Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24709 del 19/10/2017
Cassazione civile, sez. II, 19/10/2017, (ud. 08/03/2017, dep.19/10/2017), n. 24709
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2863-2013 proposto da:
C.G., (OMISSIS), CR.GI. (OMISSIS), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY, 3, presso lo studio
dell’avvocato CLAUDIA PETTINI, rappresentati e difesi dall’avvocato
SALVATORE CINNERA MARTINO;
– ricorrenti –
contro
L.M.C., M.F., elettivamente domiciliati
in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 53, presso lo studio dell’avvocato
CARMELA GIUFFRIDA, rappresentati e difesi dall’avvocato CARMELO
MARIA CAIOLA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 554/2011 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,
depositata il 28/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/03/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. I controricorrenti M.F. e L.M.C. nel 1988 hanno proposto domanda contro le ricorrenti, in qualità di eredi di C.G., affermando di essere proprietari di un immobile confinante con il fabbricato delle eredi C. e che C.G., approfittando della loro assenza, nel ristrutturare il proprio fabbricato aveva occupato parte del terreno che costituiva il distacco tra i due fabbricati, realizzato un muro, un ampio terrazzo con ringhiera, e inserito una canna fumaria sul muro di confine rimuovendo tegole della copertura del loro fabbricato; chiedevano quindi la demolizione di tutte le opere illegittimamente eseguite e la condanna al risarcimento del danno. Il giudizio di primo grado si è chiuso con l’accoglimento delle domande proposte dalle attrici: G. e Cr.Gi. sono state condannate a eliminare tutte le opere realizzate in violazione dei diritti degli attori e al risarcimento del danno da collocazione della canna fumaria.
2. Le sorelle C. hanno proposto appello, chiedendo in via preliminare la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio e nel merito, in riforma della sentenza di primo grado, il rigetto delle domande delle parti attrici, che si costituivano chiedendo con appello incidentale la condanna delle controparti a pagare il risarcimento di tutti i danni arrecati al fabbricato.
La Corte d’Appello – con sentenza del 28 novembre 2011 – ha accolto in parte l’impugnazione principale (escludendo l’esistenza di una servitù di veduta) e ha rigettato l’incidentale.
3. Le sorelle C. propongono davanti a questa Corte ricorso articolato in tre motivi.
M. e L. resistono con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto i profili della nullità della sentenza e del difetto di motivazione: la Corte d’appello avrebbe errato nel negare la violazione dell’art. 112 da parte del giudice di primo grado, che sarebbe incorso in ultrapetizione laddove ha condannato le ricorrenti ad eliminare “tutte le opere realizzate nel loro fabbricato in violazione dei diritti soggettivi degli attori”, specificando poi in motivazione che l’occupazione dello stacco di terreno impediva il naturale deflusso delle acque.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha chiarito che la decisione del Tribunale corrispondeva perfettamente al petitum e alla causa petendi azionate (demolizione di opere realizzate sul fondo attoreo), laddove il riferimento ai danni e all’umidità nel fabbricato era una semplice circostanza priva di decisività.
2. Il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., sotto i profili della nullità della sentenza e del difetto di motivazione: la Corte d’appello avrebbe errato nel non considerare – e in questo sarebbe di nuovo incorsa in ultrapetizione – che lo stacco di terreno apparteneva in realtà a un terzo.
Il motivo è infondato: la Corte d’appello, nel respingere il corrispondente motivo di appello, ha ritenuto, con motivazione sufficiente e coerente, che non fosse dimostrato che la costruzione era stata posta in essere su un terreno di proprietà di terzi, così che la doglianza si risolve nella censura di un accertamento di fatto, inammissibile in questa sede.
3. Il terzo motivo lamenta omessa motivazione rispetto al mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio: la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto delle critiche formulate alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado e, limitandosi ad aderire alle conclusioni del consulente, non avrebbe disposto la rinnovazione della consulenza.
Il motivo è infondato. La rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio è rimessa al potere discrezionale giudice: in tema di consulenza tecnica d’ufficio, infatti, “il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sì che non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto” (così Cass. 20227/2010, ribadita da ultimo da Cass. 17693/2013).
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 2.700 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda Civile, il 8 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017