Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25324 del 25/10/2017
Cassazione civile, sez. I, 25/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.25/10/2017), n. 25324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12910/2012 proposto da:
F.C., elettivamente domiciliato in Roma, via A. Toscani, n.
95, presso l’avvocato Manganella Teresa Maria, rappresentato e
difeso dall’avvocato Tillieci Antonino, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Amato, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma, via Nemorense, n. 18, presso l’avvocato Murano
Mario, rappresentato e difeso dall’avvocato Marsico Vincenzo, giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 393/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 11/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
23/05/2017 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
nell’interesse di F.C. è stato proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, depositata in data 11/04/2011, con la quale, per quanto ancora rileva, è stata rigettata la domanda di arricchimento ingiustificato proposta dal primo nei confronti del Comune di Amato, per intervenuta prescrizione;
il ricorrente osserva che, ai fini dell’efficacia interruttiva della prescrizione, non è necessaria la specificazione dell’azione con la quale si intende tutelare in giudizio il diritto alla prestazione, con la conseguenza che le intimazioni di adempimento rivolte all’Amministrazione comunale erano idonee ad interrompere la prescrizione sia in relazione all’azione contrattuale, esercitata in via principale, sia in relazione alla domanda di arricchimento ingiustificato, proposta in via subordinata;
il Comune di Amato ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, un atto, per avere efficacia interruttiva delle prescrizione, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e una intimazione o richiesta scritta di adempimento, che sebbene non richieda l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. 25/08/2015, n. 17123; Cass. 03/12/2010, n. 24656);
in definitiva, elemento necessario dell’atto interruttivo è l’identificazione della pretesa della quale si discute;
la domanda giudiziale volta ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione derivante da un contratto non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di arricchimento senza causa, difettando il requisito della pertinenza dell’atto interruttivo all’azione proposta (identificata in base al petitum ed alla causa petendi), in quanto la richiesta di adempimento contrattuale e quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti “eterodeterminati”, per la identificazione dei quali occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale (Cass. 30/04/2008, n. 10966);
la lettura proposta dal ricorrente della portata di tale decisione è erronea, in quanto quest’ultima riposa non sul fatto – costituente un dato meramente accidentale – che l’atto interruttivo della prescrizione sia quello introduttivo di un giudizio, ma proprio sulla diversità dei fatti costitutivi delle pretese (diversità poi confermata da Cass. Sez. U 27/12/2010 n. 26128);
il ricorrente, peraltro, neppure si cura di indicare il contenuto degli atti dai quali deriverebbe l’invocato effetto interruttivo;
il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017