Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3798 del 16/02/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. trib., 16/02/2018, (ud. 05/12/2017, dep.16/02/2018),  n. 3798

Fatto

FATTI DI CAUSA

Marina di Nettuno Circolo Nautico S.p.A. propone ricorso, svolgendo quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 562/14/11 della CTR del Lazio, che ha accolto l’appello proposto dal Comune di Nettuno avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva disposto l’annullamento dell’avviso di accertamento TARSU, anno di imposta 2006, sulla base del rilievo che l’attività di raccolta e smaltimento rifiuti nell’area portuale non era di competenza degli enti comunali, i quali, con riferimento a tale attività, erano privi di ogni potere impositivo. L’avviso di accertamento impugnato accertava una maggiore superficie tassabile, di mq 1396 per negozi, palestre, cabine telefoniche, per porto turistico, area scoperta, stabilimenti balneari e di mq. 3.534, per posti barca. La CTR, a sostegno della decisione: a) escludeva la sussistenza del dedotto vizio di motivazione del provvedimento impugnato; b) rilevava che nel porto di Nettuno non esisteva alcuna Autorità Portuale e che con l’avviso di accertamento era stata chiesta una differenza di imposta a titolo di Tarsu per l’anno 2006, mentre lo stesso contribuente aveva ammesso che l’imposta fin dal 1986 era stata di competenza del Comune di Nettuno; c) riteneva fondata la pretesa del Comune di Nettuno, in quanto la società contribuente si era limitata a contestare genericamente la procedura con la quale il Comune aveva deciso un aumento parziale delle tariffe, facendo presente che la superficie accertata era scoperta e che l’attività esercitata era stagionale, senza però fornire alcuna prova per avere diritto alla riduzione del 50% della tassa. Si è costituito con controricorso il Comune di Nettuno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando contestualmente violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62,comma 5, della L. n. 84 del 1994, art. 6, comma 1, e relativo D.M. attuazione 14 novembre 1994, del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21 ed insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione. Parte ricorrente deduce che in ragione della pronuncia n. 23583 del 2009 della Corte di cassazione la gestione dei rifiuti nell’ambito dell’intera area portuale era di competenza delle Autorità Portuali, le quali per legge erano tenute ad attivare il servizio di raccolta e trasporto di rifiuti. Lamenta che erroneamente il giudice di appello avrebbe considerato tardiva la nuova argomentazione proposta dal ricorrente con cui si sarebbe invocata la sentenza della Suprema Corte n. 23583 del 2009, tenuto conto che trattavasi di una decisione intervenuta successivamente alla proposizione del giudizio, dovendo ritenere comunque consentita la possibilità di argomentare le proprie allegazioni senza modificare le domande e le eccezioni già proposte. Si duole, altresì, del fatto che erroneamente la CTR avrebbe ritenuto insussistente l’Autorità portuale al momento della contestazione, posto che la sua istituzione era avvenuta in forza della L. 28 gennaio 1994, n. 84.

1.1. Il motivo è infondato sotto vari profili.

1.2.Va premesso che la questione proposta in appello dalla società contribuente, mediante il richiamo di un precedente giurisprudenziale, non era riconducibile all’originaria “causa petendi”, pertanto correttamente i giudici di appello ne hanno rilevato l’inammissibilità, in quanto fondata su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliavano l’indagine giudiziaria ed allargavano la materia del contendere, non integrando così una semplice eccezione, ma un motivo aggiunto, quindi una nuova domanda, vietata ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 24 e 57 (Cass. n. 13742 del 2015).

1.3.Inoltre, l’esegesi delle disposizioni invocate nella rubrica del motivo, come risultante dalla giurisprudenza di questa Corte, esclude quanto sostenuto da parte ricorrente.

Nella specie, non è controverso che le aree soggette a tassazione rientrassero nella detenzione della società contribuente, in forza di concessione demaniale e che il servizio di raccolta dei rifiuti fosse stato espletato dall’ente comunale. La natura demaniale di un bene concesso in suo a terzi è di per sè del tutto irrilevante ai fini dell’assoggettamento della relativa area a TARSU, se produttiva di rifiuti solidi urbani (Cass. n. 3829 del 2009).

