Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37317 del 15/05/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 37317 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: COCOMELLO ASSUNTA

sentenza
sul ricorso presentato da:
Soffiatti kevin, nato a Foggia il 24/12/1998;
Pagliara Maikol, nato a Campi Salentina il 29/1/1990;
Cagnazzo Lorenzo, nato a Copertino il 8/3/1990;
avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di Lecce;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Assunta Cocomello;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. Roberto Aniello,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito l’Avv. Massari Ladislao, del foro di Brindisi, difensore di Soffiatti Kevin che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’avv. Valentini Gabriele, del foro di Roma, difensore di Pagliara Maikol e
Cagnazzo Lorenzo, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale del riesame, in data 29/12/2017 confermava l’ordinanza del Gip
del Tribunale di Lecce, del 6/12/2017, di applicazione della custodia cautelare in
carcere nei confronti di Soffiatti Kevin Pagliara Maikol e Cagnazzo Lorenzo , in
relazione ai delitti di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2,4, comma 2, lett. a), legge
n.895 del 1967 (Capo A) e artt.110, 613 bis, commi 1 e 4, cod. pen.(capo D),
della contestazione formulata nella richiesta del Pubblico Ministero, che,
originariamente, comprendeva anche i reati di lesioni personali aggravate e
sequestro di persona, considerati assorbiti nel delitto di tortura.
2. Il provvedimento, rispondendo ai rilievi difensivi, giudicava la motivazione
dell’ordinanza impugnata conforme ai criteri elaborati dalla giurisprudenza di
legittimità in materia di motivazione per relationem, non esclusa secondo il

Data Udienza: 15/05/2018

provvedimento dalla riforma, specie in relazione alla parte espositiva del fatto.
Riteneva altresì corretta la qualificazione giuridica di delitto di tortura, previsto
dall’art.613 -bis cod. pen. In relazione alla sussistenza di esigenze cautelari, in
particolare, il provvedimento evidenziava il pericolo di recidivanza sulla base
delle modalità efferate del fatto e, per il solo Pagliara, anche di precedenti,

predetto che comunque, non gli avrebbe impedito di partecipare appieno ai gravi
delitti, con ruolo determinante. L’ordinanza riteneva altresì sussistente il pericolo
di fuga, in quanto gli indagati si erano i resi irreperibili dopo il fatto ( a nulla
valendo che gli stessi si siano poi costituiti ) nonché il pericolo di inquinamento
probatorio per il solo Cagnazzo, il cui padre ebbe a minacciare la persona offesa,
al fine di fargli ritirare la denuncia contro il figlio. Quanto agli arresti domiciliari,
anche con il braccialetto elettronico, l’ordinanza ne sottolinea l’inadeguatezza,
perché, pur salvaguardando l’evasione, gli stessi non sarebbero adeguati ad
impedire la violazione delle altre prescrizioni accedenti alla misura.
2.Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per Cassazione tutti
gli indagati, per il tramite dei rispettivi difensori.
2.1 La difesa del Cagnazzo propone tre motivi di ricorso. Con il primo motivo
il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all’art.613-bis cod. pen.
evidenziando, da un lato, l’insussistenza di elementi idonei a configurare il
carattere della crudeltà della condotta, non adeguatamente deducibile dagli esiti
della documentazione sanitaria né dalle complessive circostanze del fatto e dalle
dichiarazioni della persona offesa.
Con un secondo motivo la difesa denuncia l’insussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza come richiesti dall’art.273, comma 1, cod. proc. pen., avendo il
Tribunale risolto gli aspetti di ambiguità ed incertezza del narrato della persona
offesa con argomentazioni ipotetiche e congetturali che non consentono di
escludere e resistere ad interpretazioni alternative e, pertanto a fornire un
quadro indiziario di sufficiente gravità. Ciò in particolare in relazione alla durata
del fatto, non superiore nella ricostruzione difensiva a 57 minuti, spazio
temporale, in tesi, insufficiente a collocarvi tutte le condotte narrate dalla
persona offesa, le cui dichiarazioni risultano perciò inattendibili.
Con un ultimo motivo di ricorso, la difesa del Cagnazzo si duole dell’illogicità
della motivazione del provvedimento in merito alla ritenuta sussistenza di
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respingendo ogni rilievo della difesa riguardo allo stato di salute(paraplegia) del

