Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23807 del 11/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/10/2017, (ud. 17/07/2017, dep.11/10/2017),  n. 23807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29781-2011 proposto da:

T.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUCREZIO CARO

62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PADOVA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 53/2011 della COMM.TRIB.REG. del VENETO,

depositata il 22/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. T.L. ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR del Veneto, in epigrafe indicata, che – in controversia concernente la cartella di pagamento per Irpef per l’anno di imposta 2000, conseguente alla mancata convalida di una dichiarazione integrativa ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis per tardivo pagamento dell’ultima rata – aveva riconosciuto la legittimità della cartella stessa.

2. L’Agenzia delle entrate replica con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 286 del 2002, art. 9 bis (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere erroneamente ritenuto la CTR che il tardivo versamento dell’ultima rata comportasse la caducazione degli effetti premiali del condono medesimo.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la contraddittoria motivazione in merito all’assetto normativo desumibile dall’art. 9 bis cit., dal quale, secondo il ricorrente, si evincerebbe che gli effetti premiali conseguirebbero alla presentazione dell’istanza di condono ed al pagamento della prima rata.

2.1. Il primo motivo è infondato e va rigettato.

2.2. Come più volte affermato da questa Corte, il condono previsto dall’art. 9 bis cit., relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7,8,9,15 e 16 le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis in ordine alla determinazione del quantum, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo quando tale condizione venga rispettata, e si provveda al pagamento delle imposte nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione anticipata (cfr. tra molte, Cass. nn. 19546/2011, 21346/2012, 10650/2013, 25238/2013).

2.3. Nel caso in esame è incontestato che l’ultimo versamento era avvenuto oltre il termine perentorio previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis e successive proroghe e che quindi non ricorrevano le condizioni di legge prima ricordate per la efficacia del condono.

2.4. Inoltre, come questa Corte ha già affermato (Cass. n. 30722/2011), in materia tributaria l’interpretazione analogica, pur essendo in astratto possibile, in quanto le norme impositive non appartengono alle categorie contemplate dall’art. 14 preleggi (che concerne solo le norme penali e quelle eccezionali), trova, tuttavia, in concreto, difficile possibilità di applicazione in ragione della struttura solitamente rigida della loro formulazione, e risulta del tutto esclusa per le disposizioni che accordano benefici fiscali di natura derogatoria, e quindi eccezionale, come in tema di condono ove la scusabilità dell’errore è contemplata solo per la ricorrenza di discrasie connesse alla determinazione del quantum debeatur.

Invero, le leggi che prevedono meccanismi estintivi delle liti, attraverso comportamenti solutori o in base a presupposti di altra natura, hanno, in ordine alle previsioni di dettaglio, riguardanti i presupposti e le condizioni di loro operatività, carattere eccezionale che vieta all’interprete la possibilità di estenderle in via analogica a fattispecie diverse da quelle specificamente previste dalle norme premiali. Ciò vale anche per le differenti ipotesi di condono previste dalla L. n. 289 del 2002, disciplinate con modalità autonome.

La CTR si è attenuta ai principi richiamati e ne ha dato corretta attuazione.

3.1. Il secondo motivo, prospettato come vizio motivazionale, va dichiarato inammissibile perchè verte sulle medesime questioni di diritto prospettate con il primo motivo.

4.1. Conclusivamente il ricorso va rigettato, infondato il primo motivo ed inammissibile il secondo.

4.2. Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidate in dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso, infondato il primo motivo ed inammissibile il secondo;

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro.3.000,00=, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2017

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