Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19579 del 24/07/2018
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19579 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: NONNO GIACOMO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26178/2011 R.G. proposto da
AB
– ricorrenti contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale
è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 36/20/11, depositata il 28 marzo 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2018
dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.
RILEVATO CHE
Con %. est.
G.NM Nonno
Data pubblicazione: 24/07/2018
con sentenza n. 36/20/11 del 28/03/2011 la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dai sig.ri Alberto e Alessandro Mario
AB avverso la sentenza n. 46/04/10 della CTP di Como, che
aveva rigettato il ricorso dei contribuenti avverso gli avvisi di diniego
di condono ex art. 12 della I. 27 dicembre 2002, n. 289, concernenti
1.1. il giudice di appello premetteva che: a) i sig.ri AB avevano corrisposto unicamente la prima rata, pari all’ottanta per cento
del venticinque per cento della somma dovuta a titolo di imposta per
gli anni 1993 e 1994 ma non avevano versato nei termini previsti dalla
legge la seconda rata, corrispondente al restante venti per cento; b) la
CTP «respingeva il ricorso ritenendo che l’omesso versamento della seconda rata producesse la decadenza del contribuente dal beneficio richiesto»; b) la sentenza della CTP era impugnata dagli odierni ricorrenti;
1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che: a) l’art. 12 della I. n. 289 del 2002 «non prevede alcuna
attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale
dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere
di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto di
controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una
forma di condono clemenziale e non premiale»; b) tale impostazione
implica che «non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’omesso
o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successiva alla prima
regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite
pendente»;
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Cons est.
G.M Nonno
l’IRPEF degli anni d’imposta 1993 e 1994;
i sig.ri AB impugnavano la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso. con il primo motivo di ricorso i sig.ri AB denunciano la
nullità della sentenza e/o del procedimento, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando che la sentenza della
CTP di Como non aveva trattato la controversia in pubblica udienza
nonostante la espressa richiesta della parte in questo senso, con conseguente violazione del diritto di difesa; il motivo è inammissibile e, comunque, infondato;
2.1. il motivo è inammissibile perché, per stessa ammissione di
parte ricorrente, che afferma di avere rilevato la questione nella narrazione in fatto dell’atto di appello, non è stata formulato uno specifico
motivo di appello, con conseguente formazione del giudicato interno;
2.2. il motivo è, comunque, infondato perché «la trattazione del
ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un’istanza in tal senso di una delle parti ai sensi dell’art. 33
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, costituisce una nullità processuale
che, pur travolgendo la sentenza successiva per violazione del diritto
di difesa, non determina, una volta dedotta e rilevata in appello, la
retrocessione del processo al primo grado, non rientrando tale ipotesi
tra quelle tassativamente previste dall’art. 59 del d.lgs. n. 546 cit., e
costituendo l’appello, anche nel processo tributario, un gravame generale a carattere sostitutivo che impone al giudice dell’impugnazione di
pronunciarsi e decidere sul merito della controversia» (Cass. n. 3559
del 16/02/2010);
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Cons est.
G.M Nonno
CONSIDERATO CHE
2.3. ciò per tacere del fatto che i ricorrenti non hanno in alcun modo
dedotto quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o di approfondire, colmando lacune e integrando
gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi, tenuto conto del fatto che l’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.,
la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo (cfr. Cass. n. 2948 del
10/02/2006; Cass. n. 7108 del 17/03/2008);
con il secondo motivo di ricorso i sig.ri AB deducono la
violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 9, 12, 15 e 16 della I. n.
289 del 2002, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., evidenziando l’errore in cui sarebbe incorsa la CTR nel considerare
giuridicamente il condono di cui all’art. 12 della menzionata legge come
condono clemenziale, con ciò differenziandolo dal condono premiale di
cui alle altre fattispecie normative; con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della I. n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi che il semplice versamento della prima rata consente il perfezionamento e l’efficacia della
definizione agevolata; i due motivi Possono essere congiuntamente esaminati e sono
infondati;
5.1. costituisce ormai principio pacifico della S.C., dal quale non v’è
motivo di discostarsi, quello per il quale: «in tema di condono fiscale,
l’art. 12 della legge n. 289 del 2002, applicabile esclusivamente con
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Cons./est.
nno
G.M.
nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino
riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli
emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale
della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del
25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente soste-
del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando
integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra
quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che
tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono clemenziale e
non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate
dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello
ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12,
non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del
“quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente
la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’ omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente» (così Cass. n. 20746 del 06/10/2010; conf. Cass. n. 24316 del
01/12/2010; Cass. n. 104 del 07/01/2014; Cass. n. 11669 del
07/06/2016; Cass. n. 21416 del 24/10/2016, quest’ultima con riferimento all’IRAP);
5.2. nel caso di specie, la CTR si è pienamente attenuta ai superiori
principi di diritto, con la conseguenza che la sentenza impugnata va
confermata;
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est.
onno
nute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità
in conclusione, il ricorso va rigettato ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del
presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore
della lite dichiarato di euro 2.478,23.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente grado di giudizio,
che liquida in euro 1.400,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2018.
P.Q.M.