Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25995 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25995

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13964-2016 proposto da:

V.G., Attivamente domiciliato in ROMA, VIA SAVOIA 72,

presso lo studio dell’avvocato PIERO VOLPI rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCA GAGLIARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2543/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata l’01/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. MANZON ENRICO.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 23 novembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 2673/20/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso di V.G. contro le cartelle di pagamento IRAP, IRPEF ed altro, IVA ed altro 2005 e 2006. La GER osservava in particolare che le cartelle esattoriali impugnate si fondavano su iscrizioni a ruolo derivanti dalla definitività di avvisi di accertamento relativi a dette annualità che non erano stati impugnati dal contribuente, sicchè ne derivava l’erroneità della pronuncia gravata in quanto statuente l’annullamento degli atti esattivi de quibus in virtù dell’accoglimento dell’eccezione meritale di carenza della titolarità passiva delle obbligazioni portate dagli stessi, trattandosi di eccezione non più proponibile.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, poichè la CFR non ha considerato il difetto di notificazione non tanto degli avvisi di accertamento dai quali derivavano le iscrizioni a ruolo basanti la cartelle esattoriali impugnate, quanto del processo verbale di constatazione prodromico a detti atti impositivi.

Con il secondo mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente si duole di vizio motivazionale in ordine alla sua eccezione di difetto di titolarità passiva delle obbligazioni fiscali de quibus quale coobbligato solidale, in quanto non socio della società cooperativa che ne era titolare passiva in quanto obbligata principale. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.

Nel caso di specie è del tutto pacifico che gli “atti presupposti” delle cartelle di pagamento impugnate ossia gli avvisi di accertamento relativi, siano stati notificati, tanto che da parte del contribuente se ne era avviato il sub-procedimento di accertamento con adesione, così comunque evidenziandosi la sua conoscenza degli esatti termini delle pretese fiscali nei suoi confronti e della loro “origine procedimentale” appunto con riguardo alle attività istruttorie espletate e possibili relativi vizi, quali quelli prospettati nel ricorso e nuovamente sottolineati con la memoria.

E’ tuttavia altrettanto pacifico sia che la procedura di adesione non si è perfezionata sia che gli atti impositivi non siano stati poi impugnati dal contribuente stesso nei termini di legge, così acquisendo definitività.

Risulta pertanto evidente che qualsivoglia eccezione ad essi relativa, dunque anche le due riproposte con il ricorso in esame (mancata notifica del PVC; assenza della titolarità passiva delle obbligazioni tributarie in oggetto per carenza della relativa qualità soggettiva implicata), erano -come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata- e sono assolutamente precluse secondo il fermo principio che “La cartella esattoriale, recante intimazione di pagamento di credito tributario avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato, ed a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto” (Sez. 5, Sentenza n. 8704 del 10/04/2013, Rv. 626165 – 01).

Poichè non vi è alcuna ragione di mutare tale indirizzo ermeneutico, il ricorso va dunque dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, (v. Sez. U, Sentenza n. 7155 del 21/03/2017, Rv. 643549 – 01).

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 13.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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