Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20602 del 07/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20602 Anno 2018
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCALISI ANTONINO

ORDINANZA
sul ricorso 7889-2017 proposto da:
POLEDDA GIOMMARIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
SARDEGNA n.29, presso lo studio dell’avvocato CHIARA
PACIFICI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
PIETRO GIUA, e ANTONIO GIUA;

– ricorrente contro
POLEDDA VITTORIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ANICIA n.6, presso Io studio dell’avvocato SIMONA BASTONI,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE 13ASSU;

– controricorrente
contro

Data pubblicazione: 07/08/2018

CADEDDU GIOVANNA MARIA, POLEDDA ALESSANDRO,
POLEDDA MARIANNA, POLEDDA ALFREDO, POLEDDA
GAVINO, POLEDDA SEBASTIANA;
– intimati –

depositata il 30/03/2015 e l’ordinanza della CORTE DI APPELLO
DI CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata
il 13/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI.

Ric. 2017 n. 07889 sez. M2 – ud. 01-02-2018
-2-

avverso la sentenza n. 520/2015 del TRIBUNALE di SASSARI,

RG. 7889 del 2017 Poledda Giommaria – – Poledda Vittorio più altri

Il Collegio preso atto che
il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la
controversia in epigrafe fosse trattata in Camera di Consiglio non
partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte ritenendo:

e diverso giudizio di merito”.
La proposta del relatore è stata notificata alle parti.
Letti gli atti del procedimento dai quali risulta che
Poledda Giommaria, con ricorso, ex art. 702 bis cod. proc. civ.,
conveniva in giudizio i propri fratelli Poledda Vittorio, Poledda
Antonino, Poledda Gavino e Poledda Sebastiano, e, premesso di
essere proprietario esclusivo della porzione immobiliare posta nel
comune di Ossi e distinta in catasto al foglio 6 mappale 237 sub
2 attuali mappali 430 e 408 sulla quale è stata edificata la
propria casa, esponeva che, dal momento in cui aveva preso
possesso della propria abitazione, aveva posseduto
pacificamente e pubblicamente anche il confinante mappale 330
sub 1, oggi 433 di mq 210 dei quali mq 40 egli aveva occupato
con l’edificazione di un manufatto, area recintata a far data
dall’anno 1964, concludeva, chiedendo che venisse dichiarato
l’acquisto di detta porzione per intervenuta usucapione
ventennale a suo favore.
Si costituiva il solo Poledda Vittorio, il quale contestava la
domanda e i motivi posti a suo fondamento, in particolare
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“Il ricorso è infondato perché si risolve nella richiesta di un nuovo

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evidenziava che la porzione di terreno oggetto della domanda
non era mai stata posseduta in via esclusiva dal Poledda
Giommaria, ma era di esclusiva proprietà del genitore Poledda
Leonardo, il quale aveva ceduto l’area relativa al mappale,

a sua volta ceduto il diritto di superficie posto sopra il primo
piano dell’immobile ivi edificato a Poledda Vittorio che aveva
provveduto alla edificazione e, successivamente alla vendita dello
stesso. Affermava che nessuna usucapione poteva tss-sere
formata in capo a parte attrice, atteso il fatto che Poledda
Vittorio aveva provveduto a far installare nel terreno in oggetto
un serbatoio per la fornitura di acqua al suo appartamento e
aveva subito, successivamente, alla cessione, dell’immobile a
Zinellu Giovarmi e Doneddu Carmela, un’azione da parte di tutti i
fratelli, azione, che aveva come presupposto la comproprietà
della porzione immobiliare della quale oggi si chiede
l’acquisizione per intervenuta usucapione; precisava che, avendo
egli richiesto la divisione del compendio ereditario caduto nella
successione di Poledda Leonardo, aveva compreso anche il tratto
di terreno oggetto di causa; concludeva, chiedendo il rigetto della
domanda.
Il Tribunale di Sassari con sentenza n. 520 del 2015 rigettava la
domanda di usucapione e condannava l’attore a rimborsare a
parte convenuta le spese del giudizio. Secondo il Tribunale,
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all’epoca 237 sub 2, al Poledda Giommaria il quale ultimo aveva

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Giommaria Poledda non aveva provato il possesso ventennale
utile ad usucapire la proprietà del bene oggetto del giudizio.
La Corte di Appello di

