Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22522 del 27/09/2017
Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 11/07/2017, dep.27/09/2017), n. 22522
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6101-2013 proposto da:
COMUNE DI CEFALU’, elettivamente domiciliato in ROMA VIA NOMENTANA
251, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRILLO, rappresentato e
difeso dall’avvocato PASQUALE DI PAOLA;
– ricorrente –
contro
IGAC IMMOBILIARE GRANDI ALBERGHI CEFALU’ SPA, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo STUDIO LEGALE
MIGLIAZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO CORSELLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 157/2012 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,
depositata il 09/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/07/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.
Fatto
RILEVATO
che il Comune di Cefalù propone ricorso, affidato ad un motivo ed illustrato con memoria, per la cassazione della sentenza n. 157/30/12, depositata il 9/8/2012, della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che ha respinto, compensando le spese del grado, l’appello proposto avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto l’impugnazione della cartella di pagamento per tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), anno 2008, proposta da I.G.A.C. Immobiliare Grandi Alberghi Cefalù s.p.a., relativamente alla struttura alberghiera denominata “(OMISSIS)”;
che il Giudice di appello, in particolare, ha ritenuto illegittima, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, comma 2, l’applicazione di tariffe differenziate agli immobili adibiti ad alberghi, rispetto a quelli adibiti a civile abitazione, in quanto in contrasto con criterio di omogeneità, e per assenza, nel Regolamento comunale, di una motivazione idonea a giustificare l’applicazione di maggiori tariffe alla categoria degli esercizi alberghieri, avuto riguardo alle caratteristiche e peculiarità di ciascuna struttura ed all’uso di singole aree e locali non allo stesso modo produttivi di rifiuti; che l’intimata società resiste con controricorso e memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che il ricorrente Comune deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, art. 69, comma 2, art. 115 c.p.c., giacchè la CTR ha ritenuto che tali disposizioni contemplino in un’unica categoria, locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, ed esercizi alberghieri, laddove il Regolamento del Comune di Cefalù, sulla base del quale è stato predisposto il ruolo Tarsu, ha invece legittimamente determinato la tassa dovuta da ciascuna classe di contribuenza, tenendo conto della maggiore capacità di produrre rifiuti che hanno gli alberghi rispetto alle civili abitazioni, inserendo i primi in una categoria distinta e tassabile con una diversa misura tariffaria, in quanto dal fatto notorio, e dalle nozioni di comune esperienza, discende la constatazione della diversa capacità di produzione di rifiuti degli uni rispetto alle a tre;
che il suesposto motivo è fondato e merita accoglimento;
che la doglianza investe il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, comma 2, in relazione alla contestata applicazione, da parte del Comune, agli immobili adibiti ad alberghi, rispetto a quelli adibiti a civile abitazione, di differenti tariffe, ed alla idoneità contestata dalla contribuente – di una motivazione basata sul mero dato di comune esperienza delta maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto alle civili abitazioni;
che invero, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 8, sancisce che la tariffa è determinata dagli enti locali, e, secondo un ormai consolidato orientamento di questa Corte, “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a uueste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della Delib., non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati base alla loro classificazione economica.” (Cass. n. 16175/2016; n. 12859/2012; 26132/2011; n. 302/2010; n. 13957/2008; n. 5722/2007);
che, in ordine ai profilo dell’obbligo di motivazione della delibera comunale che prevede una differenziazione tra civile abitazione ed esercizio alberghiero, questa Corte ha affermato che ” In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65 poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”. ” (Cass. n. 22804/2006; n. 26132/2011; n. 7044/2014; n. 11966/2016);
che, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata e, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario della contribuente;
che l’evolversi della vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese processuali del giudizio di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità, secondo soccombenza, sono poste a carico della intimata e liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa integralmente le spese dei giudizio di merito e condanna la intimata società al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi del testo unico approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della non sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017