esigenze cautelari, sia relativamente alla ritenuta configurabilità del pericolo di
fuga (essendosi il Cagnazzo presentato spontaneamente ai carabinieri ), sia in
relazione alla inidoneità degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, sia,
infine, in ordine all’inquinamento probatorio che viene dedotto da una condotta
estranea all’indagato e riferibile al suo genitore.

secondo motivo di ricorso, in termini del tutto coincidenti con quelli proposti
nell’interesse del Cagnazzo, all’illustrazione dei quali si fa, pertanto, rinvio. Con il
terzo motivo di ricorso,invece, con il quale la difesa censura l’illogicità della
motivazione del provvedimento in merito alla ritenuta sussistenza di esigenze
cautelari(ricalcando i medesimi rilievi illustrati al terzo motivo del ricorso del
Cagnazzo), il ricorrente, in particolare, si duole, che il pericolo di recidivanza, in
relazione al Pagliara, è dedotto da un solo precedente a carico del predetto, tra
l’altro, non definitivo ,ma relativo giudizio pendente.
2.3 Il ricorrente Soffiatti Kevin, con il primo motivo di ricorso, denuncia
violazione di legge e vizi della motivazione dell’ordinanza, in relazione alla
riconducibilità all’indagato del reato di porto e detenzione di arma, la cui
condotta è materialmente riconducibile al solo Pagliara, denunciando che
l’ordinanza del Tribunale del riesame, illegittimamente, aveva integrato
l’ordinanza genetica che, sul punto, riportava una motivazione inesistente, e che,
comunque, il provvedimento impugnato aveva sostenuto, con motivazione
illogica, il concorso del Soffiatti nel reato, fondandolo sulla possibilità per lo
stesso di avvedersi che l’arma impugnata dal Pagliara fosse un’arma vera e non
, invece, un’arma giocattolo.
Con il secondo motivo la difesa del Soffiatti denuncia mancanza di motivazione e
profili di illegittimità costituzionale dell’art. 613

-bis cod.pen., in ordine alla

indeterminatezza del presupposto “della minorata difesa”.
Riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il ricorrente evidenzia
che l’ordinanza impugnata ~43•111,11 ■1•11U1~~ omette di valutare alcune
circostanze, come lo stato di inabilità del Pagliara, la differenza di età del
Soffiatti e delle vittima(molto più grande di lui), una sorta di provocazione allo
scontro, determinato da invito della stessa vittima,.
Per quanto concerne il dubbio di costituzionalità della fattispecie in esame
evidenzia come tale presupposto della minorata difesa renda non prevedibile, in
3

2.2 L’indagato Pagliara, per il tramite del suo difensore, formula il primo ed il

ragione della sua genericità, la norma in violazione dei principi di tassatività e
precisione di cui all’art.25, comma 2 cost.
Con il terzo motivo la difesa del Soffiatti denuncia vizio di motivazione in
relazione alla sussistenza dell’evento del reato di cui all’art.613-bis cod.pen.,in
particolare con riferimento all’acuta sofferenza fisica patita dalla vittima, che, in

tesi, con l’esaurirsi nel dato delle mere lesioni plurime.
Con il quarto motivo, il ricorrente, denuncia vizi della motivazione in relazione
alla contestazione dell’aver agito con crudeltà e si duole, altresì, dell’avere il
provvedimento ignorato i profili di illegittimità costituzionale della norma, rilevati
dalla difesa.
Con l’ ultimo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione del
provvedimento in merito al giudizio di inidoneità degli arresti domiciliari con
braccialetto elettronico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
2.

