Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19636 del 24/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19636 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 23581-2015 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso
l’avvocato

DORA

DE

ROSE,

dell’AREA

LEGALE

TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE, rappresentata
e difesa dall’avvocato MARIA LINA GALANTE, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2018
contro

1245

NERONI LUISA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 18/2015 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 24/07/2018

di ANCONA, depositata il 15/04/2015 R.G.N. 499/2014.

RG. n. 23581/2015

RILEVATO

Che la Corte di appello di Ancona con la sentenza n. 18/2015, riformando la
sentenza del Tribunale di Macerata, aveva dichiarato la nullità del termine
apposto al contratto di lavoro stipulato in data 3 novembre 2008 tra Neroni
Luisa e Poste Italiane spa, condannando la società alla riammissione in

altra filiale immediatamente piu’ vicina con mansioni proprie di addetta
portalettere junior, al pagamento dell’indennità onnicomprensiva di cui
all’art. 32, comma 5,Iegge n. 183/2010, nella misura di otto mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre alle spese di lite;
che la Corte aveva ritenuto infondata l’eccezione di decadenza di cui all’art.
32, comma 1 I.n. 183/2010 in quanto il contratto in questione, cessato in
data 31 gennaio 2009, era assoggettato alla disciplina di cui alla legge n.
183/2010, per la quale il termine di efficacia della entrata in vigore era
quello del 31 dicembre 2011, sicche’ il deposito in data 19 dicembre 2011
del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado risultava tempestivo;
che la Corte aveva altresi’ ritenuto carente la prova, posta a carico della
società Poste,dell’osservanza della clausola di contingentamento, rispetto
alla quale era da considerarsi criterio utile per la determinazione
dell’organico aziendale, quello numerico dei singoli contratti, e non quello
del c.d. “full time equivalent”;
che la società datrice di lavoro non aveva neppure prodotto le
comunicazioni alle organizzazioni sindacali relative alle assunzioni a
termine, cosi’ da consentire il raffronto tra organico complessivo ed
assunzioni a termine;
che la stessa Corte aveva infine escluso, nella determinazione della
indennità di cui all’art. 32, comma 5 della legge n. 183/2010, la riduzione
della metà della stessa, prevista dal comma 6 della stessa norma, essendo
rimasta indimostrata la eventuale presenza di accordi collettivi relativi ad un
piano di assunzione di soggetti già assunti a tempo determinato ed inseriti
in specifiche graduatorie;

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servizio della lavoratrice nell’ufficio postale di Recanati o, in mancanza in

RG. n. 23581/2015

che la predetta decisione era impugnata da Poste Italiane spa con ricorso
affidato a quattro motivi;
che Neroni Luisa rimaneva intimata.

CONSIDERATO

applicazione dell’art. 32 I.n. 183/2010 in correlazione alla I.n. 10/2011 ed
all’art. 11 disp. prel. al c.c. ( art. 360 co 1 n. 3), con riguardo alla
preliminare eccezione di decadenza e conseguente improcedibilità del
ricorso. Deduce parte ricorrente che a seguito della entrata in vigore
dell’art. 32 del Collegato lavoro, anche per i contratti a termine e’ stato
stabilito che l’impugnazione e’ inefficace se non e’ seguita ,entro il termine
di 270 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del Giudice ; nel
caso in esame, alla impugnazione stragiudiziale in data 11.3.2011 era
seguito il deposito del ricorso in data 19.12. 2011 e, dunque, oltre il termine
fissato dalla norma.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “l’art. 32, comma 1 bis,
della I. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod.
dalla I. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il
differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni
relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento,
si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti
gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della I. n. 604 del 1966, sicché,
con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine
scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il
24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il
23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in
vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il
differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo
alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le
conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto
termine di decadenza. (Cass. SU n. 4913/2016)

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1)- che con il primo motivo la società Poste denuncia la violazione e falsa

RG. n. 23581/2015

In ragione del principio enunciato deve quindi ritenersi l’infondatezza del
motivo, risultando tempestivo il deposito del ricorso ;

