Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20888 del 07/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 07/09/2017, (ud. 06/06/2017, dep.07/09/2017),  n. 20888

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29586/2011 proposto da:

Hypo Alpe Adria Bank S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via uqo De Carolis n.

34-b, presso l’avvocato Cecconi Maurizio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Decchino Laura, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione, in persona del curatore

Dott. S.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Gavinana n. 2, presso l’avvocato Ferrari Marco Paolo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Nevoni Roberto, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VICENZA, depositato il

18/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/06/2017 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Viene proposto ricorso, sulla base di quattro motivi, contro il decreto del Tribunale di Vicenza, che ha respinto l’opposizione avverso lo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l., proposta dalla creditrice Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., volta al riconoscimento di crediti (a titolo di canoni di prelocazione finanziaria, fatture pagate a terzi ed interessi), derivanti dal contratto di locazione finanziaria concluso tra le parti il 7 dicembre 2005.

Ha ritenuto il giudice del merito che nulla sia dovuto alla banca, perchè il contratto di locazione finanziaria, pur munito di data certa, era sospensivamente condizionato al venire ad esistenza ed alla consegna dell’immobile, condizioni che non risultano essersi verificate, mentre ha reputato inammissibili le prove testimoniali articolate dalla creditrice e la richiesta c.t.u..

Resiste con controricorso l’intimata procedura.

La ricorrente ha depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1322,1353,1362,1363,1366,1719 e 1720 c.c., in quanto le parti conclusero due contratti, l’uno di compravendita del fondo e l’altro di locazione finanziaria, quest’ultimo contenente anche l’incarico alla banca di concludere i contratti di appalto, fornitura, prestazione d’opera intellettuale ed assicurativi, necessari per la costruzione dell’immobile, provvedendo ai relativi pagamenti e sostenendone i costi. Il venire ad esistenza dell’immobile, pertanto, non era condizione sospensiva del contratto di leasing, essendo obbligata la stessa (OMISSIS) s.r.l. a tale edificazione, posto che detto evento condizionava esclusivamente l’efficacia delle clausole relative alla concessione della locazione finanziaria (godimento del bene, obbligo di manutenzione, obbligo di pagamento dei canoni di locazione, diritto di acquisto del bene al termine della locazione), ma non certo quelle afferenti il rimborso dei costi sostenuti dalla mandataria. Ed invero, il contratto conteneva il mandato a compiere una serie di atti giuridici nell’interesse dell’utilizzatrice, con il conseguente diritto della mandataria di ottenerne i mezzi necessari ed il rimborso dei pagamenti, come previsto sia dalle citate norme sul mandato, sia espressamente dall’art. 2 delle c.g.c.; in ogni caso, il contratto di mandato si è sciolto per il fallimento della utilizzatrice, onde questa resta obbligata a rimborsare alla concedente tutti pagamenti eseguiti per l’acquisto e l’edificazione del fondo.

Con il secondo motivo, la ricorrente censura la motivazione omessa o insufficiente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo il tribunale adeguatamente considerato le clausole contrattuali, secondo cui sin dalla conclusione del negozio la (OMISSIS) s.r.l. si era obbligata a far edificare l’immobile ed a prenderlo in consegna, nonchè, anche per il caso di risoluzione o scioglimento del mandato, a rimborsare alla controparte tutti i pagamenti eseguiti per l’acquisto e l’edificazione dell’immobile (artt. 2-4, 8, 10 del leasing, 1.2 della vendita, 6 dell’appalto).

Con il terzo motivo, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2704,2721 e 2726 c.c., perchè il tribunale ha ritenuto priva di data certa la raccomandata inviata ex art. 1456 c.c., alla utilizzatrice, nonostante il timbro postale sulla medesima che forniva la certezza della data (12 gennaio 2009), peraltro del tutto irrilevante (posto che il contratto di leasing non avrebbe comunque più potuto trovare esecuzione ed il mandato si è sciolto col fallimento), e perchè non ha ammesso le prove testimoniali e svolto la richiesta c.t.u..

Con il quarto motivo, deduce la nullità del provvedimento impugnato, laddove difetta una reale motivazione circa la non ammissione delle prove e richieste contenute nelle istanze istruttorie.

2. – Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono fondati.

2.1. – Come questa Corte ha già osservato, “l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, oppure – nel vigore della novellato testo di detta norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti” (Cass. 14 luglio 2016, n. 14355).

Dispone, in particolare, l’art. 1363 c.c., che le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, dovendosi attribuire “a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto”.

Esso, pertanto, impone di procedere al coordinamento delle varie clausole e di interpretarle complessivamente le une a mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso risultante dall’intero negozio: ne deriva che la violazione del principio di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali si configura non soltanto nell’ipotesi della loro omessa disamina, ma anche quando il giudice utilizza esclusivamente frammenti letterali della clausola da interpretare e ne fissa definitivamente il significato sulla base della sola lettura di questi (cfr. Cass. 4 maggio 2011, n. 9755; 17 febbraio 2010, n. 3685; 26 febbraio 2009, n. 4670; 14 aprile 2006, n. 8876; 29 marzo 2004, n. 6233; 14 novembre 2002, n. 16022).