Sassari, pronunciandosi su appello

proposto da Giommaria

dichiarava l’appello inammissibile ai

Tribunale e condannava l’appellante alla refusione delle spese del
giudizio.
La cassazione della sentenza del Tribunale di Sassari è stata
chiesta da GiorrYlt ria Poledda con ricorso affidato a quattro
motivi, illustrati con memoria. Poledda Vittorio ha resistito con
controricorso.
Ragioni della decisione
1.= Con il primo motivo di ricorso Poledda Giommaria lamenta
la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360
n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt.115 ve 116 cod. proc.
civ. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Sassari avrebbe
disatteso la normativa di cui agli artt.115 e 116 cod. proc. civ.
perché la decisione assunta sarebbe frutto della totale omissione
di ogni considerazione delle prove offerte e sarebbe basata su
un dato non provato oltre che irrilevante (l’asserita costruzione
ad opera del convenuto della cisterna nel cortile del ricorrente) e
sulla sentenza della Corte di appello resa tra un terzo Zinellu da
un lato e Poledda Gianmaria , Antonio e Sebastiana dall’altro,
oltre che su un inesistente atto interruttivo dell’atto di citazione.
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sensi dell’art. 348 bis cod. proc. civ. confermava la sentenza del

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1.1.= Il motivo è infondato.
Va qui precisato che l’osservanza degli artt. 115 e 116, cod.
proc. civ. non richiede che il giudice di merito dia conto
dell’esame di tutte le prove prodotte o, comunque, acquisite e di

sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in
fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione,
offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le
prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per
implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che,
seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la
soluzione adottata e con l'”iter” argomentativo seguito (vedi
Cass. n. 17145 del 27/07/2006).
Nel caso in esame, il Tribunale ha ampiamente chiarito che
Poledda Giommaria non ha dimostrato, in primo luogo, l’inizio del
possesso in via esclusiva del tratto di terreno
giudizio, e, comunque,

oggetto del

non ha dimostrato un possesso uti

dominus, posto che lo stesso risultava comproprietario con i
propri fratelli ad eccezione di Poledda Vittorio. Come ha avuto
modo d . hia9re il Tribunale di Sassari “(….) Formalmente, il
tratto di terreno per cui è causa era di esclusiva proprietà di
Poledda Leonardo, tanto che Poledda Vittorio lo aveva incluso tra
i beni relitti caduti nella successione dello stesso deceduto senza
lasciare testamento nell’anno 1969, introducendo la domanda di
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tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e

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divisione nel 1988 e, quindi, prima che si compisse il ventennio
dal decesso del comune genitore. Incombeva in detta situazione
a Poledda Giommaria

dimostrare in primo luogo l’inizio del

possesso in via esclusiva del tratto di terreno sia quando il

nei confronti del fratello e della madre (…..) Vieppiù, è da tenere
in considerazione l’azione giudiziaria intrapresa da Poledda
Giommaria unitamente ai propri fratelli ad eccezione di Poledda
Vittorio nella quale si definivano comproprietari della porzione
immobiliare oggetto di causa e con la quale difendeva l’integrità
della stessa rispetto ad un’edificazione intrapresa dall’avente
causa Poledda Vittorio, ottenendo risposta positiva. Azione
giudiziaria che, avendo natura reale, nella allegazione di tutte le
parti contiene dal punto di vista dell’atteggiamento psicologico
del Poledda Giommaria il riconoscimento della comproprietà del
tratto di terreno del quale si chiede l’usucapione, comproprietà
che include tutti i successori di Poledda Leonardo (….)”.
2.= Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o
falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc.
civ. con riferimento a tutte le norme che regolano l’usucapione
(art.1158 cod. civ. e segg. Art. 1165 cod. civ. onere probatorio
(art. 2697 e segg. Cod. civ.). Secondo il ricorrente, il Tribunale,
motivando il rigetto con riferimento all’accertamento relativo alla
formale legittimazione dei tre germani nella causa contro Zenellu
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proprio genitore era in vita, sia successivamente al suo decesso,

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(oggetto della sentenza n. 181/90 della corte di Appello), non
avrebbe tenuto conto del fatto che la detta legittimazione
operava solo ai fini del detto giudizio avente ad oggetto la
violazione relativa a servitù di veduta. In ragione di quel

presenza in capo al ricorrente di tutti i requisiti del possesso utili
all’usucapione. Così avrebbe violato le norme di cui all’art. 2697
cod. civ. laddove ha ritenuto che il ricorrente non abbia provato
i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere e che al
contrario sono provati in modo pieno totale ed assoluto e ciò
anche con riferimento ai fatti non specificamente contestati ex
art. 115 cod. proc. civ. in capo al ricorrente di tutti requisiti del
possesso utili all’usucapione
2.1.= Il motivo è infondato, essenzialmente, perché l’assunta
violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione
e ricostruzione delle risultanze di causa, censurabile – e solo
entro certi limiti – sotto il profilo dell’omessa motivazione,
secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto
motivo. Il ricorrente, per altro, lamenta che il Tribunale abbia
dato rilievo ad un giudicato esterno e non abbia tenuto conto,
invece, delle prove fornire da Giommaria Poledda. Epperò, il
ricorrente non tiene conto che in tema di valutazione delle prove,
nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero
convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia
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giudicato avrebbe omesso di considerare e valutare la provata

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delle prove, nel senso che, fuori dai casi di prova legale, esse,
anche se hanno carattere indiziario, sono tutte liberamente
valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del
suo convincimento, del quale il giudice deve dare conto con