2)-che con il secondo motivo e’ denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 comma 1 bis del d.lgs n. 368/2001 in relazione all’art. 6 co. 1 del
D.Igs n. 61/2000, nonche’ omesso esame di un fatto controverso e decisivo

determinazione dell’organico aziendale e quello del personale assunto a
tempo determinato nel 2008.
Deduce la società che la Corte territoriale aveva errato nel valutare il
rapporto tra organico aziendale e numero delle possibili assunzioni a tempo
determinato, essendo invece chiaro che, al momento in cui era stata
assunta la Neroni il limite del 15% non era stato superato. In particolare
rileva la disomogeneità tra organico complessivo calcolato con il criterio full
time equivalent e numero dei contratti a termine stipulati. Si tratta , a
parere della ricorrente, di dati raccolti con criteri tra loro differenti e quindi
non comparabili.
Deve chiarirsi a riguardo che, se pur errato il presupposto da cui la società
ricorrente fa generare la censura, e cioè la correttezza del criterio full time
equivalent, in concreto la doglianza risulta fondata per la parte in cui
effettivamente il giudice di appello ha commisurato e posto a raffronto i dati
dell’organico complessivo determinati con il suddetto criterio, con il numero
( calcolato pro capite e per singolo contratto) delle assunzioni a termine.
Questa Corte ha già osservato a riguardo che “In tema di contratto di lavoro
a tempo determinato, l’art. 2, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, nel
prevedere che il numero dei lavoratori assunti a termine dalle imprese
concessionarie di servizi nei settori delle poste non può superare il limite
percentuale del quindici per cento dell’organico aziendale, si riferisce al
numero complessivo dei lavoratori assunti, in base ad un criterio
quantitativo “per teste”, dovendosi escludere il computo dei contratti a
tempo determinato “part-time” fino alla concorrenza dell’orario pieno, ossia
secondo il criterio cd. “full time equivalent”, previsto dall’art. 6, comma 1,
del d.lgs. n. 61 del 2000 al fine di facilitare il calcolo dell’organico in sede di

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per la controversia , con riferimento al criterio di calcolo assunto per la

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recepimento della direttiva 1997/81/CE e in vista della prevedibile
estensione del lavoro a tempo parziale, ma non anche ai fini della disciplina
dei limiti di utilizzo del contratto a tempo determinato, che ha una specifica
“ratio”, riconducibile alla finalità antiabusiva della direttiva 1999/70/CE” (
Cass. n. 753/2018).
Come chiarito dal principio enunciato il numero delle assunzioni a termine

complessivo, calcolato “per teste”, dell’intero organico aziendale.
Il motivo di censura risulta quindi fondato poiche’ la Corte territoriale ha
erroneamente posto a confronto dati non omogenei. Sul punto la sentenza
deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale per la valutazione, sulla
scorta dei principi enunciati, dell’effettivo rapporto tra organico complessivo
( calcolato per teste) e numero delle assunzioni a termine effettuato nel
periodo in oggetto;

3)- che con il terzo motivo e’ dedotta la violazione e falsa applicazione degli
artt. 115,116, 345,353, 414 n.5,416 e 420 c.p.c.e art. 2697 c.c. ( ex art.
360 co. 1 n. 3), nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso decisivo
per il giudizio quale esame della allegata ctu;
4)- che con ultimo motivo e’ denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 32 I.n. 183/2010, 5°e 6° co., anche in relazione all’art. 8 della I.n.
601/66 ( art. 360, 1° cc). n.3), nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo
in discussione tra le parti. La società lamenta la decisione della Corte
territoriale in ordine alla determinazione dell’indennizzo liquidato in 8
mensilità, con violazione della prescrizione del comma 6° del medesimo art.
132, impositivo della riduzione a metà della detta indennità, in presenza di
accordi collettivi nazionali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali
comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale che prevedano
l’assunzione di anche a tempo indeterminato di lavoratori già occupati con
contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie. La società ha
assunto di trovarsi nelle condizioni richieste dalla norma;

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effettuate nell’anno di riferimento deve essere confrontato con il numero

RG. n. 23581/2015

5)- che entrambi i motivi risultano assorbiti dall’accoglimento del secondo
motivo e dal prioritario esame ivi richiesto;
P.Q. M .
La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo motivo e dichiara
assorbiti gli altri e rimanda alla Corte di appello di Ancona,

in diversa

composizione, con riguardo al motivo accolto, anche per le spese del

Cosi’ deciso in camera di consiglio in data 22 marzo 2018.

giudizio di legittimità.

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