In questo senso depone il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 5, che dichiara: “esclusi dalla tassa i locali e le aree scoperte per i quali non sussiste l’obbligo dell’ordinario conferimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati in regime di privativa comunale per effetto di norme legislative o regolamentari, di ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile ovvero di accordi internazionali riguardanti organi di Stati esteri”.

Mentre il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 8, nel disciplinare le competenze dei comuni in materia di rifiuti, dichiara che: “sono fatte salve le disposizioni di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, art. 6, comma 1, e relativi decreti attuativi.

Il L. n. 84 del 1994, art. 6, comma 1, lett. c) istituisce le Autorità portuali in determinati porti con il compito, tra l’altro, di “affidamento e controllo dell’attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti nè strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’art. 16, individuati con decreto del Ministero dei trasporti e della Navigazione”.

Il decreto del Ministero dei Trasporti e della navigazione 14 novembre 1994 che all’art. 1 precisa che “i servizi di interesse generale nei porti, di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, art. 6, comma 1, lett. c) da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale”…vanno identificati anche nei “servizi di pulizia e raccolta dei rifiuti”.

1.4. Ciò premesso, la L. 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) ha istituito con l’art. 6 la figura dell’Autorità portuale nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savoia, Taranto, Trieste e Venezia. Successivamente sono state istituite le Autorità portuali di Piombino (D.P.R. 20 marzo 1996), di Gioia Tauro (D.P.R. 16 luglio 1998), di Salerno (D.P.R. 23 giugno 2000), di Olbia e Golfo degli Aranci (D.P.R. 29 dicembre 2000), di Augusta (D.P.R. 12 aprile 2001), di Trapani (D.P.R. 2 aprile 2003) e di Manfredonia (L. n. 350 del 2003). L’Autorità portuale di Civitavecchia riunisce attualmente i porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, ma non contempla quello di Nettuno. Ne consegue che al momento dei fatti per cui si procede non era stata istituita l’Autorità portuale del Comune di Nettuno.

1.5. La TARSU, secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità, è una tassa, ossia un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione ad una utilità che egli trae dallo svolgimento di una attività svolta da un ente pubblico. Come tale, il potere di imposizione non può connettersi ad un soggetto diverso da quello che espleta il servizio, in ottemperanza ad un espresso disposto legislativo. Nella specie, non è contestato in atti che il servizio di pulizia e raccolta dei rifiuti sia stato espletato dal Comune di Nettuno.

La natura demaniale dei beni non costituiscono elemento idoneo ad escludere, per quanto riguarda la tassa oggetto della controversia, la potestas impositiva del Comune sulla sua estensione atteso che tale potestà, con il concorso delle condizioni di legge, potenzialmente si estende (argomentando dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 58, comma 1 allorchè contempla non solo il “centro urbano” ma anche le “frazioni” ed i “nuclei abitati” nonchè, comunque, le “zone del territorio comunale con insediamenti sparsi”) a tutto il “territorio comunale”. Questa Corte con sentenza n. 3829 del 2009 ha affermato che: “Ai fini della delimitazione di un territorio come comunale bisogna avere riguardo ai confini geografici dello stesso e non già alla natura od alla qualità dei beni immobili compresi nel perimetro di quei confini; per nozione scolastica, infatti, “tutto il territorio dello Stato” è ripartito (art. 114 Cost.) tra Regioni, Province e Comuni per cui ciascuna parte di esso è normalmente ad un tempo elemento costitutivo dello Stato, di una Regione, di una Provincia e di un Comune”. Ne consegue che avendo il Comune di Nettuno svolto il servizio di pulizia e raccolta dei rifiuti, in ragione della mancata istituzione della Autorità portuale, è autorizzato a chiedere il pagamento della TARSU alla società ricorrente.

2.Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, comma 2 bis, dell’art. 15 Regolamento comunale, nonchè violazione del diritto di difesa e insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza.

Parte ricorrente lamenta che a fronte di specifiche censure, la CTR, con motivazione scarna e concisa, avrebbe rilevato l’insussistenza del vizio di motivazione dell’avviso impugnato, mentre l’avviso di accertamento non conterrebbe nessuna indicazione dei concreti presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche in base alle quali era stata determinata la superficie accertata, sulla quale applicare l’imposta contestata.

2.1. Il motivo è inammissibile. In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso (Cass. n. 16147 del 2017; Cass. n. 9536 del 2013) essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì un atto amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a suo fondamento. Onere processuale a cui parte ricorrente non ha ottemperato.

