Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24362 del 16/10/2017
Cassazione civile, sez. lav., 16/10/2017, (ud. 06/06/2017, dep.16/10/2017), n. 24362
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5636-2012 proposto da:
DOPLA SPA, C.F. (OMISSIS), già GIO’ STYLE MONOUSO SPA, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato
RENATO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIUSEPPE FOFFANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della
CARTOLARIZZAZIONE CREDITI INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati LELIO MARITATO,
CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso
dagli Avvocati LORELLA FRASCONA’, GIANDOMENICO CATALANO, giusta
delega in atti;
– controricorrenti –
e contro
E.N. SPA, C.F. (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 447/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 24/08/2011 R.G.N. 246/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/06/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato BITTERMAN EDOARDO per delega Avvocato SCOGNAMIGLIO
RENATO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;
udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 24 agosto 2011, in parziale accoglimento del gravame svolto dall’INPS e dall’INAIL, dichiarava dovuti dalla s.p.a. Giò Style Monouso, per quanto in questa sede rileva, i contributi e accessori riferiti ai contratti a tempo parziale conclusi con alcuni dipendenti.
2. La Corte territoriale riteneva fondata la contestazione riferita, nel verbale di accertamento, alla mancata indicazione temporale della prestazione lavorativa, nell’ambito giornaliero, e la conseguente inapplicabilità, con riferimento alla contribuzione previdenziale e assistenziale, del minimale orario di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 5, comma 5 conv. in L. n. 863 del 1984, con rideterminazione della contribuzione alla stregua dei minimali giornalieri, in applicazione dei principi affermati da Cass., Sez. U, n. 12269/2004, anche quanto alla disciplina applicabile, ratione temporis, (L. n. 863 del 1984) in considerazione della data della stipula dei predetti contratti; infine, riteneva applicabile il regime sanzionatorio dell’evasione contributiva, per avere il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare premi e contributi, occultato rapporti di lavoro effettivamente in essere, ponendo i lavoratori a disposizione del datore senza limiti temporali nell’arco della giornata, solo così potendo assicurarsi il rispetto dei turni assegnati di volta in volta.
3. Avverso tale sentenza ricorre la s.p.a. Dopla, subentrata alla s.p.a. Giò Style Monouso, con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui hanno resistito con controricorso, l’INPS e l’INAIL, quest’ultimo ha depositato memoria.
4. Equitalia s.p.a. è rimasta intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5 convertito in L. 19 dicembre 1984, n. 863 e del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, artt. 2,8 e 9, e della relativa successione temporale, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo ai fini del giudizio, la parte ricorrente assume che l’interpretazione dei contratti in esame si sarebbe dovuta compiere anche alla stregua della normativa sopravvenuta, in considerazione degli effetti perduranti nel tempo, o quantomeno dal 5 aprile 2000, e che la predeterminazione dell’orario giornaliero si sarebbe dovuta desumere, per relationem, dal contesto organizzativo da sempre in essere presso la società, caratterizzato da rigide turnazioni con preventiva conoscibilità e dalla consapevolezza che ne avevano i lavoratori.
6. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, commi 8 e 10, e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo ai fini del giudizio, la parte ricorrente assume che la Corte di merito non abbia tenuto conto, per escludere il dolo dell’evasione, del comportamento organizzativo della società e dell’oggettiva incertezza in riferimento all’obbligo contributivo e al contrasto giurisprudenziale esistente, all’epoca dell’ispezione e dell’instaurazione del giudizio, in tema di invalidità dei contratti a tempo parziale, per difetto di forma, e di applicabilità dei minimali orari o giornalieri.
7. Il primo motivo è infondato.
8. Come già affermato da questa Corte, con orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, la distribuzione dell’orario della prestazione, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno, integra il nucleo stesso del contratto di lavoro a tempo parziale e la ragion d’essere della particolare garanzia costituita dalla forma scritta, che assolve alla funzione di evitare che il datore di lavoro, avvalendosi di una carente o generica pattuizione sull’orario, possa modificarla a proprio piacimento a fini di indebita pressione sul lavoratore, conseguendone la nullità del contratto di lavoro part-time che non rechi l’indicazione scritta della distribuzione oraria della prestazione e l’esclusione dal beneficio contributivo previsto dal D.L. n. 726 del 1984, art. 5, comma 5, (v., fra le altre, Cass. 1 febbraio 2012, n.1430; Cass. 24 settembre 2014, n.20104).
9. Neanche può sopperire, alla garanzia della forma scritta, l’asserita predeterminazione dell’orario giornaliero evinta dal contesto organizzativo della società, come assume la società ricorrente, non potendo darsi, all’evidenza, conoscibilità e consapevolezza, nel lavoratore, di un peculiare contesto organizzativo, al momento della stipula del contratto di lavoro a tempo parziale.
10. Anche in tema di disciplina applicabile al contratto a tempo parziale, e di successione delle norme regolatrici del tipo contrattuale, si sono già espresse le Sezioni unite della Corte, con la sentenza n. 12269 del 2004, affermando che le nuove norme contenute nel D.Lgs. n. 61 del 2000 non si applicano ai rapporti a tempo parziale conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto, non avendo esse efficacia retroattiva.
11. Nella specie, come statuito dalla Corte di merito, nessun contratto risulta concluso dopo il 5 aprile 2000, derivandone l’inapplicabilità del citato D.Lgs. n. 61 del 2000.
12. Anche il secondo motivo è infondato.
13. La condotta del datore di lavoro si inscrive nell’evasione contributiva essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, giusta il disposto della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, tale ipotesi ricorre allorchè il datore di lavoro ometta di denunciare all’INPS rapporti di lavoro in essere e relative retribuzioni corrisposte, dovendo ravvisarsi la più lieve ipotesi dell’omissione solo qualora l’ammontare dei contributi di cui sia stato omesso o ritardato il pagamento sia rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie (cfr., da ultimo, in termini Cass. n. 5281/2017; v., anche, Cass. n. 17119/2015).
14. Nessuna censura merita, pertanto, la sentenza impugnata che ha escluso l’applicabilità della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. A) sulla base del rilievo che, nella specie, le denunce e registrazioni obbligatorie attestavano soltanto l’esistenza dei contratti di lavoro a tempo parziale e non consentivano, in sè, di determinare l’ammontare di contributi e premi dovuti ravvisando, in tale condotta del datore di lavoro, l’intenzione specifica di occultare i rapporti di lavoro in essere.
15. Neanche è censurabile la sentenza impugnata per avere escluso incertezze (valorizzabili ai fini della determinazione della sanzione) sull’esistenza dell’obbligazione contributiva, alla stregua del richiamo alle Sezioni unite della Corte intervenute, sulla questione, come già detto, sin dal 2004, ma ancor più per il rilievo assorbente che condizione imprescindibile, per la riduzione delle sanzioni civili, alla stregua dell’art. 116 citata Legge n. 388, art. 116 in caso di ritardato o omesso pagamento del contributi “derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giurisdizionale o amministrativa”, è l’integrale pagamento dei contributi e dei premi entro il termine fissato dagli Enti impositori, condizione che, nella specie, non risulta, adempiuta dalla parte ricorrente (v., in tal senso, fra le altre, Cass. 23 giugno 2016, n. 13070).
16. In definitiva il ricorso va rigettato.
17. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e si liquidano in favore delle parti che hanno svolto attività difensiva; nulla spese in favore di Equitalia s.p.a., che non ha svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2017