Dunque, costituisce principio consolidato, enunciato da questa Corte, che il giudice del merito non può, nella interpretazione dei contratti arrestarsi ad una considerazione “atomistica” delle singole clausole: ciò, si badi, neppure quando la loro interpretazione sembra non dare luogo ad alcuna incertezza sulla base del “senso letterale delle parole”: espressione che deve intendersi come riferita all’intera formulazione letterale della dichiarazione negoziale e non già limitata ad una parte soltanto, qual è una singola clausola del contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e confrontare fra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato, in modo che le varie espressioni vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza.

Il giudice, in definitiva, deve procedere secondo un iter che, partendo dall’accertamento del senso letterale di ciascuna clausola, provveda poi a verificarlo nel confronto reciproco ed, infine, armonizzi razionalmente nella valutazione unitaria dell’atto.

Ciò è tanto più vero quando le parti non solo abbiano concluso negozi tra di loro collegati, ma questi, a loro volta ed al di là del nomen iuris, contengano multiple previsioni riconducibili a diversi tipi negoziali, tanto da presentare elementi del contratto atipico o misto (art. 1322 c.c.).

Con tali strumenti, rimessi all’autonomia delle parti, infatti, le parti intendono conseguire uno scopo ulteriore e diverso rispetto a quello astrattamente conseguibile con la stipula di singoli e separati contratti tipici. Com’è noto, in tema di collegamento negoziale, non si dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma al perseguimento di un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo negozio, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali peraltro conservano una loro causa autonoma: sicchè “il vincolo di reciproca dipendenza non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica” (Cass. 22 settembre 2016, n. 18585).

Tale quid pluris, a sua volta, non può che riverberare effetti anche sul piano dell’interpretazione negoziale (cfr. Cass. 9 dicembre 2014, n. 25840).

2.2. – Nella specie – ove trova applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alla novella – il tribunale ha violato le predette regole ermeneutiche e principi di diritto, e risulta affetto da vizio di motivazione insufficiente.

Infatti, estrapolando una sola frase dalla premessa del contratto (il decreto richiama la p. 1), secondo cui “il presente contratto di leasing immobiliare è condizionato al venir ad esistenza dell’immobile”, ha preteso di fondare su di essa la negazione del diritto della concedente-mandataria al rimborso dei pagamenti a terzi appaltatori, fornitori, prestatori d’opera ed altro, sostenuti per la conclusione dei contratti necessari e posti in essere in esecuzione della complessiva operazione negoziale.

In contrasto con i richiamati principi, dunque, il giudice del merito, individuato il senso letterale delle parole di una frase contenuta nelle premesse del contratto, ha lì arrestato la propria indagine, ritenendo superfluo qualsiasi approfondimento: ma tale scelta non era consentita, dovendo poi il senso di questa clausola essere compreso alla luce dell’intero contesto dell’operazione compiuta dalle parti, secondo la funzione concreta degli accordi tra loro collegati.

Il decreto ha mostrato di non tenere in nessun conto la peculiare articolazione della complessiva operazione negoziale realizzata dalle parti secondo la sua causa concreta, come emergente dal dedotto collegamento tra il contratto di vendita del fondo ed il contratto di leasing, nè, soprattutto, del complesso contenuto di quest’ultimo: non limitato, invero, alla concessione del godimento del bene, ma ricco di numerose clausole, volte a realizzare l’interesse economico perseguito dalle parti e concernenti l’attribuzione di plurimi incarichi alla concedente-mandataria, relativi alla conclusione dei contratti di appalto, di fornitura, di opera, di assicurazione, e così via, al fine di collaborare nella realizzazione della costruzione stessa.

L’omesso esame della complessiva operazione negoziale, come emerge dalla motivazione, ha in tal modo precluso al decreto impugnato di cogliere il significato della stessa; in particolare, la non contestata attribuzione alla concedente di una pluralità di compiti integranti gli estremi del contratto di mandato, con la relativa disciplina legale, di cui alle norme dalla ricorrente invocate.

3. – L’esame dei rimanenti motivi resta assorbito.

4. – In conclusione, il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Vicenza, in diversa composizione, perchè esamini i contratti inter partes alla luce dei complessivi testi negoziali, della condotta delle parti e del principio di buona fede, motivando compiutamente la decisione assunta ed attenendosi al seguente principio di diritto: Nell’interpretazione dei contratti, gli strumenti dell’interpretazione letterale (art. 1362 c.c., comma 1) e della individuazione del senso che emerge dal complesso dell’atto (art. 1363 c.c.) sono legati da un rapporto di necessità ed interdipendenza assumendo funzione fondamentale nella ermeneutica negoziale, onde non è consentito di isolare frammenti letterali della clausola o del testo, ma è necessario considerare il negozio nella sua complessità, raffrontare e coordinare tra loro parole e frasi, al fine di ricondurle ad armonica unità e concordanza, in particolare in presenza di un collegamento negoziale o di contenuti non riconducibili ad una unica causa negoziale, essendo allora necessario ricostruire la concreta funzione economica dell’intera operazione negoziale.

Al medesimo giudice si demanda la liquidazione delle spese di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la liquidazione delle spese di legittimità, innanzi al Tribunale di Vicenza, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2017

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