Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25123 del 24/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 05/10/2017, dep.24/10/2017), n. 25123
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5147/2013 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS),
in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 603/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO del
17/9/2012, depositata all’esito del procedimento iscritto al n.
2693/2011 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.
Fatto
RILEVATO
che il Tribunale di Milano, in accoglimento del ricorso proposto da A.G. – docente alle dipendenze del MIUR in virtù di una serie di consecutivi contratti a termine susseguitisi nel tempo, dichiarò, tra l’altro, il diritto del predetto alla corresponsione delle differenze retributive domandate in ragione dell’anzianità di servizio maturata del corso del rapporto di lavoro instaurato con contratti a termine stipulati tra le parti, condannando il MIUR a pagare i relativi emolumenti;
che veniva accolta anche la domanda di accertamento della illegittimità del termine apposto ai contratti e quella volta al risarcimento del danno in ragione della reiterazione dei contratti;
che la Corte di Appello di Milano ha, per quel che rileva nella presente sede, accolto solo parzialmente il gravame principale proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – respingendo, in riforma della decisione impugnata, le domande di accertamento dell’illegittimità del termine apposto ai contratti e le conseguenti domande di risarcimento e confermando, invece, il capo della decisione in cui era stata riconosciuta la progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato;
che la Corte territoriale, per quel che rileva nella presente sede, ha posto a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame del Ministero il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t. d. trasfuso nella indicata Direttiva;
che la Corte ha ritenuto altresì che, trattandosi di inadempimento anche contrattuale, la prescrizione dei crediti dovesse essere quella ordinaria decennale;
che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di due motivi, ai quali non ha opposto difese la parte intimata;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata al MIUR, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso.
Diritto
CONSIDERATO
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
2. che la rinuncia semplice, in presenza di parte non costituita, deteimina l’estinzione del processo;
3. che la rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma, come già detto, carattere recettizio;
4. che l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo dell’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;
5. che nella specie alla declaratoria di estinzione del processo non segue alcuna statuizione sulle spese, essendo le controparti rimaste intimate;
6. che, infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).
PQM
dichiara l’estinzione del processo. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017