Cass. 8 maggio 2006, n. 10499). Senza dire che, nel caso
specifico, il Tribunale, più che dar rilievo ad un giudicato
esterno, ha valutato il fatto che Giommaria Poledda,
introducendo il giudizio unitamente ai propri fratelli per difendere
l’integrità del bene oggetto del presente giudizio rispetto ad una
edificazione intrapresa dall’avente causa di Poledda Vittorio,
aveva riconosciuto la comproprietà (con i propri fratelli) del
tratto di terreno del quale chiedeva l’usucapione. Tale
riconoscimento comportava per Poledda Giommaria, per sentire
dichiarare l’usucapione di cui si dice, non solo la prova di aver
posseduto il bene di che trattasi, posto che, quale
comproprietario, aveva diritto a possederlo, ma di averlo
posseduto uti dominus e non invece uti condominus e, comunque
da quando l’avrebbe iniziato a possedere uti dominus, e tale
prova secondo il Tribunale di Sassari non era stata data. E,
comunque, secondo il Tribunale, non era neppure chiaro quale
immobile Poledda Giommaria avesse posseduto, dato che il teste
Spanu Vittorio dichiarava di aver visto Poledda Giommaria
occupare l’immobile destinato a garage ma “(…) non era dato
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motivazione il cui unico requisito è l’immunità da vizi logici (Cfr.

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sapere quale fosse il garage, visto che l’attore aveva affermato
che all’interno del terreno oggetto di causa aveva edificato una
tettoia (…)”. E, neppure, in questa sede il ricorrente ha dato
modo di ritenere superata questa specifica ratio decidendi.

della sentenza ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art.
132 cod. proc. civ. Secondo il ricorrente, la sentenza sarebbe
priva di una motivazione coerente con l’oggetto del giudizio e con
le risultanze probatorie acquisite. Se è vero che la razionalità
minima della motivazione implica un raffronto fra le ragioni del
decidere e le risultanze probatorie (che il giudice ha il dovere di
esaminare e valutare per quanto sopra esposto sub A 1 e 2 a
pag.15-16 e che, per quanto esposto sub I motivo, comporta la
nullità della sentenza) la motivazione che si estrinseca in
argomentazioni del tutto apodittiche, disancorate dalla fattispecie
concretamente acquisita, soprattutto, quando (come nel caso in
esame) si neghi che sia stata fornita la prova di un fatto, ovvero,
che, al contrario, si affermi che tale prova sia stata fornita,
omettendo un qualsiasi riferimento ai mezzi di prova, è affetta da
radicale vizio di nullità.
3.1.= Il motivo rimane assorbito dal rigetto dei motivi
precedenti, posto che si è già detto che la sentenza impugnata è
fondata su una motivazione adeguata a giustificare la decisione
assunta. Qui, può e deve essere aggiunto che, nella redazione
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3.= Con il terzo motivo del ricorso il ricorrente denuncia la nullità

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della motivazione della sentenza, il giudice non è tenuto ad
occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione,
prospettazione ed argomentazione delle parti, essendo
necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che

posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per
implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che,
seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la
soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito.
4.= Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione o
falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cod. proc.
civ. con riferimento agli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ.
Secondo il ricorrente, il giudicato (rilevabile d’ufficio anche in
Cassazione), cui farebbe riferimento la Corte di appello, ritenuto
decisivo nel presente giudizio, non solo non sarebbe esistente,
ma sarebbe, comunque, ininfluente.
Così che, la motivazione, fondata su detto giudicato inesistente
è, anche, per ciò, mancante e inesistente.
4.1.= Anche questo motivo rimane assorbito nel rigetto del
secondo motivo posto che, come già si è detto, il Tribunale
avrebbe potuto trarre ragione del proprio convincimento, anche
da un giudicato esterno, posto che in tema di valutazione delle
prove, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero
convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia
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esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto -,

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delle prove. E, comunque, si è già detto che il Tribunale più che
dar rilievo ad un giudicato esterno ha valutato il fatto che
Giommaria Poledda introducendo il giudizio unitamente ai propri
fratelli per difendere l’integrità del bene oggetto del presente

di Poledda Vittorio, aveva riconosciuto la comproprietà (con i
propri fratelli) del tratto di terreno del quale chiedeva
I ‘usucapione.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del
principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. condannato a
rimborsare parte controricorrente le spese del presente giudizio
di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio
dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del
2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma
1-bis dello stesso art. 13.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a
parte controricorrente le spese del presente giudizio di
cassazione, che liquida in C. 2.000,00 di cui C. 200,00 per
esborsi, oltre spese generali pari al 15°/0 del compenso ed
accessori come per legge; dà atto che, ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti
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giudizio rispetto ad una edificazione intrapresa dall’avente causa

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per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile

Seconda di questa Corte di Cassazione l’ 1 febbraio 2018.

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