Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4961 del 02/03/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 02/03/2018, (ud. 07/02/2018, dep.02/03/2018),  n. 4961

Fatto

p. 1. P.R. impugnava gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Catania con i quali ingiungeva il pagamento della TARSU per gli anni 2001 – 2004 relativa ai garage di proprietà del contribuente siti in via (OMISSIS), deducendo l’inidoneità degli immobili a produrre rifiuti, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 62.

La CTP rigettava il ricorso. Interponeva gravame il P., il quale reiterava le proprie censure.

Si costituiva il Comune che resisteva sulla base del principio che la tassa è dovuta per l’occupazione e o la detenzione di aree scoperte a qualsiasi uso adibito, ex art. 62 cit.

La CTR della Sicilia accoglieva l’appello con sentenza n. 300/18/13.

Avverso detta sentenza, l’amministrazione comunale proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi di ricorso.

Il contribuente non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. .2 Con primo motivo la ricorrente assume la” violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 63, artt. 71 e 73, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la sentenza impugnata escluso la soggezione a Tarsu del garage con motivazione “contraddittoria e contorta”, violando il disposto dell’art. 62 cit. che sancisce che la tassa è dovuta per l’occupazione e detenzione dei locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie civili abitazioni.

Precisa che il secondo comma prevede che non sono soggette alla tassa i locali che non possono produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultano in obiettive condizioni di non utilizzabilità, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi.

Sussiste, dunque, ad avviso del Comune di Catania, una presunzione iuris tantum di produttività dei rifiuti, superabile solo con la prova contraria del detentore dell’area, qualora dette circostanze escludenti siano state dedotte nella denuncia originaria o di variazione, che nella specie era assente.

Sostiene l’amministrazione siciliana che il procedimento di accertamento di cui agli artt. 71 e 73 cit. si attua esclusivamente quando il contribuente dichiari l’inidoneità del locale a produrre rifiuti, ma non si tratta di procedimento obbligatorio che il Comune deve attuare in assenza di dichiarazione del contribuente, il quale, infatti, nella fattispecie, non ha presentato alcuna denuncia di variazione o inutilizzabilità del garage.

p. 3. Eccepisce infine violazione di legge per eccesso di potere, illogicità, contraddittorietà con altre decisioni del medesimo organo giudicante.

La prima censura è fondata.

Il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti: l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perchè ivi si producono rifiuti speciali, come pure l’esclusione di parti di aree perchè inidonee alla produzione di rifiuti, sono subordinate all’adeguata delimitazione di tali spazi ed alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente.

L’art. 62, pone, quindi, a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti. Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione” (Cass. 2012 n. 11351; n. 16858 del 2014;  n. 9731 del 2015;  n. 1722/2016;  n. 8581 del 2017).

Il contribuente, difatti, è tenuto, in base all’art. 70 del medesimo decreto, a presentare al comune, entro il 20 gennaio dell’anno successivo all’inizio dell’occupazione dei locali e delle aree scoperte tassabili, ” denuncia unica” con l’indicazione dei dati prescritti, avente “effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni dì tassabilità siano rimaste invariate”, dovendo, in caso contrario, ” denunciare, nelle medesime forme, ogni variazione” rilevante (Cass. 2011 n. 775; Cass. 2013 n. 3772;  Cass. 2014  n. 16858;  Cass. 2014 n. 14469).

E’ pur vero che spetta all’ente impositore fornire la prova dell’obbligazione tributaria, ma tale onere probatorio si ribalta sul contribuente allorquando sia quest’ultimo a volersi vedere riconoscere l’esclusione dal tributo (Cassazione, ordinanza n. 17622/2016), atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone dei territorio comunale (ex- multis, Cass. nn. 17703 del 2004, 13086 del 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011).

Ciò premesso, mentre nel caso di autorimesse scoperte esterne, le stesse costituiscono pertinenza dell’abitazione e, quindi, sono automaticamente escluse dal tributo (anche dalla Tari, a mente della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 641), nell’ipotesi di garage siti all’interno di locali è applicabile la tassa sui rifiuti, siano essi autonomamente accatastati come unità immobiliari o siano essi semplici posti auto assegnati in via esclusiva ad un occupante dell’immobile.

Il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, comma 1, come sostituito dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 68, nello stabilire che la tassa “può” essere commisurata a determinati parametri – quantità e qualità dei rifiuti prodotti, costi di smaltimento, teorici o effettivi a seconda della popolazione comunale, consente di conformare la tariffa anche ad altri parametri, reperibili entro i limiti della logica e dell’equità contributiva, ossia della legittimità dell’atto amministrativo. Perciò non è priva di logica giuridica l’affermazione secondo cui i garage sono soggetti a tarsu “…perchè anche i garage producono rifiuti apprezzabili”(Cass. Sent. n. 11351 del 6 luglio 2012).

Con riferimento all’ultimo motivo, evidenzia questa Corte che esso non risulta riconducibile all’ambito dell’art. 360 c.p.c., in quanto il ricorrente si duole dell’eccesso di potere” e contraddittoria motivazione (rispetto ad altri precedenti giurisprudenziali) senza parametrare in alcun modo anche solo implicitamente a qualcuno dei motivi di cui alla detta norma la critica.

Alla luce di tali considerazioni, non resta che concludere che la pronuncia appellata merita la cassazione, con riferimento al primo motivo, con conseguente rigetto del ricorso originario del contribuente.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite dei giudizi di merito, tenuto conto delle alterne vicende.

Per il principio di soccombenza, le spese del presente giudizio gravano sul resistente.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione:

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dal contribuente;

– Condanna il contribuente alle spese di lite che liquida in Euro 400,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge, oltre al rimborso di quanto versato a titolo di c.u.;

– Compensa le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione tributaria, il 7 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2018

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