situazioni contingenti ed eccezionali, ma la sussistenza di gravi motivi idonei a pregiudicare lo sviluppo equilibrato e sereno del minore, anche in considerazione della sua tenera età;

2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte territoriale ha escluso la riproponibilità del ricorso ex art. 31 cit. perchè l’istante aveva già ottenuto in precedenza l’autorizzazione a permanere in Italia per prendersi cura del figlio minore;

3) omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte d’appello non ha accertato la sussistenza dei “gravi motivi” come previsto dalla norma in questione, con particolare riferimento alla relazione dei Servizi sociali che descrive il grave pregiudizio che il minore subirebbe ove H.M. fosse allontanato. E’ stata inoltre illegittimamente disattesa, sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello, la richiesta di una nuova perizia sul minore.

Il Collegio non condivide la proposta di decisione del Consigliere relatore designato ex art. 380 bis c.p.c., così formulata: “manifesta infondatezza del ricorso: il provvedimento impugnato è conforme alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, e non sussistono situazioni idonee al rilascio dell’autorizzazione alla permanenza per assistenza al figlio minore”.

Il primo motivo è fondato, non avendo la Corte d’appello fatto corretta applicazione dei principi sanciti da questa Corte con la pronuncia a sezioni unite n. 21799/2010.

L’esame che il giudice di merito è chiamato a compiere a fronte dell’istanza di autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, è diretto all’accertamento della sussistenza di “gravi motivi” basati su una situazione oggettiva attuale oppure su una situazione futura dedotta, attraverso un giudizio prognostico, quale conseguenza dell’allontanamento improvviso del familiare del minore. Tale autorizzazione è concessa a tempo determinato ed è revocabile a fronte del venir meno delle sue ragioni giustificative, giacchè la condizione psico-fisica del minore è una situazione suscettibile di mutare ed evolversi nel tempo.

Nella specie la Corte d’appello riporta che l’odierno ricorrente aveva già ottenuto l’autorizzazione a rimanere in Italia ai sensi della norma in questione, ma svolge una valutazione del tutto sommaria circa il possibile permanere di quelle circostanze che a suo tempo giustificarono l’accoglimento dell’istanza, malgrado la puntuale relazione dei Servizi sociali e la richiesta (disattesa) di svolgere una consulenza tecnica d’ufficio. Al contrario, il reclamo è stato respinto perchè è stato ritenuto che l’allontanamento di H.M. non avrebbe pregiudicato in maniera “irreparabile” la serenità del minore, “irreparabilità” che tuttavia è un parametro affatto estraneo sia alla norma de qua sia all’interpretazione datane da questa Corte, che al contrario riconduce nell’alveo applicativo dell’art. 31, comma 3, “qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obbiettivamente grave” (Cass., ss. uu., 21799/2010).

Manca nel decreto impugnato un esame effettivo delle condizioni previste dalla norma, ragion per cui il provvedimento deve essere cassato con rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2017

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