Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23925 del 11/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 11/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.11/10/2017), n. 23925
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11689-2016 proposto da:
COMUNE CASAMICCIOLA TERME, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo
studio dell’avvocato NICOLA BULTRINI, rappresentato e difeso
dall’avvocato RAFFAELE MARCIANO;
– ricorrente –
contro
EDIL GIUSAGO DI M.G. & C SAS, persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VAL D’OSSOLA, 100, presso lo studio dell’avvocato MARIO PETTORINO
rappresentato e difeso dagli avvocati PASQUALE PACIFICO e VITO
MAZZELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10689/3/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI, depositata l’01/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la società contribuente ha resistito con controricorso, l’ente impositore impugnava la sentenza della CTR della Campania, relativa ad un avviso di accertamento ICI emesso per omesso versamento dell’imposta per il periodo 2008-2011, relativamente ad un immobile concesso in locazione ad uso caserma dei Carabinieri, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omesso esame di un fatto decisivo, sul medesimo profilo di censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, erroneamente i giudici d’appello avevano ritenuto sussistere i requisiti per l’esenzione di cui alla norma indicata in rubrica, difettando il requisito soggettivo di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. a) in quanto l’immobile non era di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici, ma era di proprietà della società contribuente, nè l’esenzione sussisterebbe ai sensi della lettera i) del medesimo art. 7, in quanto, la società contribuente non rientrerebbe nella categoria degli enti non commerciali (p. 6 ricorso).
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Il ricorso è fondato.
Secondo l’insegnamento d questa Corte “In materia di ICI, l’esenzione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell’immobile da parte dell’ente proprietario, ancorchè per finalità di pubblico interesse.” (Cass. n. 12495/14, 7385/12, 28160/08, v. anche, Cass. n. 8870/2016, secondo Cass. n. 14912/16, lo svolgimento delle attività protette di cui al D.Lgs. n. 504 cit., art. 7, lett. i deve avvenire con modalità non commerciali).
Nel caso di specie, la società contribuente non rientra nel novero degli enti pubblici di cui alla lettera a) della norma agevolativa di cui alla rubrica, difettando, pertanto, per tale ipotesi d’esenzione il requisito soggettivo, mentre, in riferimento, all’ipotesi d’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i) la stessa società contribuente dichiara che l’immobile è concesso in locazione (v. p. 4 del controricorso), quindi, la stessa ritrae dall’immobile oggetto d”imposizione, un lucro espressione di capacità contributiva che esula dalla ratio agevolativa della norma fiscale, che è di stretta interpretazione.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito della già operata compensazione da parte delle CTR, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la società intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017