Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20394 del 01/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20394 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 27509-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B,

presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2018
contro

1428

POSTERLI PAOLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO VACIRCA,

che la rappresenta e difende

Data pubblicazione: 01/08/2018

unitamente all’avvocato CLAUDIO LALLI, giusta delega
in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1339/2012 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 27/11/2012 r.g.n.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2018 dal Consigliere Dott.
MARGHERITA MARIA LEONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega Avvocato
ROBERTO PESSI;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO.

885/2011;

RG. n. 27509/2013

FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Firenze con la sentenza n. 1339/2012 aveva
confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Lucca aveva riconosciuto
la nullità del rapporto di apprendistato intercorso tra Poste Italiane spa e
Posterli Paola, ritenendo invece sussistente un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, ed aveva disposto la reintegrazione

risarcimento del danno pari alle retribuzioni percepite dal licenziamento del
16.9.2005 sino alla ripresa del lavoro.
La Corte aveva ritenuto corretta la valutazione fatta dal Tribunale sul
materiale probatorio acquisito, sia testimoniale che documentale, e quindi
provata l’assenza delle condizioni tipiche dell’apprendistato, quali la
formazione e l’affidamento ad un tutor, aveva poi valutato qualificabile
quale licenziamento l’allontanamento della lavoratrice dal posto di lavoro.
A riguardo aveva quindi ritenuto corretta la tutela di cui all’art. 18 della I.n.
300/70, riconosciuta dal Tribunale.
Avverso tale decisione la società Poste ha proposto ricorso affidandolo a tre
motivi, cui ha resistito con controricorso Posterli Paola.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione o falsa
applicazione degli artt. 115,116 421 e 437 c.p.c, ( ex art. 360 co.1 n. 3),
avendo, la Corte, erroneamente interpretato le risultanze istruttorie
ritenendo che la società non avesse adempiuto l’onere di formazione della
lavoratrice, e non avesse esercitato i doveri/poteri di cui all’art. 437 e 421
c.p.c. per accertare la verità dei fatti.
Quanto al primo profilo della censura questa Corte ha in molte occasioni
affermato che “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei
testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova
testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni
invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono
apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a
fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di

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della Posterli nel suo posto di lavoro, anche condannando la società al

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altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a
confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente
disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (
ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016).
principi esposti deve quindi ritenersi inammissibile la

censura in quanto diretta a richiedere una nuova valutazione del materiale
probatorio non consentita in questa sede.
Infondata risulta poi la censura inerente la violazione degli artt. 421 e 437
cpc. in quanto, se pur nel rito del lavoro, stante l’esigenza di contemperare
il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, il
giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 cod. proc. civ., ove reputi
insufficienti le prove già acquisite, possa in via eccezionale ammettere,
anche d’ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di
fatti costitutivi dei diritti in contestazione, (Cass. n. 6753/2012), cio’ puo’
fare “sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e
sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti,
meritevoli di approfondimento” ( Cass. n. 6753/2012).
Deve quindi ritenersi che i poteri del giudice siano spendibili solo nelle
situazioni in cui sia necessario integrare o approfondire i temi di indagine
secondo una valutazione che lo stesso giudice effettuerà sulla base del
materiale probatorio già acquisito. Il giudizio espresso dalla Corte
territoriale, basato sull’esame del materiale raccolto, rende evidente la
ritenuta sufficienza del materiale probatorio, non sindacabile in questa sede
di legittimità.
2) con il secondo motivo e’ denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c. e 414 cpc, per aver , la Corte territoriale, accolto le
richieste economiche della lavoratrice. Il motivo risulta inconferente in
quanto esamina e censura la statuizione della sentenza del Tribunale e non
quella della Corte di appello. In realtà quest’ultima si e’ limitata a
confermare semplicemente, condividendolo, quanto in merito statuito da

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In conformità ai

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Tribunale. Pertanto le doglianze della società risultano del tutto fuori
bersaglio ed inammissibili.
3)- con il terzo motivo e’ denunciata la mancata applicazione dell’art. 32, 5°
comma della legge n. 183/2010, quale ius superveniens rispetto alla
fattispecie in esame.
Preliminarmente deve rilevarsi la assoluta mancanza di indicazioni circa il

renderebbe inammissibile la censura, stante il principio di tassatività dei
motivi di ricorso in cassazione.
Deve peraltro osservarsi che “In tema di contratto di formazione e lavoro,
l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la
trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza,
concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica,
ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi
indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la
necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi
generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di
trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di
formazione di non scarsa importanza” (Cass. n. 1324/2015)
Tale principio risulta peraltro coerente con quanto affermato da questa
Corte (Cass. n. 17373/2017) con riguardo alla particolare natura del
contratto in questione riferito ad un “rapporto di lavoro a tempo
indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una
causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si
aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e
formazione professionale),mentre la seconda fase – soltanto eventuale,
perché condizionata al mancato recesso ex art. 2128 cod.civ. — rientra
nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato”.
Soggiunge la richiamata decisione che “tale qualificazione non è
contraddetta dall’articolo 7 della leggen.25/1955 a tenore del quale
l’apprendistato non può avere una durata superiore a quella stabilita dai
contratti collettivi di lavoro e, comunque, a cinque anni— giacchè il termine

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vizio in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale. Già solo tale ragione

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finale della formazione professionale non identifica un termine di scadenza
del contratto ma un termine di fase all’esito del quale, in assenza di
disdetta, il rapporto (unico) continua con la causa tipica del lavoro
subordinato. Il principio di diritto qui ribadito ha quale immediato effetto la
inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento
intervenuto in evidenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al

Tale conclusione è del resto imposta dalle sentenze additive di accoglimento
della Corte Costituzionale del 28.11.1973 nr. 169 e del 4 febbraio 1970 nr.
14; per effetto delle citate pronunzie l’intero corpus di norme di cui alla
legge 604/1966 è stato esteso al contratto di apprendistato, proprio sul
presupposto della sua assimilabilità all’ordinario rapporto di lavoro”.
La costruzione cosi’ articolata dell’istituto rende evidente la distinzione con
l’ipotesi del contratto a termine sia con riguardo alla configurazione della
causa mista e del caratterizzate profilo formativo, che con riferimento alla
valenza del termine che, nel caso dell’apprendistato, se scaduto in assenza
di disdetta, determina la prosecuzione di un ordinario rapporto di lavoro, nel
corso del quale l’illegittimo recesso trova le tutele tipiche del rapporto di
lavoro subordinato a tempo indeterminato e non quelle di cui all’art. 32 I.n.
183/2010 destinata all’illegittimo termine apposto al contratto.
Il motivo deve essere comunque rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese
oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Cosi’ deciso in Rioma in data 4 aprile 2018.

licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine.

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