Tutti i ricorsi sono inammissibili, per le ragioni e nei termini che seguono.
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Rteldratimma:EW il Collegio intende effettuare alcuni preliminari rilievi

riguardanti l’impostazione generale della motivazione del provvedimento, che il
Collegio condivide, ritenendola corretta riguardo ai principi di diritto applicati, ed
immune da vizi rilevabili nella presente sede di legittimità. Va rilevato, in
particolare, che la sentenza, in risposta ai rilievi della difesa, giudica,
motivatamente, attendibile la persona offesa e il suo racconto, che trova
riscontro anche nelle dichiarazioni degli altri testimoni, ricostruendo il fatto nelle
sue linee essenziali (considerata la fase cautelare), nei seguenti termini: gli
imputati, in concorso tra loro, dopo che il Piccinno era salito a bordo
dell’autovettura, lo minacciavano con una pistola, materialmente detenuta e
impugnata dal Pagliara, e lo costringevano a rimanere nell’auto e a raggiungere
la località appartata dove, agendo in concorso, per un periodo temporale
prolungato(certamente superiore alla mezz’ora), lo costringevano, a subire
umiliazioni e violenze, tra le quali, oltre a ripetuti colpi con un bastone, gli
facevano stendere la mano su un cordolo e lo colpivano sulle dita della mano al
fine di spezzargliele, gli tiravano un bastone sui denti, rompendoglieli, gli
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realtà, nella stringata motivazione del provvedimento impugnato, finirebbe, in

immergevano, più volte, la testa nell’acqua, avvolta in una coperta, come per
affogarlo, lo umiliavano, costringendolo a restare nudo e a pulire il suo stesso
sangue. Alla luce della ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza- sulla base
del dettagliato narrato della persona offesa, della documentazione sanitaria e dei
riscontri emergenti dalle altre testimonianze e dagli altri atti di indagine-

che tra l’altro in fase cautelare è ancora provvisoria- che gli indagati hanno
minacciato con armi, nonché usato violenze ripetute nei confronti della persona
offesa, cagionandole acute sofferenze fisiche mentre la stessa era privata della
sua libertà personale, e che, quindi, i predetti hanno posto in essere una
condotT2egrEonfigurano tutti i presupposti e gli elementi costitutivi del reato di
cui all’art.613-bis cod.pen.
2.Alla luce dei suddetti rilievi è inammissibile il primo motivo di ricorso di
Cagnazzo Lorenzo e quello, perfettamente identico, di Pagliara Maikol, formulati
per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del
reato previsto dall’art.613

bis cod. pen. La difesa dei ricorrenti sostiene, infatti,

che alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, nei fatti,
così come ricostruiti dal provvedimento impugnato, non è configurabile né la
crudeltà, contestata nell’imputazione, né la condizione di minorata difesa della
persona offesa, con conseguente insussistenza di elementi idonei a qualificare il
fatto come delitto di tortura. Rileva il Collegio che le ragioni esposte dai ricorrenti
non si confrontano con quelle del provvedimento impugnato, che, pur
qualificando come crudele la condotta degli indagati- sostenuta con motivazione
adeguata, logica e non contraddittoria, sulla base della particolare efferatezza,
insensibilità e gratuità delle sofferenze inflitte, protrattasi per più di mezz’ora,
nonché da comportamenti umilianti la vittima, come avergli urinato addosso,
farla restare nuda e costringerla a pulire il suo sangue- sottolinea, altresì, che
gli indagati hanno posto in essere violenze e minacce gravi nei confronti della
vittima, ossia condotte che, unitamente agli altri elementi materiali del reato,
sono, comunque idonee, a configurare, in alternativa all’aver agito con crudeltà,
l’ipotesi delittuosa contestata. Alla luce di tale rilievo la doglianza formulata dal
ricorrente è, pertanto, irrilevante, essendo inidonea ad incrinare il giudizio di
sussistenza del reato contestato, in quanto, a prescindere dalla enunciata
crudeltà della condotta, è innegabile la sussistenza di uzzl azioni connotate da
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emerge, a prescindere dai termini formali di enunciazione della contestazione –

atti di violenza e minacce gravi, così come richiesto, testualmente, dall’art.613bis cod. pen. Analogamente i suddetti motivi di ricorso non si confrontano con la
ratio decidendi

dell’ordinanza, riguardo alla denunciata insussistenza della

condizione di minorata difesa della vittima, posto che, anche in tal caso, il
Tribunale fonda il suo giudizio di sussistenza del reato di tortura, sullo stato di

bis cod. pen., è contemplata come situazione alternativa allo stato di minorata
difesa e che deve ritenersi certamente sussistente nel caso di specie, considerato
che il provvedimento medesimo ha ritenuto assorbito il reato di sequestro di
persona (presente nella originaria imputazione) in quello di tortura. Alla luce di
tali rilievi le censure del ricorrente sono, pertanto, irrilevanti ai fini della
sussistenza del reato, e, in quanto tali, inammissibili.
3. E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso presentato
nell’interesse del Cagnazzo, nonchè il secondo motivo, identico, formulato
nell’interesse del Pagliara, con i quali la difesa comune dei due indagati,
denuncia insussistenza di elementi idonei ad integrare la soglia dei gravi indizi di
colpevolezza di cui all’art.273 cod. proc. pen.
I suddetti motivi sono inammissibili, esaurendosi in mere contro affermazioni al
ragionamento probatorio seguito dal Tribunale, il quale, con rigore logico ed
immune da contraddizioni, analizza tutti gli elementi di prova a carico degli
indagati (dichiarazioni della persona offesa, giudizio di attendibilità della stessa,
sommarie informazioni di persone informate sui fatti, documentazione sanitaria),
giungendo alla formulazione di un giudizio di responsabilità, immune da vizi
censurabili in sede di legittimità, a fronte del quale le generiche doglianze dei
ricorrenti si esauriscono in mere controdeduzioni, in fatto, al ragionamento
probatorio seguito dal Tribunale,
4. E’ inammissibile il terzo motivo di ricorso dell’indagato Cagnazzo, con il
quale la difesa censura la valutazione della sussistenza del pericolo di fuga,
mettendo in evidenza che il Cagnazzo si presentò spontaneamente dai
carabinieri, ignorando che il provvedimento fonda il pericolo di fuga sulla
circostanza che gli indagati si sono resi irreperibili alle pronte ricerche dei
carabinieri, iniziate il 29/11/2017, e sottolinea come la presentazione degli stessi
alle forza dell’ordine è successiva all’emissione del decreto di fermo del Pubblico
Ministero, in data 2/12/2017. Analogamente è infondata la doglianza di
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privazione della libertà personale della vittima che, nella previsione dell’art.613-

omissione di motivazione sull’inidoneità della misura meno afflittiva, degli arresti
domiciliari con braccialetto elettronico, in quanto, contrariamente a quanto
affermato dal ricorrente, la motivazione complessiva sulle esigenze cautelari
sottolinea la particolare efferatezza della condotta, a fronte della quale il
dispositivo di controllo, sebbene idoneo a segnalare l’evasione, non appare

quindi, a soddisfare le esigenze di tutela dei terzi.
E’ altresì inammissibile il terzo motivo di ricorso presentato dall’indagato
Pagliara, poiché lo stesso non si confronta con la

ratio decidendi

del

provvedimento, in quanto l’ordinanza impugnata non fonda affatto, come
sostenuto dal ricorrente, l’affermazione del pericolo di recidiva del predetto
indagato su l’unico precedente penale , non definitivo, dello stesso, emergendo
dalla complessiva lettura della motivazione che il pericolo di reiterazione è
desunto dalle allarmanti modalità del fatto, consumato con efferatezza, in totale
spregio delle condizioni umane, nonché con fredda determinazione e
programmazione dell’azione delittuosa. Ed è a tali, preliminari, considerazioni
che l’ordinanza aggiunge anche una valutazione della personalità del Pagliara,
“negativamente lumeggiata da un precedente penale risultante dal casellario
giudiziale e di altro risultante, invece dai carichi pendenti”, sottolineando, infine
che lo stato di paraplegico non ha impedito al predetto di partecipare, con ruolo
rilevante, all’efferata condotta contestatagli.
5.E’ manifestamente infondato anche il primo motivo di ricorso dell’indagato
Soffiatti Kevin, relativo alla contestazione di detenzione e porto di arma
finalizzata all’esecuzione del reato di tortura. In relazione al potere di
integrazione del Tribunale del riesame la giurisprudenza di legittimità ha più
volte chiarito che sussiste il potere- dovere del Tribunale del riesame di
integrazione delle insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato,
salvo che ricorra il caso di motivazione mancante sotto il profilo grafico o
inesistente per inadeguatezza argomentativa. La giurisprudenza ha chiarito che
sussiste il potere-dovere del Tribunale del riesame di integrare le insufficienze
motivazionali del provvedimento impositivo della misura qualora questo sia
assistito da una motivazione che enunci le ragioni della cautela, anche in forma
stringata ed espressa “per relationem” in adesione alla richiesta cautelare, a
meno che non si sia in presenza di una motivazione del tutto priva di vaglio
7

adeguato a garantire il rispetto delle prescrizioni che accedono alla misura e,

critico dell’organo giudicante mancando, in tal caso, un sostrato su cui sviluppare
il contraddittorio tra le parti. Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, Rv. 272596;
Sez. 1, n. 5787 del 21/10/2015, Rv. 265984). L’ordinanza impugnata in merito
chiarisce che la circostanza che la condotta di detenzione e porto fosse condivisa
da tutti gli indagati che, insieme, occupavano l’autovettura in cui era sotto

di ulteriori argomenti, dalla illustrazione della condotta MiaratB. nella
imputazione provvisoria e meglio specificata nelle dichiarazioni della persona
offesa, circostanze certamente poste al vaglio del contraddittorio delle parti che
non potevano non esserne a conoscenza in quanto contenute nel principale atto
di accusa a carico degli indagati. L’ordinanza impugnata, inoltre, nel legittimo
esercizio del suo potere-dovere integrativo della motivazione, con motivazione
adeguata, logica e non contraddittoria, sostiene la consapevolezza da parete del
Soffiatti della natura dell’arma fondandola sulla, logica e ragionevole,
considerazione che, nello spazio ristretto di un abitacolo, lo stesso non poteva
non avvedersi della circostanza che l’arma in questione fosse vera, evidenziando
altresì, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, che, è innegabile che gli
indagati,con la loro condotta, si siano serviti dell’arma, materialmente impugnata
dal Pagliara, per minacciare il Piccinno e privarlo della sua libertà personale. A
fronte di tale motivazione in cui il giudice da atto delle ragioni del proprio
convincimento, il ricorrente contrappone il suo personale opinare, senza peraltro
individuare vizi censurabili dinanzi al Giudice di legittimità.
Anche il secondo motivo di ricorso del Soffiatti è inammissibile, in quanto non si
confronta con le ragioni del provvedimento impugnato e, a fronte di una
complessiva, adeguata e logica motivazione, si limita a controdeduzioni al
ragionamento del giudice di merito, senza tuttavia individuare profili censurabili
nella presente sede di legittimità. In particolare il ricorso ignora che l’ordinanza
individua il presupposto richiesto dall’art.613 -bis cod. pen., nell’innegabile stato
di privazione della libertà personale della persona offesa, in relazione alla quale
ampiamente motiva, tanto da ritenere assorbito nel delitto di tortura, l’ipotesi,
originariamente contestata in modo autonomo, del sequestro di persona. Tali
circostanze rendono irrilevanti le censure della difesa sulla sussistenza della
condizione di minorata difesa che, come chiaramente emerge dalla lettura della

8

minaccia dell’arma la persona offesa, emerge, secondo logica e ,s,jelnezg/19ilsggno

norma incriminatrice del reato di tortura, è condizione alternativa allo stato di
privazione della libertà personale.
In ordine alle altre doglianza sulla valutazione di sussistenza del reato, il ricorso,
sempre omettendo di confrontarsi con le ragioni del provvedimento, ignora che,
contrariamente a quanto affermato, dalla globalità della motivazione, l’ordinanza

cautelari, che le condizioni di paraplegia del Soffiatti non hanno influito
minimamente sul suo ruolo, attivo e rilevante, di esecutore del grave fatto
delittuoso e che le altre circostanze sul comportamento della persona offesa (per
prima quella che la stessa di essere spontaneamente salita sull’auto)

sono state

attentamente vagliate dall’ordinanza impugnata, che, a fronte dei rilievi generici e
meramente confutativi del ricorso, conclude, con motivazione immune da vizi censurabili
nella presente sede di legittimità,

per la piena attendibilità del Piccinno e per una

compatibilità del suo narrato con la contestazione dell’efferato delitto in suo
danno.
Alla luce dei suddetti rilievi, osserva il Collegio, è irrilevante, ai fini della
decisione sul ricorso, sia la questione di legittimità Costituzionale dell’art.613-bis
cod. pen., illustrata dal ricorrente riguardo al presupposto della “minorata
difesa”, in quanto il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente, nel caso di
specie, l’alternativa condizione della privazione della libertà personale,
giudicando, infatti, assorbita nella contestazione del reato di tortura, l’originaria
imputazione del reato di sequestro di persona, sia quella riguardo alla “crudeltà”,
in quanto il provvedimento individua nelle minacce gravi(anche con l’utilizzo di
un’ arma) e nelle ripetute violenze, le condotte necessarie alla configurabilità del
resto, previste dalla norma in alternativa all’ “aver agito con crudeltà” nei
confronti della vittima.
E’ inammissibile anche il terzo motivo di ricorso della difesa di Soffiatti Kevin,
relativo alla insussistenza di adeguata motivazione sulle “acute sofferenze
fisiche”, richieste per la configurabilità del reato di tortura. Il provvedimento,
contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, fornisce, nella sua globale
motivazione- nella quale deve ritenersi ricompresa anche la dettagliata e
minuziosa descrizione del fatto, così come emerge dalle dichiarazioni della
persona offesa e dagli altri atti di indagine- una motivazione adeguata, logica e
9

chiarisce, espressamente, anche in relazione alla sussistenza di esigenze

art.
Trasmessa copia ex
8-8-95 n. 332
n, 1 ter L.

GO, 201g

MIO% lì

non contraddittoria, delle acute sofferenze fisiche e psichiche provocate alla
persona offesa, (basti, ragionevolmente, riferirsi, alle circostanze, illustrate nel
provvedimento, quali i colpi sulla mano al fine di rompergli le dita , la bastonata
Li
sui denti, tizz immersione in acqua della testa avvolta in una coperta per

F

impedirgli di respirare, nonché della durata del protrarsi della condotta), a fronte

si esauriscono in mere contro affermazioni, di quanto sostenuto dal giudice di
merito.
Per le medesime ragioni deve essere, infine, dichiarato inammissibile il quarto
motivo di ricorso del Soffiatti, formulato in relazione alla configurabilità del
carattere crudele della condotta, in quanto il provvedimento, correttamente e
motivatamente, ritiene sussistenti la minaccia(anche armata) e le violenze
ripetute nei confronti della vittima, condotte previste alternativamente all’aver
agito con crudeltà.
Deve essere rigettata anche la censura relativa alla inidoneità del braccialetto
elettronico a tutelare le esigenze cautelari individuate dal provvedimento,
avendo il Tribunale del riesame motivato correttamente in merito, evidenziando
in particolare l’efferatezza e la determinazione della condotta dell’indagato, a
fronte della quale il dispositivo di controllo, sebbene idoneo a segnalare
l’evasione, non appare adeguato a tutelare il rispetto delle prescrizioni che
accedono alla misura, a tutela di terzi.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro duemila in favore della cassa
delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94,
comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 15/5/2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

meno

Adriano Iasillo

ao 40
u/L0,

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione Penale

Depositata in Cancelleria oggi
Roma, lì

1 AGO, 2011,

della quale i rilievi del ricorrente, ivi compresi quelli sulla durata della condotta,

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