Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25409 del 26/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 26/10/2017, (ud. 25/01/2017, dep.26/10/2017),  n. 25409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29893-2014 proposto da:

O.S., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANGELA CAMERINELLI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L. in qualità di titolare della ditta EURAPPALTI di

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, V.DELLA FISICA 7,

presso lo studio dell’avvocato PATRIZIO ALECCE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CLEMENTINA AMBROSINO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1434/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato GINO BAZZANI per delega.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2/4/2014 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. S.L., titolare dell’impresa individuale Eurappalti, e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Benevento n. 406 del 2011, ha rigettato le domande nei confronti di quest’ultimo proposte dal sig. O.S. di annullamento o nullità del contratto di franchising tra i medesimi intercorso, e di conseguente restituzione di somma al riguardo versato a titolo di prezzo nonchè di risarcimento di lamentati danni; e ha rigettato altresì la domanda dal S., nella qualità, in via riconvenzionale nei confronti del primo spiegata di condanna al pagamento della penale contrattualmente prevista in conseguenza dell’inadempimento del medesimo.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’ O. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

Resiste con controricorso il S., nella qualità, che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione” dell’art. 652 c.p.p., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 e il 3 motivo denunzia “omesso esame” di fatti decisivi per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4 motivo denunzia violazione dell’art. 1346 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5 motivo denunzia violazione dell’art. 1341 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, a quanto si leggeva” nel “sito denominato Italia gare, gruppo eurappalti (www.eurappalti.it”, alla “e-mail” spedita “per ottenere informazioni più specifiche”, all’offerta “di guadagni di circa Euro 10.000 mensili, a fronte di un lavoro molto semplice che gli sarebbe stato illustrato verbalmente”, al “prospetto informativo della formula Dualbusiness (doc. 1 fascicolo di primo grado)”, a “n. 5 assegni postdatati di Euro 3.000 cad., salvo l’ultimo di Euro 2.900… (doc. 2 del fascicolo di primo grado)”, al “contratto Formula Dualbusiness (versato in atti)”, alla “lettera raccomandata del 18.07.07, anticipata via fax”, alla “lettera raccomandata del 06.08.07 (doc. 5 del fascicolo di primo grado)”, alla “lettera raccomandata ar, anticipata via fax, in data 20.09.07”, alla “nuova raccomandata r.r. (doc. 8 del fascicolo di primo grado)” alla comparsa di costituzione e risposta di controparte nel giudizio di 1 grado, alla sentenza del giudice di prime cure, alla “sentenza di assoluzione emessa in sede penale dal Tribunale di Benevento… pubblicata in data 28.02.2013 nei confronti del S.L.”, all'”atto di citazione”, al “decreto di citazione datato 16.09.2009”, alla “sentenza n. 406/2011 in data 19-24.01.2011” alle “condizioni generali del contratto sottoscritto da O.”, al “contratto di franchising” alla “documentazione prodotta in atti (doc. 1 fascicolo ricorrente, primo grado) (doc. 2-4-5-6 fascicolo resistente primo grado)”, alla “clausola n. 4″, all'”art. 17 sull’obbligo di segretezza”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), giacchè alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche – giusta quanto viceversa adombrato dall’odierno ricorrente – la contraddittorietà della motivazione o l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312), giacchè il vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 2.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2017

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