3.Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1 e art. 63, comma 1 e dell’art. 4 e atr. 10, comma 1, del Regolamento Comunale per la TARSU adottato con Delib. 9 marzo 2004, n. 18 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione.

Si lamenta che la CTR avrebbe errato nel ritenere fondata la pretesa del Comune, affermando il predetto principio con motivazione insufficiente e contraddittoria, pur avendo la società contribuente sostenuto che la richiesta impositiva doveva essere indirizzata verso i singoli titolari dei posti barca i quali avevano anche la disponibilità dello spazio destinato a parcheggio, e verso coloro che risultavano titolari delle attività commerciali, in ragione delle disposizioni normative sopra richiamate.

3.1. Il motivo è inammissibile ed infondato.

Il motivo è inammissibile atteso che nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate, e dalla deduzione del vizio di motivazione è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione (Cass. n. 21611 del 2013; Cass. n. 18021 del 2016).

3.2. Il motivo è, altresì, infondato.

Ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 1 “la tassa è dovuta da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all’art. 62”: da tale disposto si ricava che, salva, ovviamente, l’eventuale ricorrenza di una delle ipotesi di “esclusione”, previste dall’art. 62, il soggetto che occupa o detiene un’area scoperta, quando produttrice, per presunzione di legge, di rifiuti solidi urbani, è tenuto al pagamento della tassa per il solo fatto della detenzione od occupazione, indipendentemente dalla individuazione dell’effettivo produttore del rifiuto. Alla luce di tale previsione, la stipulazione del contratto di ormeggio con il diportista (in ipotesi equiparabile ad un contratto di locazione) non è circostanza idonea a sottrarre “al concedente” la detenzione dell’area concessa in uso alla controparte ed a trasferire, quindi, in capo a quest’ultima, l’obbligo tributario perchè quel contratto, per sua natura, si risolve sempre e solo nell’attribuzione al diportista del diritto di utilizzare lo spazio ed i servizi connessi e non sottrae in alcun modo quello stesso spazio alla detenzione del concedente, al pari di quanto avviene nella gestione di campeggio o di attività ricettive (Cass. n. 3829 del 2009). Tale interpretazione va estesa anche per le aree destinate a parcheggio e ad attività commerciali.

Nel caso in esame è indubitabile che le aree in questione rientrassero nella detenzione della società contribuente, in forza della concessione demaniale. E’ quindi indifferente, ai fini della tassazione delle aree a suo carico, che le aree stesse fossero utilizzate in prevalenza da terzi, peraltro per attività serventi rispetto a quelle primarie svolte dalla contribuente.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, pone una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicchè, al fine dell’esenzione dalla tassazione prevista dal citato art. 62, comma 2 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per la loro natura o perchè la detenzione è esercitata da terzi, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (Cass. n. 19469 de12014).

4. Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del Regolamento Comunale, adottato con Delib. Consiglio Comunale 9 marzo 2004, n. 18, art. 8, comma 1, ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Parte ricorrente lamenta che la motivazione della decisione impugnata sarebbe infondata e pretestuosa atteso che l’attività diportistica è tipicamente stagionale, di certo inferiore ai sei mesi previsti dal citato art. 8 del Regolamento Comunale, con la conseguenza che andava applicata ai singoli diportisti una riduzione della tassa nella misura del 50%.

4.1. Il motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni già esposte al punto 3.1. della motivazione e privo di pregio. Esso si infrange sull’impianto motivazionale adottato dal giudice di appello nella parte in cui ha ritenuto che la società ricorrente avrebbe omesso di fornire la prova con riferimento alla impossibilità delle aree oggetto di contestazione di produrre rifiuti, e in relazione alla asserita natura stagionale dell’attività svolta, alla stregua delle risultanze processuali. Le censure, invero, come articolate, pur lamentando una violazione di legge e un decisivo difetto di motivazione, si risolvono nella realtà, nella non ammissibile richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze oramai definitivamente accertati in sede di merito, invocando una diversa lettura delle risultanze procedimentali come accertate e ricostruite dalla corte territoriale, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo non consentito giudizio di merito.

5. Per i rilievi espressi, il ricorso va rigettato e la parte soccombente è tenuta alle rimborso delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA