Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22266 del 25/09/2017
Cassazione civile, sez. I, 25/09/2017, (ud. 10/05/2017, dep.25/09/2017), n. 22266
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24590/2011 proposto da:
Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore dott.
L.C.G., elettivamente domiciliato in Roma, viale G. Mazzini n. 911,
presso l’avvocato Salvini Livia, rappresentato e difeso
dall’avvocato Bidoggia Elenio, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Equitalia Nord s.p.a., incorporante Equitalia Esatri s.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, piazzale Clodio n. 32, presso l’avvocato
Ciabattini Lidia, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati Romano Andrea e Romano Cristiano, giusta procura a margine
del controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 10329/2011 del TRIBUNALE di MILANO, depositato
il 03/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/05/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.).
Fatto
FATTO E DIRITTO
1.- Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ricorre per cassazione nei confronti di Equitalia Nord s.p.a., svolgendo due motivi avverso il decreto emesso dal Tribunale di Milano in data 3 agosto 2011, n. 10329.
Riformando parzialmente il provvedimento reso dal giudice delegato alla procedura, con tale decreto il Tribunale milanese ha ammesso il credito preteso da Equitalia, in parte al privilegio in parte al chirografo, rilevando che “ai fini dell’insinuazione/ammissione al passivo del credito erariale” è “sufficiente ai fini probatori l’avvenuta trasmissione del ruolo al concessionario per la riscossione”, senza che di conseguenza occorra “anche la prova dell’avvenuta previa notifica della cartella esattoriale”.
Nei confronti del ricorso presentato dal Fallimento resiste Equitalia, che ha depositato apposito controricorso.
2.- I motivi di ricorso presentati dal Fallimento denunziano i vizi qui di seguito richiamati.
Il primo motivo invoca, in particolare “violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 25, 26 e 87, comma 2, dell’art. 3 Cost., nonchè dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Il secondo motivo a sua vola censura “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
3.- Il primo motivo si sostanzia nella rilevazione che, ai fini dell’ammissione al passivo, occorre che l’Amministrazione erariale dia prova dell’avvenuta notifica della cartella di pagamento al contribuente fallito: “se così non fosse” – si argomenta in particolare – “la notifica della cartella di pagamento, mentre sarebbe fondamentale per il contraente in bonis, diventerebbe del tutto irrilevante per il contribuente fallito”, così altresì creando una “ingiustificata disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 Cost.”.
Il motivo non merita accoglimento.
Come riscontrato dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte 15 marzo 2012, n. 4126 non risulta necessaria, ai fini dell’insinuazione, la previa notifica della cartella esattoriale. Questo indirizzo risulta, del resto, ormai del tutto consolidato: cfr., da ultimo, la pronuncia di Cass., 13 giugno 2017, n. 14693.
In questa prospettiva è stato rilevato, in particolare, con riferimento alle norme del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 87 e 88 che l'”ammissione al passivo dei crediti tributari è richiesta dalle società concessionarie per la riscossione sulla base del semplice ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale”.
4.- Il secondo motivo di ricorso muove dalla rilevazione che il decreto del Tribunale milanese ha, tra le altre cose, stabilito che “il credito relativo a cartelle inerenti a sanzioni amministrative, anzichè a credito tributario in senso stretto”, che pure era stato avanzato da Equitalia, “non può essere ammesso”. E assume che il montante relativo al credito tributario, che in concreto è stato ammesso, si manifesta “del tutto incomprensibile”: in quanto la differenza tra la misura della domanda di ammissione formulata da Equitalia e quella poi ammessa dal decreto impugnato “non coincide con le sanzioni amministrative”.
Il motivo è inammissibile.
Lo stesso, infatti, risulta formulato in termini generici e solo enunciativi, senza neppure indicare a quanto, nell’ambito della domanda formulata da Equitalia, sarebbero ammontati i pretesi crediti derivanti da sanzioni amministrative.
5.- In conclusione, ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte respinsè, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella misura di Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 10 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2017